skip to Main Content

Gas Russo

Perché Eni e governo non sanno se e come pagare il gas russo

L'Unione europea considera i pagamenti in rubli per il gas russo una violazione delle sanzioni; Mosca, allora, potrebbe interrompere le forniture come già fatto a Polonia e Bulgaria. Fatti e approfondimenti

 

“Gli importatori di gas russo si trovano tra l’incudine e un doppio martello”, scrive oggi Il Sole 24 Ore, perché “se pagano alla vecchia maniera rischiano di vedersi tagliare le forniture, se non pagano – magari anche rinunciando al gas, per boicottare Mosca – violano contratti internazionali. Se invece si adeguano al nuovo meccanismo possono finire nei guai con le sanzioni”.

LA LINEA DELLA RUSSIA

Da mercoledì la società statale russa Gazprom ha sospeso i flussi di gas naturale verso la Polonia e la Bulgaria, motivando la decisione con il mancato pagamento delle forniture in rubli, la valuta russa, come stabilito il 31 marzo dal presidente Vladimir Putin. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha detto che “i pagamenti nella forma adeguata saranno la base per il proseguimento delle forniture”.

LA LINEA DELLA COMMISSIONE EUROPEA

La Commissione europea – che dipende molto dal gas russo, per il 40 per cento circa del totale importato a livello comunitario – si oppone però alle transazioni in rubli perché pensa che danneggino la pressione sanzionatoria applicata verso la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina.

“La nostra indicazione è molto chiara”, ha dichiarato la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. “Se non è previsto dal contratto, pagare in rubli è una violazione delle nostre sanzioni”. Contravvenire a questa disposizione rappresenta “un alto rischio per le aziende”, ha proseguito.

Il 97 per cento dei contratti sulle forniture di gas tra l’Unione europea e la Russia sono denominati in euro o in dollari, non in rubli.

POSSIBILI SCAPPATOIE?

Come ricostruito da Politico, in realtà le indicazioni date da Bruxelles non sarebbero così chiare. Nelle scorse settimane la Commissione ha stabilito detto che le aziende europee possono aprire un conto presso la banca russa Gazprombank (come richiesto dalla Russia) per effettuare pagamenti per il gas in euro o in dollari (come previsto nei contratti precedentemente stipulati) e rilasciare, infine, una dichiarazione che attesti che il loro obbligo di pagamento è terminato con il deposito dei fondi sul conto. Quest’ultima precisazione consente alle aziende europee di svincolarsi dalla conversione in rubli, che verrebbe effettuata dai russi (al tasso di cambio stabilito dal Cremlino), e quindi di evitare di infrangere le sanzioni.

Alcuni funzionari europei ritengono tuttavia che il meccanismo di Bruxelles sia ambiguo e che scarichi il peso (e i rischi) delle trattative con Gazprom sulle aziende.

LA RUSSIA NON STA AL GIOCO

Il Sole 24 Ore spiega che “linee guida più precise potrebbero essere definite il 2 maggio, quando si riunirà il Consiglio europeo dei ministri dell’Energia. Ma la Commissione ha già iniziato a stringere le maglie, mettendo in evidenza che se Mosca considera conclusa la transazione solo quando Gazprom riceve i rubli allora per un certo periodo gli euro versati restano ‘interamente nelle mani delle autorità russe, compresa la Banca centrale’: è come concedere a Mosca un prestito in valuta pregiata”.

Il decreto di Putin, infatti, considera soddisfatti gli obblighi di pagamento solo quando la conversione in rubli è completa. Secondo Politico, allora, affinché il “trucco” della Commissione possa funzionare, la Russia dovrebbe “accettare di stare al gioco”: il decreto prevede del resto delle esenzioni, volutamente vaghe.

Tuttavia, anche se la Russia non può fare a meno del mercato europeo – vista l’impossibilità di sostituirlo immediatamente con uno nuovo, magari in Asia -, il Cremlino non sembra voler collaborare. Sia la Polonia che la Bulgaria hanno detto di aver effettuato pagamenti in tempo per il gas, ma non in rubli (giudicano la richiesta una violazione dei termini contrattuali), e le forniture sono state interrotte lo stesso.

Né Varsavia né Sofia, comunque, rischiano la crisi energetica: non utilizzano il gas per generare elettricità e dispongono di fornitori alternativi; non a caso, avevano già detto di non voler rinnovare i contratti con Gazprom, in scadenza nel 2022.

L’Italia o la Germania, invece, sono molto più vulnerabili a un’interruzione dei flussi dalla Russia.

LE POSIZIONI DI AUSTRIA E GERMANIA

L’Austria ha fatto sapere che la società gasifera OMV continuerà a pagare il gas russo in euro, come previsto dai contratti. Anche la Germania ha detto alle sue aziende di seguire le linee guida della Commissione, cioè di effettuare pagamenti in euro o dollari nel conto presso Gazprombank e dichiarare conclusa la transazione.

COSA DICE DI MAIO, MENTRE ENI TACE

Eni non ha rilasciato commenti a POLITICO sulla situazione. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha dichiarato che “la richiesta russa di pagare il gas in rubli è una violazione del contratto” e che “i nostri contratti prevedono il pagamento in euro e noi vogliamo pagare in euro”.

La data ultima per il prossimo pagamento per il gas, scrive Al Jazeera, è il 20 maggio.

Back To Top