Nelle vicende lunghe e complesse è facile perdersi per strada, quando ci sono insieme interventi legislativi, vicende giudiziarie e procedimenti amministrativi.
E quando c’è un intoppo grande, come sta succedendo in questi giorni per l’Ilva di Taranto, l’unico gioco al massacro è quello mediatico: bisogna dare la colpa a qualcun altro. Anche in questo caso, non si capisce esattamente “perché” l’azienda si sia tirata indietro, chiedendo formalmente alla Magistratura di Milano di dichiarare legittimo il suo recesso contrattuale.
L’Azienda, ArcelorMittal, che chiameremo per brevità AM, può esercitare questo diritto di recesso nel caso in cui il Piano di risanamento ambientale previsto negli Accordi sia modificato con sentenza definitiva o esecutiva, ovvero per atto legislativo o amministrativo in maniera tale da pregiudicare il Piano industriale che ha presentato in fase di gara, per l’aggiudicazione della gestione in affitto e poi dell’acquisto del compendio aziendale.
Tutta la Gestione Commissariale e la gara per l’affidamento della gestione, che è stata vinta da AM, si sono svolte quindi sulla base degli adempienti ambientali definiti nella nuova Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), che nel 2012 ha sostituito quella del 2011 a seguito dell’intervento effettuato dalla Magistratura. Nel 2017, su richiesta di AM, questa AIA del 2012 è stata modificata.
(estratto di un articolo pubblicato su Teleborsa; qui la versione integrale)
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