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Perché il ministro dell’Ambiente, Costa, sbaglia sui termovalorizzatori. Parla Chicco Testa (Fise-Assoambiente)

Ecco come e perché l'associazione delle imprese private che gestiscono i servizi ambientali ribattono alle tesi del ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, sui termovalorizzatori

Il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, ha detto no ai termovalorizzatori? “Un’obiezione di fondo che per noi è inaccettabile”. Così commenta con Start Magazine Chicco Testa, presidente di Fise-Assoambiente, l’associazione che rappresenta le imprese private che gestiscono servizi ambientali, ribattendo punto per punto alle affermazioni del titolare del dicastero di via Cristoforo Colombo.

PER COSTA I TERMOVALORIZZATORI COSTANO TROPPO E HANNO TEMPI AUTORIZZATIVI TROPPO LUNGHI

Ma che cosa ha sostenuto esattamente il ministro? Secondo Costa, che ne ha parlato qualche giorno fa a margine di un evento sull’economia circolare, questi impianti hanno bisogno di “7-10 anni” per poter essere autorizzati. A questo tempi si devono sommare “20 anni per l’ammortamento: arriviamo così ai limiti del 2050, quando la direttiva sul pacchetto rifiuti ci dice che al massimo al 2035 dobbiamo fare tutt’altra cosa. E poi: l’ammortamento chi lo paga? Quale imprenditore tira fuori 200 milioni di euro per una roba del genere?”.

CHICCO TESTA: LA TERMOCOMBUSTIONE È UNO DEI SISTEMA USATI CON PIÙ FREQUENZA NEI PAESI CON UNA GESTIONE DEI RIFIUTI AVANZATA

“Innanzitutto il ministro dovrebbe domandarsi come mai ci vogliono sette anni per autorizzare un impianto di cui lui è il primo responsabile. Ad esempio ha bocciato un termocombustore che era praticamente autorizzato di A2A in Sicilia – ha sottolineato Testa -. In secondo luogo il ministro fa un obiezione di fondo sul ruolo dei termocombustori che per noi è inaccettabile. Se guardiamo all’economia circolare, l’obiettivo fissato dall’Ue dice che il riciclaggio dovrebbe raggiungere il 65% e che la discarica può coprire al massimo il 10% del fabbisogno. A questo punto rimane un 25% che non si capisce dove finisca e che secondo noi va coperta con i termocamubosti. Inoltre, non bisogna dimenticare che questi impianti sono un pezzo dell’economica circolare in quanto consentono di recuperare energia e calore. Insomma – ha proseguito il presidente di Fise-Assoambiente – basta guardare alla storia europea in cui si vede chiaramente come la termocombustione sia uno dei sistemi usati con più frequenza nei Paesi con una gestione dei rifiuti avanzata. Ed è evidente che le due cose che funzionano sono da una parte la termocombustione e il riciclaggio, con la discarica limitata a pochissime cose. Il resto sono chiacchiere ideologiche che servono a poco”.

SERVONO 7-8 IMPIANTI DA LOCALIZZARE SOPRATTUTTO NEL CENTRO-SUD

Ma quanti termovalorizzatori servono in Italia? “Salvini esagera quando parla di uno per provincia. I nostri conti parlano di 7-8 impianti da localizzare soprattutto nel Centro-Sud, comprese Lazio, Toscana, Umbria, Campania, Sicilia, Calabria, forse la Puglia è l’unica che mi sembra autosufficiente. Senza considerare che si parla sempre di rifiuti urbani ma ci si dimentica che sono 30 milioni di tonnellate mentre quelli speciali raggiungono le 130 milioni di tonnellate. Esportiamo all’estero 3 milioni di tonnellate di rifiuti speciali per la mancanza di impianti. Manca un po’ di tutto in Italia, non solo gli inceneritori – ha precisato Testa -: mancano le discariche che stanno andando a esaurimento, gli impianti di riciclaggio sopratutto la frazione umida che è la parte più importante della raccolta differenziata. Praticamente quasi tutto il centro-sud esporta a impianti del Nord. Basti pensare che una città come Roma esporta più dell’80% dei suoi rifiuti. Quindi è evidente che c’è una carenza impiantistica generale in cui i termocombustori non sono la soluzione ma sono una delle soluzioni”.

LA QUESTIONE DEI RIFIUTI È COMPLESSA SOLO IN ITALIA PER BATTAGLIE IDEOLOGICHE INUTILI

“Tutti dicono che i rifiuti sono una questione complessa ma lo è diventata in Italia per battaglie ideologiche inutili, per normative complicatissime che rendono tutti i processi autorizzativi e la gestione degli impianti super-complicata. Ci vogliono norme nuove. C’è poi la questione dell’end of waste che blocca tutto in attesa dei decreti. Non dobbiamo dimenticarci che in Italia ci sono ottime imprese e distretti di riciclaggio che funzionano, ma basta sfogliare il giornale per vedere che ormai si protesta su tutto. E il ministro sembra ampliare questa sindrome, lo vedo raramente schierarsi a fianco delle imprese pubbliche e private e quasi sempre schierato a fianco dei comitati, ma così non si va da nessuna parte”, ha concluso Testa.

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