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Eolco

Cingolani vuole dare gas all’Italia?

Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha proposto la ripresa dello sfruttamento dei giacimenti italiani del gas per attenuare la crisi dei prezzi dell'energia. Intanto, le centrali a carbone...

 

In un’intervista al Messaggero, il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha detto che il nuovo aumento delle bollette di luce e gas nel primo trimestre del 2022 è colpa anche di una “politica implosiva” che ha portato l’Italia a rinunciare alla produzione domestica di gas naturale per affidarsi sempre più agli acquisti dall’estero. “Importiamo tutto”, ha spiegato Cingolani, “e quindi siamo vulnerabili” ai prezzi altissimi del gas sul mercato europeo.

LE “SCELTE SBAGLIATE DEL PASSATO”

Il ministro sostiene che l’attuale situazione di crisi energetica internazionale sia particolarmente grave per il nostro paese a causa delle “scelte sbagliate del passato. Abbiamo fatto una politica implosiva: nel 2000 producevamo 20 miliardi di metri cubi di gas, oggi ne produciamo solo 4,5, a fronte di un consumo pari a 72 miliardi di metri cubi”.

“Abbiamo deciso che era meglio comprare all’estero il gas invece di utilizzare il nostro”, ha poi aggiunto.

L’Italia possiede dei giacimenti nazionali di metano, il componente principale del gas naturale, per quanto modeste. Le riserve – stando ai numeri ufficiali contenuti nel Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, o PiTESAI – ammontano a circa 90 miliardi di metri cubi, concentrate principalmente nella Pianura padana, nel mar Adriatico e in Basilicata.

Riserve che però sono ferme da anni, non sfruttate, a causa dell’incertezza politica che disincentiva gli investimenti. Le stime dicono che il costo di estrazione del metano italiano è di circa 5 centesimi al metro cubo. Di contro, il gas che l’Italia importa dall’estero (da Russia e Algeria, principalmente) ha un prezzo mediamente di 50-70 centesimi.

IL PIANO DI CINGOLANI SUL GAS

La crisi dei prezzi dell’energia ha molte cause, e difficilmente si risolverà presto: riguarda innanzitutto il gas, che è anche la materia spesso utilizzata per generare energia elettrica e che ha un peso rilevantissimo – del 40 per cento – nel mix italiano.

Cingolani difende la necessità di “potenziare le rinnovabili il più rapidamente possibile”, coerentemente con gli obiettivi dell’Unione europea per la decarbonizzazione. Ma è impossibile installare gigawatt di capacità eolica e solare in poco tempo. Nel breve termine, “nei prossimi 12-18 mesi dobbiamo muoverci anche in altre direzioni”, afferma il ministro. “Come quella di aumentare la produzione di gas nazionale con giacimenti già aperti”. Ovvero riattivare le operazioni nelle riserve il cui sfruttamento era già iniziato.

“Potremmo aumentare di una quantità non esagerata. Magari raddoppiare i 4 miliardi di metri cubi attuali” attualmente prodotti sul nostro territorio: arrivare a 8-9 miliardi quindi, comunque poco rispetto ai livelli di consumo.

IL CONFRONTO CON L’EUROPA

L’Unione europea ha fissato degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra nel medio (-55 per cento rispetto ai valori del 1990 nel 2030) e nel lungo termine (azzeramento netto). Ma ha lasciato agli stati membri la responsabilità di organizzare da sé i loro mix energetici, sulla base delle loro condizioni nazionali. Il gas è un combustibile fossile, ma è anche meno emissivo rispetto al petrolio e, soprattutto, al carbone. Viene considerato una fonte potenzialmente utile nella fase di transizione verso la neutralità carbonica per dare stabilità a una rete elettrica che sarà sempre più dominata dalle rinnovabili intermittenti, nell’attesa che le tecnologie di stoccaggio (come le batterie) migliorino in efficienza e si facciano meno costose.

Cingolani ha detto al Messaggero che “a gennaio dovrebbe esserci una interministeriale Ue sull’energia”. Un vertice, cioè, tra i rappresentanti dei paesi membri in cui si discuterà di politiche energetiche: all’ultima riunione, pochi giorni fa, non si è deciso niente: è mancato un accordo sia sulle eventuali modifiche del mercato delle quote di CO2, sia sull’inclusione di gas e nucleare tra le fonti classificate come “verdi”.

L’ITALIA RIAVVIA IL CARBONE

L’alto prezzo del gas – sopra i 180 euro al megawattora – ha indotto Terna, la società che gestisce le reti italiane di trasmissione dell’elettricità, a chiedere la riattivazione temporanea delle centrali a carbone di La Spezia (Enel) e Monfalcone (A2A): nonostante i maggiori livelli di emissione, in questa fase il carbone è una fonte più conveniente del gas.

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