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App Immuni, ecco i dubbi degli avvocati

Il governo ha confermato nel decreto legge varato che l'App Immuni sarà volontaria, ma quali sono le conseguenze giuridiche sul cittadino che comporterà il download dell'app?

Il governo ha confermato nel decreto legge varato che l’App Immuni sarà volontaria, ma quali sono le conseguenze giuridiche sul cittadino che comporterà il download dell’app?

Il quadro normativo c’è ma la fase 2 si avvicina e ancora dell’App Immuni nessuna traccia. L’app di contact tracing selezionata dal governo volta al tracciamento dei contagi da Covid-19 (in grado cioè di avvisare chi è entrato in contatto con un soggetto positivo in modo che si possa sottoporre ai controlli del caso) ancora non è pronta.

TEMPESTICHE

Ieri il ministro dell’Innovazione Paola Pisano ha confermato che l’app utilizzerà il modello sviluppato da Google e Apple ma solo ieri le due società hanno pubblicato la versione beta per gli sviluppatori. Questa versione dovrebbe quindi consentire anche a Bending Spoons, società sviluppatrice di Immuni, di cominciare a lavorare ai test per il suo rilascio. La consegna della app è prevista quindi a fine maggio.

Come riporta Repubblica “fonti vicine all’azienda osservano che l’integrazione coi sistemi sanitari di 20 regioni “è un’operazione complessa”, e servirà un minimo di fase di test per avviarla su tutta la popolazione”.

DISCIPLINA

Nel frattempo che l’app sia pronta, ieri il governo, all’esito del Consiglio dei ministri, ha adottato un decreto legge che tra le altre cose contiene anche una copertura normativa di rango primario alle procedure di tracciamento dei contatti con funzioni di monitoraggio del Covid-19.

“Il corpus di disposizioni, su cui il Parlamento potrà intervenire in sede di conversione in legge del decreto”, ha chiarito oggi il premier Giuseppe Conte nell’informativa al Senato,  “ha lo scopo di chiarire e rafforzare la disciplina del particolare trattamento dei dati, in coerenza con quanto ha precisato il Comitato europeo per la protezione dei dati personali e recependo le raccomandazioni emanate dalla Commissione europea il 16 aprile 2020”.

L’APPROVAZIONE DEL GARANTE DELLA PRIVACY

Il decreto traccia dunque principi fondamentali che rispettano i paletti fissati nei giorni scorsi dal Garante della privacy, Antonello Soro. Ieri infatti l’Authority ha espresso parere favorevole sulla proposta normativa concernente il tracciamento dei contatti fra soggetti tramite app.

“Ma prima che Immuni compaia sui display dei nostri cellulari, scaricabile gratis, serve un altro passaggio — spiega il Corriere – Sempre il Garante della privacy dovrà dare il via libera alla normativa tecnica che scenderà nei dettagli dell’applicazione”.

VOLONTARIA E SENZA LIMITAZIONI PER CHI NON LA INSTALLA

Ecco quello che si sa di certo finora. L’app Immuni sarà su base volontaria e senza limitazioni per chi deciderà di non installarla. Non raccoglierà alcun dato di geolocalizzazione degli utenti, garantendo il rispetto della privacy, non accederà alla rubrica dei contatti dell’utente. Chi la vorrà, potrà scaricarla gratuitamente su smartphone iOS e Android.

HA UNA SCADENZA

Immuni sarà utilizzata fino alla fine di quest’anno, con la conseguente cancellazione, alla stessa data, di tutte le informazioni raccolte.

FUNZIONAMENTO

Quanto al funzionamento, l’app sarà in grado di “determinare che è avvenuto un contatto stretto fra due utenti, non tuttavia il luogo in cui esso è avvenuto”. I suoi codici inoltre “non permettono di risalire all’identità dell’utente”, ha spiegato il ministro Pisano ieri in audizione alla Commissione Lavori pubblici del Senato.

Lo scambio avverrà solo tra i due smartphone: “Ogni smartphone invia il proprio codice randomico e riceve i codici randomici degli smartphone nelle vicinanze, salvandoli nella propria memoria interna. Per rendere il sistema più sicuro, il codice randomico cambia frequentemente”, ha precisato.

MINISTERO DELLA SALUTE TITOLARE DEL TRATTAMENTO

“Si prevede che il titolare” del trattamento “sia il ministero della Salute” ha dichiarato Conte nel corso dell’informativa alla Camera. “La piattaforma opererà nel nostro territorio nazionale, affidata a società pubbliche o comunque a totale partecipazione pubblica”.

CHI GESTIRÀ LA PIATTAFORMA

Nella relazione del ministro Pisano si legge inoltre che la verifica del codice sorgente, la sua condivisione, la gestione dei dati raccolta, la diffusione dell’app negli store e la gestione tecnica della app vedrà coinvolte “società pubbliche interamente partecipate dallo Stato (PagoPA e Sogei)”, e dallo stesso ministero dell’Innovazione.

CHI ACCEDE AI DATI

Questo è ciò che sappiamo finora, ma restano delle questioni da chiarire. “A partire dal rapporto tra il server e i sanitari” come ha sottolineato il Sole 24 Ore. “Il soggetto positivo riceverà un codice di sblocco per inserire sul server i propri id generati dall’app, ma non è stato ancora deciso da chi e come sarà fornito”.

LE QUESTIONI GIURIDICHE IRRISOLTE

Non solo. Così si interroga oggi Ferdinando Brizzi, avvocato e vice-procuratore, su Diritto e Giusitizia: “I dati afferenti ad Immuni saranno anche utilizzati per finalità di accertamento e repressione dei reati connessi al Covid-19? Coloro che prestano il consenso ed aderiscono ad Immuni saranno informati del possibile rilievo penale della loro adesione a tale app? In che modo le Forze di Polizia possono accedere a tali dati?”

LE CONSEGUENZE PENALI PER CHI SCARICA IMMUNI

Stesse perplessità rilevate anche dall’avvocato penalista Elena Massignani dello studio Napoletano Ficco & Partners. “Se un cittadino italiano decidesse di scaricare l’app e risultasse positivo al Covid-19, avrebbe anche l’obbligo giuridico di mettere a disposizione delle Autorità Sanitarie la lista dei dispositivi con i quali è entrato a contatto nel periodo di potenziale contagio? D’altronde, si potrebbe sostenere, se non ne ha alcun obbligo giuridico, potrebbe ben decidere di non rinunciare alla propria privacy.

Bene, è proprio questo il punto di caduta dell’intero approccio basato sulla volontarietà: se quel comportamento di condivisione, pur non essendo obbligatorio, venisse considerato uno standard di diligenza richiesto al cittadino “modello” dalla normativa emergenziale per contenere la diffusione del contagio, non potrebbe escludersi che l’omessa condivisione dei dati possa fondare una responsabilità del singolo a titolo di colpa, tanto in sede civile quanto in sede penale.

In termini giuridici, il rischio è che la condivisione dei dati di tracciamento, pur non integrando, appunto perché “volontaria”, una delle regole di prudenza predeterminate ex ante da una legge emergenziale per il contenimento della diffusione del contagio – come tale, idonee ad integrare, in caso di sua mancata adozione, un rimprovero per colpa specifica –  possa comunque essere ritenuta ex post parte di quelle generiche misure precauzionali di diligenza, prudenza o perizia, suggerite dagli usi sociali in un determinato contesto storico, quello dell’attuale emergenza sanitaria, per prevenire e diffondere il contagio a tutela della salute pubblica – con il rischio, quindi, di un rimprovero a titolo di colpa generica“.

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