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Metalli

Ecco come la Cina minaccerà l’Occidente con i metalli

La Cina potrebbe sfruttare il controllo sul mercato dei metalli come un'arma geostrategica contro l'Occidente. L'analisi di Gianclaudio Torlizzi, analista di materie prime e fondatore di T-Commodity.

Il Governo di Pechino continua a stoccare materia prima. Ad oggi detiene il 93% delle scorte mondiali di rame, il 74% di quelle di alluminio, il 68% di quelle di mais e il 51% di quelle di frumento. Viceversa, il livello di scorte in Europa e USA rimane straordinariamente basso come dimostra il livello delle scorte dei metalli non ferrosi scambiati sul London Metals Exchange.

LA CINA SFRUTTERÀ I METALLI CONTRO L’OCCIDENTE?

Un controllo, quello esercitato da Pechino sul mercato dei metalli, che potrebbe essere sfruttato in chiave geostrategica nei prossimi anni nei confronti dell’Occidente seguendo l’esempio dell’azione di weaponization intrapresa dal Governo di Mosca sul gas e petrolio. Non bisogna pertanto sottovalutare il rischio che Pechino possa provocare uno shock sul comparto delle terre rare proprio per mettere sotto scacco le economie occidentali. In quest’ottica, profetiche sono state le parole pronunciate negli anni Ottanta da Deng Xiaoping l’architetto dell’apertura dell’Impero di Mezzo: “the Middle East has oil. China has rare earth metals”.

Venerdì 7 aprile un quotidiano giapponese ha diffuso la notizia secondo cui Pechino caldeggerebbe il contingentamento, se non il divieto totale, dell’export delle tecnologie necessarie alla raffinazione delle terre rare. Ciò includerebbe le tecnologie di elaborazione dei magneti al samario-cobalto, al neodimio e cerio. Le nuove restrizioni dovrebbero entrare in vigore entro l’anno. I magneti in terre rare sono utilizzati in una vasta gamma di applicazioni come turbine eoliche, veicoli elettronici, smartphone e armi, rappresentando un materiale chiave per i settori della riduzione del carbonio e dell’alta tecnologia. Le esportazioni cinesi di terre rare sono aumentate continuamente dal 2013 e hanno raggiunto le 53.288 tonnellate nel 2022. Stati Uniti, Germania e Corea del Sud sono stati i primi tre paesi che hanno importato la maggior parte dei magneti cinesi in terre rare. La Corea del Sud, in particolare, ha importato quasi la metà delle esportazioni cinesi di magneti in terre rare nel 2022.

NON SOLO TERRE RARE

Le minacce di Pechino non riguardano solo le terre rare ma anche le applicazioni green nel loro insieme: il 23 gennaio scorso il governo cinese ha dichiarato di prendere in considerazione l’introduzione di restrizioni all’esportazione di wafer solari, silicio nero e attrezzature per la colata di silicio.

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IL NAZIONALISMO DELLE RISORSE

L’azione di militarizzazione delle materie prime non deve tuttavia essere letta solo esclusivamente in chiave ritorsiva contro l’Occidente, ma all’interno della crescente fase di de-globalizzazione che spinge i Paesi produttori di materie prime a esercitare un ferreo controllo sull’attività estrattiva (resources nationalism) perseguendo così lo sviluppo di una filiera green nazionale ad alto valore aggiunto. Ne sono un esempio le restrizioni sull’export di stagno e nichel annunciate recentemente dal Myanmar e dall’Indonesia e il piano di nazionalizzazione delle miniere di litio da parte del Cile.

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