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Hub del gas in Italia? Cosa pensano Eni, Snam e Terna

Da anni Eni, Snam e Terna insistono sulle possibilità per l'Italia di diventare un hub del gas e dell'energia elettrica. Il governo Meloni ha ripreso quest'ambizione, già di Draghi. Ma è un progetto realizzabile?

 

Dalla visita della presidente del Consiglio Giorgia Meloni in Algeria, e poi da quella in Libia lo scorso fine settimana, si sta parlando molto della possibilità di trasformare l’Italia in un “hub del gas”: vale a dire in un polo per la distribuzione verso l’Europa settentrionale – dove si trovano i paesi maggiormente energivori – del combustibile precedentemente importato sulla nostra penisola dal Nordafrica e dal Mediterraneo orientale.

In altre parole, stando a questa visione, l’Italia si ritroverebbe a svolgere un ruolo di intermediario tra i paesi produttori di gas e quelli consumatori, accrescendo la sua rilevanza politica sia nell’Unione europea che nella più ampia regione mediterranea.

IL “PIANO MATTEI”

Trasformare l’Italia in un hub del gas è, assieme alla salvaguardia della sicurezza energetica nazionale dopo il distacco dalla Russia, lo scopo del cosiddetto “piano Mattei” del governo Meloni. Un piano che ha il suo perno in Algeria – che nel 2022 è stata la prima fornitrice di gas all’Italia, sostituendosi alla Russia -, ma che va oltre: tocca altri paesi sia africani come l’Egitto e la Libia, sia mediterranei come Israele, sia caucasici come l’Azerbaigian. E che non si limita al gas fossile, ma guarda in prospettiva anche all’elettricità e all’idrogeno ottenuti da fonti rinnovabili.

MELONI COME DRAGHI

L’ambizione di rendere l’Italia un hub del gas rilevante a livello europeo non è esclusiva del governo Meloni: la posizione del precedente esecutivo di Mario Draghi era suppergiù la stessa.

Intervenuto al Parlamento europeo il 3 maggio 2022, infatti, Draghi disse che “l’Europa ha davanti un profondo riorientamento geopolitico destinato a spostare sempre di più il suo asse strategico verso il sud”, e che la “riduzione delle importazioni di combustibili fossili dalla Russia rende inevitabile che l’Europa guardi verso il Mediterraneo per soddisfare le proprie esigenze […]. I paesi del Sud Europa, e l’Italia in particolare, sono collocati in modo strategico per raccogliere questa produzione energetica e fare da ponte verso i paesi del nord. La nostra centralità di domani passa dagli investimenti che sapremo fare oggi”.

LE PAROLE DI ENI, SNAM E TERNA

L’idea è addirittura precedente. Già nel 2019, durante un’audizione parlamentare, i rappresentanti di Eni sostenevano che “l’Italia, grazie alla sua posizione strategica e alle infrastrutture, può assumere un ruolo europeo come hub del gas”.

Snam, la società che gestisce la rete italiana dei gasdotti, ripete questo concetto da tempo, declinandolo al futuro: al trasporto di idrogeno verde, cioè, un combustibile ricavabile dalle fonti rinnovabili che non emette anidride carbonica quando viene bruciato. L’ex-amministratore delegato Marco Alverà ha dedicato all’idrogeno e al suo ruolo nella transizione ecologica un libro per Mondadori, intitolato Rivoluzione idrogeno. La piccola molecola che può salvare il mondo.

Secondo Snam, l’Italia potrebbe importare idrogeno verde dal Nordafrica a un prezzo del 14 per cento più basso rispetto a quello della produzione domestica, sfruttando le condotte esistenti (opportunamente modificate). Dal sud Italia, poi, l’idrogeno verrebbe trasportato nel nord della penisola, dove la domanda energetica è più alta per via della maggiore presenza di industrie, e poi nel resto d’Europa.

Terna, l’operatore che gestisce la rete italiana di trasmissione dell’energia elettrica, vede invece per l’Italia un ruolo da “hub elettrico”. Nel commentare il finanziamento dell’Unione europea a un progetto di interconnessione con la Tunisia, dichiarò che l’opera “consentirà al[l’Italia, ndr], in virtù della sua posizione geografica strategica, di rafforzare il ruolo di hub elettrico in Europa e nell’area mediterranea, diventando protagonista a livello internazionale”.

L’ITALIA PUÒ ESSERE DAVVERO UN HUB DEL GAS?

Diversi analisti che si occupano di energia pensano che il “piano Mattei” sia poco più che un contenitore vuoto, perché presterebbe più attenzione agli slogan che alle infrastrutture fisiche necessarie alla realizzazione di un hub del gas in Italia.

Come ricorda Marco Giuli, ricercatore della Brussels School of Governance e consigliere dello IAI, nessuno dei progetti utili all’hub – l’espansione del TAP dall’Azerbaigian, l’EastMed-Poseidon dal Mediterraneo orientale, i rigassificatori al sud Italia, il nuovo gasdotto per l’idrogeno di Eni con l’Algeria – ha ricevuto una decisione finale di investimento.

Gli analisti più attenti agli affari internazionali, invece, credono che il “piano Mattei” non vada giudicato per l’attenzione ai contenuti concreti, quanto per la sua funzione di visione strategica, che punta a dare all’Italia prima di tutto una narrazione di politica estera.

I COSTI

Il “piano Mattei” è impossibile senza una spesa nelle infrastrutture di trasporto dell’energia: questi investimenti andranno valutati tenendo conto del loro rapporto costi/benefici e dei futuri livelli della domanda di gas naturale (e di idrogeno verde, più in là, per il quale non esiste ancora un mercato definito). Come si legge su lavoce.info, “la costruzione di gasdotti richiede investimenti enormi che possono essere ammortizzati solo mediante trasporto pluriennale di enormi quantità di gas”.

Quanto alle infrastrutture gasifere che collegano l’Italia all’estero, l’articolo de lavoce.info spiega che “in entrata dal Nord Africa il sistema principale è il TransMed che collega l’Algeria all’Italia ed ha una capacità massima di 30 miliardi di metri cubi annui (Billion Cubic Meters – Bcm). Il secondo sistema è il Green Stream che collega la Libia all’Italia ed è caratterizzato da una capacità di 8 Bcm. Il gas dell’Azerbaijan arriva in Italia tramite Trans Adriatic Pipeline (Tap) ed ha una capacità di 10 Bcm annui. Nel 2021, l’autorità italiana Arera ne ha approvato l’espansione comunemente stimata in ulteriori 10 Bcm e dovrebbe essere completata entro il 2026. Al contrario, l’espansione del TransMed e/o del Greenstream è incerta se non improbabile, vista l’assenza di ulteriori riserve certificate che possano giustificare economicamente l’ingente investimento necessario a potenziare la rete di gasdotti”.

LA CONCORRENZA IN EUROPA: SPAGNA E MARE DEL NORD

L’Italia possiede effettivamente una posizione geografica favorevole, a metà tra i centri di produzione dell’energia (il Nordafrica e il Mediterraneo orientale) e quelli di consumo (l’Europa centro-settentrionale). Ma per imporsi come hub energetico dovrebbe vincere la concorrenza con le altre zone d’Europa che ambiscono allo stesso ruolo. Come la penisola iberica, ad esempio: Spagna e Portogallo sono vicine al Nordafrica e sono già in possesso di un’elevata capacità di rigassificazione; hanno inoltre in programma un gasdotto sottomarino per l’idrogeno con la Francia, chiamato H2Med.

Oltre all’Italia e alla Spagna, anche l’area del mare del Nord potrebbe diventare un hub del gas per l’Europa, date le sue caratteristiche. Innanzitutto, i suoi fondali marini contengono depositi di idrocarburi – il Brent, riferimento petrolifero internazionale, si riferisce al greggio estratto qui – e formazioni utili allo stoccaggio dell’anidride carbonica “catturata” dagli stabilimenti industriali. Poi, rispetto alle penisole italiana e iberica, il mare del Nord è vicino alle nazioni europee energivore (vi si affacciano Germania, Belgio, Danimarca, Paesi Bassi, Norvegia e Regno Unito) e potrebbe pertanto garantire costi di trasporto inferiori. La regione, inoltre, si sta dotando in tempi rapidi di tanti nuovi rigassificatori.

In ultimo, il mare del Nord potrebbe evolvere in un polo energetico non solo fossile: l’elevato potenziale eolico dell’area permette una generazione abbondante e a basso costo di elettricità rinnovabile e di idrogeno verde.

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