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Fukushima

Perché il Giappone rallenta la chiusura di Fukushima

In Giappone la radioattività della centrale di Fukushima non sarà debellata per i prossimi 5 anni. L’articolo di Nunzio Ingiusto Energia nucleare: chi la usa, chi diffida, chi ne è assillato. Dopo l’annuncio dei francesi di voler fermare 14 centrali per fare posto a biogas ed eolico, in Giappone la radioattività della centrale di Fukushima…

Energia nucleare: chi la usa, chi diffida, chi ne è assillato. Dopo l’annuncio dei francesi di voler fermare 14 centrali per fare posto a biogas ed eolico, in Giappone la radioattività della centrale di Fukushima non sarà debellata per i prossimi 5 anni. Il governo di Tokyo ha annunciato che il magma radioattivo del sito esploso nel 2011 richiede ancora tanto lavoro. Per almeno altri 5 anni il pericolo resterà, dunque, incombente anche se controllato. Si lavora allo smantellamento aggiornando tutti i complessi piani e con poca voglia di insistere su una fonte non amata. In particolare, i tecnici sono impegnati ad allontanare il prodotto della fusione del nocciolo nel reattore numero 1. Su un altro reattore il cantiere vedrà la luce nel 2024. Il Giappone, tuttavia, tiene molto alla sua reputazione di Paese protettore dei territori colpiti dal disastro di 9 anni fa. Valutazioni anche politiche nel momento in cui tutti ci interroghiamo sulle migliori fonti per salvaguardare il pianeta.

Il ministro dell’Industria Hiroshi Kajiyama, riferisce l’Ansa, ha detto che quello di Fukushima è un processo delicato ed è difficile fare previsioni: “La priorità è quella di salvaguardare la salute dei lavoratori e la popolazione locale”. I reattori da neutralizzare per la tranquillità degli abitanti, delle autorità e delle agenzie energetiche, sono 6. L’impianto è comunque raffreddato e “l’equivalente di 170 tonnellate di acqua radioattiva vengono prodotte giornalmente”. Per vedere smantellata definitivamente la centrale bisogna comunque aspettare il 2041. Previsioni allarmanti che piombano nelle discussioni sul ricorso al nucleare anche come soluzione al riscaldamento globale. La controversia è antica, ma ha ripreso vigore davanti alle manifestazioni sul clima. I nuclearisti non hanno mai abbassato la guardia sul valore tecnico scientifico dei reattori e sul “benessere” prodotto. Come spesa per famiglie ed aziende ma ancora più in generale come fonte di energia certa, con costi decrescenti per gli Stati. Per i sostenitori delle centrali, il nucleare è la fonte che provoca minori danni al pianeta e sviluppa una quantità maggiore di energia. Un equilibrio tecnico economico sostenuto, rappresentato e anche contestato in decine di sedi.

Su tutt’altro versante sono coloro che vedono nell’energia dai reattori pericoli e rischi incalcolabili. Non facciamo torto ai primi se diciamo che i secondi sono assai più numerosi dei primi. Che i giovani — spesso bistrattati da scienziati e tecnici di parte — non vogliono sentir parlare di radioattività, preferendo le rinnovabili tout court. Dall’anno scorso qualcosa si muove sullo scacchiere mondiale dove sono arrivate tecnologie meno preoccupanti di quelle usate a suo tempo a Fukushima. Qui, pur preferendo le rinnovabili a tutto campo e prefigurando un periodo non breve di uso di gas e petrolio, siamo incuriositi dalla scelta fatta dall’Etiopia (in questi giorni) di costruire una nuova centrale, su un progetto russo, per soddisfare la domanda interna di energia. Evidentemente non temono pericoli.

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