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Terre Rare

Cosa chiedono all’Ue i produttori mondiali di terre rare anti Cina

La conferenza annuale dell'Associazione dell'industria delle terre rare è servita a Mike Pompeo (ex-segretario di stato Usa) ad ammonire l'Unione europea e a insistere sul distacco dalla Cina. Il settore, invece, chiede a Bruxelles un approccio centralizzato alle materie prime critiche.

 

Dal 21 al 23 giugno si è svolta a Barcellona la conferenza annuale della Rare Earth Industry Association (REIA), un’organizzazione internazionale – ha sede in Belgio – che riunisce aziende ed enti di ricerca attivi nel settore delle terre rare. Le terre rare sono un gruppo di diciassette elementi metallici necessari alle transizioni energetica e digitale, oltre che alla difesa: si utilizzano nella costruzione di smartphone, veicoli elettrici, turbine eoliche e missili, tra le altre cose. Si tratta insomma di materiali cruciali per l’industria e la sicurezza nazionale, oltre che sensibili dal punto di vista geopolitico: la Cina ne controlla da sola circa l’80 per cento dell’offerta mondiale, e si teme perciò che possa decidere di limitare o sospendere gli approvvigionamenti per trarne un vantaggio politico.

LA CRITICA DI MIKE POMPEO ALL’UNIONE EUROPEA

Uno dei keynote speech della conferenza della REIA è stato tenuto da Mike Pompeo, ex-segretario di stato degli Stati Uniti sotto Donald Trump e oggi consulente di USA Rare Earth, un’azienda mineraria americana specializzata in terre rare. Nel suo discorso – come riportato dal Sole 24 Ore, che ha seguito l’evento – Pompeo ha detto che l’Unione europea, molto concentrata sulla transizione ecologica, “deve assumersi le proprie responsabilità geopolitiche sulla svolta ambientale: non è tollerabile che per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione si continuino a utilizzare minerali rari e tecnologie che arricchiscono paesi comunisti e regimi dittatoriali”.

Il riferimento piuttosto evidente è alla Cina, appunto, che domina le filiere di un po’ tutti i metalli cruciali per la conversione energetica, come anche il litio o il cobalto.

Circa un anno fa gli Stati Uniti hanno formato un’iniziativa – chiamata Partnership per la sicurezza dei minerali – volta alla creazione di filiere sicure e anti-cinesi per i cosiddetti “metalli verdi”: l’Unione europea ne fa parte, e recentemente ha aderito anche l’India.

LE AZIENDE DI SETTORE PENSANO LO STESSO

Il pensiero di Pompeo è grossomodo lo stesso di Bernd Schaefer, amministratore delegato di EIT RawMaterials, un ente finanziato dalle istituzioni europee e legato alla REIA, secondo cui l’Unione europea non riuscirà mai a ridurre la dipendenza dalla Cina per le materie prime della transizione verde, se non aumenterà i finanziamenti alle imprese e non velocizzerà le procedure autorizzative. Nel 2020 Pechino è stata la principale fornitrice di due terzi delle materie prime considerate critiche da Bruxelles, con picchi del 98 per cento proprio per le terre rare.

– Leggi anche: Minerali critici, tutti i piani anti-cinesi della Ue

PUBBLICO E PRIVATO INSIEME PER LE TERRE RARE

Badrinath Veluri, presidente della REIA, ha detto al Sole 24 Ore che l’obiettivo dell’associazione è “fare da ponte tra pubblico e privato per lo sviluppo di un nuovo sistema diffuso di supply chain, basato su progetti e strategie che si muovono nel pieno rispetto della sostenibilità”. Questo approccio pubblico-privato sulle filiere delle terre rare è già realtà negli Stati Uniti (ad esempio tra MP Materials, che gestisce la miniera di Mountain Pass, e il dipartimento della Difesa), ma anche nell’Unione europea.

Come spiegato da Neo Performance Materials, membro della REIA, l’azienda sta costruendo un impianto per la produzione di magneti in terre rare in Estonia, per un investimento da 5 miliardi di euro co-finanziato dal Fondo per una transizione giusta (Just Transition Fund).

– Leggi anche: Che fine ha fatto il fondo di sovranità Ue per l’industria verde annunciato da Bruxelles?

I magneti in terre rare vengono utilizzati nella manifattura di turbine eoliche e di automobili elettriche. La Cina vale circa il 90 per cento della produzione globale di questi magneti.

“Il monopolio cinese sui magneti è certamente preoccupante per i governi occidentali. Ma creare ex novo dei poli alternativi a quello cinese non è così facile”, ha ricordato Dirk Van Dale, presidente del fondo di investimento Squared Financial. “Prima di tutto per il nodo dei costi: battere i cinesi sul prezzo è oggi un obiettivo di lungo, forse lunghissimo periodo”. La raffinazione delle terre rare, un passaggio fondamentali per la loro trasformazione in magneti, è un processo molto complesso e costoso, oltre che inquinante.

LA REIA CHIEDE UN APPROCCIO CENTRALIZZATO

La REIA ha presentato alla Commissione europea alcune modifiche al Just Transition Fund e al Critical Raw Materials Act, il piano che dovrebbe permettere all’Unione di ridurre la dipendenza dall’estero per le materie prime della transizione energetica.

Secondo Veluri, è “fondamentale affidare alla Commissione la gestione degli investimenti strategici individuati dai singoli stati membri”: una regia centrale, insomma. “In secondo luogo”, ha proseguito il fondatore della REIA, c’è bisogno di un’agenzia europea “che faccia da canale di comunicazione tra l’elenco ristretto di progetti strategici e le autorità locali competenti per l’uso del suolo e le autorizzazioni ambientali”, in modo da accelerare i percorsi autorizzativi dei progetti.

CHI SONO I MEMBRI DELLA REIA

REIA è un’organizzazione no-profit fondata nel giugno del 2019 e legata a GloREIA, un progetto di EIT Raw Materials per un’associazione internazionale del settore delle terre rare. Conta circa quaranta membri provenienti da una ventina di paesi.

Tra le aziende che hanno aderito all’associazione ci sono aziende di settore come Neo Performance Materials, USA Rare Earth, Medallion, Magneti Ljubljana, Energy Fuels, Solvay, Namibia Critical Minerals e Rare Earths Norvway. Sono membri anche l’Università di Birmingham, il ministero delle Risorse naturali del Canada e il British Geological Survey.

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