Sesto più grande emettitore di gas serra del mondo, il Giappone ha costruito una nuova visione di società a zero emissioni battezzata “hydrogen society”. A ribadire il nuovo corso è stato lo stesso Primo Ministro Shinzo Abe che durante la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici aveva definito l’idrogeno come l’«energia del futuro».
Gli obiettivi di Tokio
Tokio immagina un futuro in cui case e automobili siano alimentate da celle di combustione a idrogeno: obiettivo è quello di dotare della nuova tecnologia 1,4 milioni di abitazioni entro il 2020, raggiungendo l’ambiziosa cifra di 5,3 milioni un decennio più tardi; sul fronte della mobilità è al momento in cantiere una rete di 100 stazioni di rifornimento dislocate nelle principali aree urbane e, in occasione delle Olimpiadi di Tokio del 2020, la realizzazione di un’ “autostrada a idrogeno” infarcita di stazioni di rifornimento. Obiettivo per la mobilità è quello di mettere su strada entro il 2025 un milione di veicoli a idrogeno.
La ‘società dell’idrogeno’ oggi
Anche se nel corso della sua storia il Giappone ha abituato stupirci, i piani di Tokio sembrano per ora viaggiare al rilento. Nonostante i sussidi governativi e lo sforzo di produttori come Panasonic e Toshiba per abbattere i prezzi, sarebbero solo 100.000 le case alimentate da idrogeno e i costi di adeguamento, stimati a circa 16mila dollari per abitazione, rappresentano ancora un ostacolo per la diffusione della tecnologia. Stesso discorso vale per il settore auto, anche se sono stati sviluppati veicoli con ottime prestazioni, i costi sembrano per ora non essere alla portata di tutti. Un’auto Fuel Cell come Toyota Mirai (in giapponese la parola significa futuro) costa 6.7 milioni di yen, circa 55milioni di dollari.
L’idrogeno, limiti e oppositori
Lo sviluppo di tecnologie stabili richiede ancora tempo e bisognerà aspettare prima di raggiungere una produzione di massa capace di ridimensionare i costi. Un primo limite è rappresentato dalla natura dell’idrogeno: incolore e inodore, occupa molto spazio prima di essere compresso – procedimento non economico. Secondo limite è il fatto di non essere sempre ‘green’. Per la produzione sono necessari combustibili fossili che emettono durante il procedimento gas serra, da qui la necessità di utilizzare strade alternative di produzione. Tra i principali oppositori vi è il patron di Tesla Elon Musk –sostenitore e produttore di auto elettriche a batteria. Il magnate condanna l’idrogeno per volatilità e infiammabilità, oltre che per efficienza: «l’idrogeno è un meccanismo per immagazzinare l’energia, non è una fonte di energia».
Fukushima, lo spartiacque
Dopo i fatti di Fukushima Tokio si è trovata ad un bivio: anche se con qualche recente ripensamento ha ridotto l’attività nucleare (all’inizio del 2011 la produzione copriva circa 30% del fabbisogno), infliggendo un duro colpo alla propria economia energetica. Da quel momento il Giappone, povero di risorse, ha sviluppato una forte dipendenza da combustibili fossili che ormai coprono il 90% del fabbisogno. I tragici eventi e una maggiore sensibilità verso i temi ambientali, alimentata da forti movimenti ecologisti, hanno spinto il governo a rafforzare le politiche di risparmio e a puntare fortemente sulle rinnovabili: per ora in testa il fotovoltaico che nel 2014 (dati IEA) ha raggiunto i 9,7GW.
Rinnovabili, la chiave di volta
Nasce da qui la volontà di Tokio di produrre idrogeno tramite un’elettrolisi totalmente verde, dove l’energia arriva da fonti pulite come acqua, vento e sole. La sfida che il paese ha davanti è ancora lunga e il governo giapponese per giungere alla realizzazione di una “società dell’idrogeno” dovrà proseguire sulla strada degli incentivi. Abe da canto suo è fiducioso e stima che il mercato dell’idrogeno raggiugerà entro il 2030 gli 8.3 miliardi di dollari.