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IA Videogiochi

Quanto è diffusa (e quanto fa paura) l’IA nel mondo dei videogiochi?

Secondo un sondaggio interno, circa la metà degli studi che sviluppa videogiochi utilizza l'IA. La quasi totalità dei lavoratori comincia a essere seriamente preoccupata per il proprio futuro lavorativo

Il 2023 è stato l’anno dei licenziamenti nel settore dei videogames e, come abbiamo visto, il 2024 soltanto a gennaio ha totalizzato numeri impressionanti, superando ben oltre la metà delle epurazioni dell’anno precedente in neppure trenta giorni. Contestualmente, il 2023 è stato pure l’anno del boom delle intelligenze artificiali e non sono pochi gli osservatori che hanno iniziato a malignare che tra le due cose ci sia un nesso causale. Anche per questo, se inizialmente le software house reclamizzavano l’uso di algoritmi innovativi per far vedere che fossero sul pezzo, via via hanno smesso di farlo, ma questo non significa che abbiano smesso di utilizzarli.

L’USO DELL’IA NEI VIDEOGIOCHI

Ma in che modo può essere sfruttata l’IA nei videogiochi? In linea teorica, in ogni campo o quasi. E ci sono software house che vi convivono da anni. Per fare un esempio, in Dying Light 2, uscito nel 2022, gli sviluppatori polacchi di Techland (recentemente acquisita dalla cinese Tencent) si sono avvalsi di algoritmi per strutturare le mappe e creare una moltitudine di percorsi senza crearli a mano, uno per uno.

I PRECEDENTI EUROPEI…

Il gioco è ambientato in un mondo invaso dagli zombie e spinge i giocatori a fare parkour lungo i tetti dei grattacieli, arrampicandosi a grondaie, appendendosi a cornicioni e sfruttando balconi e finestre come punti di ingresso.

Un simile concept richiederebbe che gli sviluppatori disegnino manualmente più e più percorsi, per far credere all’utente di essere realmente libero di scegliere come muoversi senza avvertire che la strada è in realtà stata imposta da qualcuno. Oppure si possono usare algoritmi che, sulla base dello scenario, aggiungano i dettagli sufficienti ad aprire nuove vie.

La francese Ubisoft lo scorso anno ha alzato il velo su La Forge, algoritmo capace di scrivere sceneggiature di videogame, ormai in una fase avanzata di sviluppo, tanto che la software house ha voluto mostrarne le potenzialità in un video. La multinazionale parigina ha subito precisato che non sostituirà gli sceneggiatori umani, andando a rifinire dettagli collaterali come i dialoghi con gli NPC (i personaggi non giocanti), ma tant’è, anche quelli erano precedentemente scritti dagli umani.

E poi naturalmente l’IA nei videogiochi può essere utilmente impiegata in campo artistico, per sviluppare i modelli dei personaggi – magari quelli secondari – così da non dover impiegare artisti che li realizzino uno per uno, come pure nella composizione dei brani di sottofondo e nella creazione di poster, copertine e artwork ufficiali.

… E L’ACCELERAZIONE CINESE

Secondo il report di Rest of World, per esempio, in Cina la ricerca di illustratori professionisti per videogiochi è diminuita del 70% a causa delle intelligenze artificiali. Dal momento che nel Paese asiatico i diritti dei lavoratori non godono di tutele particolari, le compagnie di sviluppo negli ultimi mesi hanno iniziato ad adottare in massa le IA, infaticabili, senza stipendio, dalla creatività inesauribile e, soprattutto, rapidissime.

La disegnatrice Amber Yu, che guadagnava tra i 430 e i 1000 dollari per ogni poster realizzato, ha dichiarato di aver viste crollare le sue opportunità lavorative con l’entrata in scena delle intelligenze artificiali. Un altro illustratore ha dichiarato a Rest of the World senza mezzi termini che: “il modo con cui ci guadagnavamo da vivere è stato distrutto.”

Il colosso Tencent approfitta da tempo del vuoto normativo in Cina per implementare in tutti i campi l’uso delle IA generative. E dato che oggi l’etichetta è il publisher più grande del mondo, è ben evidente la sua capacità di influenzare il mercato. Miyoho, marchio di Shanghai divenuto improvvisamente famoso in tutto il mondo per l’action RPG gratuito Genshin Impact (pubblicizzato persino sui tram di Milano, per comprendere la penetrazione di queste software house nel mercato occidentale), per un altro suo titolo, Tears of Themis, ha deciso di usare l’IA per continuare il doppiaggio di un personaggio dopo che l’attore ingaggiato era stato arrestato.

L’altro grande editore cinese che si contende le scene con Tencent, vale a dire NetEase, ha deciso di sponsorizzare la propria IA all’interno di un evento, permettendo ai giocatori accorsi di generare delle skin per il gioco senza la mediazione di alcun creativo umano.

QUANTO È DIFFUSA L’IA NEI VIDEOGIOCHI?

Fin qui, si potrebbe dire, si è di fronte a indiscrezioni giornalistiche o comunque a una manciata di casi che da soli non fanno certo il totale. Giusto allora che a rappresentare la situazione siano i diretti interessati.

Tutelati dall’anonimato offerto dal sondaggio annuale della Game Developers Conference,  GDC State of the Game Industry, il 50% dei 3mila sviluppatori intervistati afferma che quotidianamente vengono utilizzati strumenti basati sull’IA generativa all’interno dello studio per cui lavorano e questo fa sì che addirittura l’84% confidi all’intervistatore di essere preoccupato riguardo al loro utilizzo.

Sono davvero pochi (15%) coloro che hanno affermato che l’IA non è stata utilizzata (ma che c’è comunque interesse da parte del proprio studio a investirvi) e non sono nemmeno molti di più (solo il 23%) gli sviluppatori ad aver dichiarato che nelle loro realtà non c’è alcun interesse di impiegare strumenti simili al momento. Il 31% degli intervistati ha affermato anzi di aver utilizzato tali tecnologie, mentre il 18% afferma di non averlo fatto persona ma che altri all’interno dello stesso studio le adoperano.

MAJOR O STARTUP, CHI SFRUTTA PIU’ LE INTELLIGENZE ARTIFICIALI?

Il sondaggio rivela un dato interessante ma comunque scontato: sarebbero gli studi indipendenti i  più propensi all’uso dell’IA, con il 37% degli intervistati provenienti da queste realtà che ha dichiarato di averne fatto uso personalmente, contro il 21% di chi lavora in studi tripla e doppia A. Se da un lato ciò conferma che l’IA permette anche ai più piccoli di creare videogiochi estremamente competitivi senza avvalersi di chissà quali budget, dall’altro parrebbe smentire l’immagine della multinazionale spietata che intende ridurre i propri team puntando al profitto.

Nonostante questo, però, il 42% dei 3mila sviluppatori sentiti per il sondaggio si è detto “molto preoccupato” per il proprio futuro nell’industria dei videogiochi a causa dell’IA, mentre un altro 42% si è comunque detto “un po’ preoccupato”. Insomma, l’84% degli sviluppatori teme per il proprio posto di lavoro. I licenziamenti nel settore continuano dunque a essere scollegati dall’avanzata delle intelligenze artificiali? Solo ChatGpt e soci possono rispondere…

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