Siamo sicuri che il pubblico sarebbe più efficiente, ad esempio, nelle Regioni del Sud rimaste indietro?
Possiamo permetterci di fermare gli investimenti?
Sono le due domande che pone oggi, retoricamente, il presidente dell’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, Stefano Besseghini, sulla riforma in cantiere in Parlamento che riguarda il sistema idrico; riforma voluta in particolare dal Movimento 5 Stelle ma in verità accennata esplicitamente anche nel contratto di governo giallo-verde.
Due domande, quelle di Besseghini, che implicano un giudizio non positivo sulla riforma Daga. Entriamo nei dettagli.
COSA PREVEDE LA RIFORMA DELL’ACQUA PUBBLICA
La riforma che porta il nome della deputata pentastellata Federica Daga (M5S) prevede che le aziende di gestione non siano separate da chi eroga i servizi, tornino a essere di diritto pubblico, siano aziende speciali e non spa, senza finalità di lucro, e riportare il controllo al ministero dell’Ambiente sottraendolo all’Arera. Le concessioni non potranno avere durata superiore ai dieci anni, mentre per quelle in essere è stabilito che decadano al 31 dicembre 2020.
LE AZIENDE COLPITE DALLE NUOVE NORME
Come scritto da Start Magazine, in Italia le società che gestiscono i servizi idrici sono, secondo i dati Arera, 2.033 (sono compresi anche i comuni). Tra le aziende che dovranno rinunciare a gestire i servizi idrici ci sono Acea, Hera, Iren Acqua, A2A ciclo idrico, 2i Rete Gas, Acsm-Agam, Ecotec, Gestione Acqua, Girgenti acque, Hidrogest, Ireti, Italgas acqua, Nuove acque, Publiacqua.
CHE COSA HA DETTO IL PRESIDENTE DELL’ARERA?
Ma che cosa ha detto di preciso il presidente dell’authority che si occupa anche dell’acqua? “E’ lecito pensare che l’intervento pubblico possa risolvere i problemi del settore”, si legge sull’inserto Affari & Finanza del quotidiano la Repubblica: “Con l’affidamento alla società per azioni (in larga parte a partecipazione pubblica) molte cose sono migliorate e ora il sistema potrebbe beneficiarne”, ha aggiunto Besseghini.
L’EFFICIENZA E LE DOMANDE
“Ma ci sono ancora troppe differenze nel servizio”, ha proseguito il presidente dell’Arera, per poi chiedersi: “Siamo sicuri che il pubblico sarebbe più efficiente, ad esempio, nelle Regioni del Sud rimaste indietro?” “Poi c’è un altro problema: possiamo permetterci di fermare gli investimenti? Perché se cambiamo le regole, l’effetto sarebbe proprio questo”.
LA QUESTIONE DELLA COMPETENZA
La proposta di legge prevede inoltre la trasformazione dei gestori in società di diritto pubblico e il finanziamento del settore a carico della fiscalità generale, spostando la politica tariffaria dall’Arera al ministero dell’Ambiente. Anche su quest’ultimo aspetto Besseghini è critico: “Il punto fermo, in ogni caso, è anche indipendentemente dalla forma del gestore la regolazione terza e indipendente è da tutti riconosciuta come un forte valore aggiunto”.
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