Ieri i leader dei paesi membri dell’Unione europea si sono riuniti a Bruxelles per discutere di politiche energetiche, e in particolare del forte aumento dei prezzi del gas naturale (e, conseguentemente, dell’elettricità). Il vertice, però, non ha prodotto nulla: non si è raggiunto alcun accordo, a causa delle divergenze tra i vari governi nazionali.
LO SCONTRO POLONIA-GERMANIA
La contrapposizione più rilevante è stata quella tra la Polonia, da un lato, e la Germania, dall’altro.
Varsavia vuole dall’Unione europea delle limitazioni alla volatilità dei prezzi del carbonio sul sistema ETS (quello che istituisce un mercato per la compravendita di quote di emissione). Il paese già da tempo lamentava presunte speculazioni finanziarie sul mercato ETS, ritenute la causa del forte aumento dei prezzi dei permessi di emissione: un’indagine di Bruxelles, tuttavia, non ha trovato prove di manipolazione.
Berlino, al contrario, si oppone a qualsiasi riforma profonda del sistema energetico europeo: non è soltanto l’economia più grande dell’Unione ma anche il più grande mercato per l’energia elettrica, e non vuole scossoni.
COME VANNO I PREZZI DELLA CO2
All’inizio del 2021 il prezzo della CO2 sul mercato ETS europeo era di circa 31 euro a tonnellata. La settimana scorsa è arrivato al valore record di 90,75 euro. Solo dall’inizio di novembre l’aumento è stato del 50 per cento.
Anche la Spagna e la Germania – ma con maggiore moderazione della Polonia – hanno chiesto che si faccia qualcosa per ridurre la volatilità del carbonio.
COSA HA DETTO SCHOLZ
Il nuovo cancelliere tedesco Olaf Scholz ha detto agli altri leader europei che 60 euro per tonnellata di CO2 sarebbe un costo più ragionevole. Ma ha aggiunto che potrebbe essere difficile mantenere un prezzo di questo tipo in un momento di trasformazione e ampliamento dell’ETS, uno degli strumenti principali di Bruxelles per incoraggiare la decarbonizzazione.
Il governo Scholz aveva detto che avrebbe preso in considerazione l’istituzione di una soglia di prezzo di almeno 60 euro per tonnellata di CO2 qualora il costo delle quote di emissione dovesse scendere al di sotto di quel valore (rendendo quindi più conveniente per le industrie bruciare combustibili fossili).
LA QUESTIONE GAS E NUCLEARE
L’altro motivo di scontro interno all’Unione riguarda l’inclusione del gas naturale e del nucleare tra le fonti energetiche considerate “sostenibili” e quindi legittimate a ricevere investimenti dalla cosiddetta “finanza verde”: Bruxelles è al lavoro su una tassonomia – cioè un elenco di fonti energetiche e attività economiche considerate coerenti con il percorso di transizione ecologica – che servirà a dirigere gli investimenti verso destinazioni dall’impatto ambientale positivo.
Il punto più critico riguarda appunto l’inclusione o meno del gas e del nucleare nella tassonomia in questione. Sono entrambe fonti utili ad assistere le rinnovabili intermittenti, almeno nel medio termine, ma anche controverse: il gas è un combustibile fossile, e come tale rilascia gas serra; il nucleare è invece a zero emissioni ma pone questioni sulla gestione dei rifiuti radioattivi.
NESSUN ACCORDO SULL’ENERGIA
Come sull’ETS, nemmeno su gas e nucleare – come ha detto il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel – è stato raggiunto un accordo. Niente comunicato congiunto. Gli stati membri europei ne discuteranno di nuovo in un prossimo vertice.