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Rinnovabili

Ecco le aziende cinesi di turbine eoliche sotto indagine Ue

La Commissione europea ha aperto un'indagine anti-sussidi sulle aziende cinesi che costruiscono turbine eoliche. Dopo le auto elettriche e i pannelli solari, Bruxelles allarga il terreno di scontro con Pechino. Ecco fatti, nomi e numeri.

Il 9 aprile scorso, pochi giorni dopo aver avviato delle indagini su due aziende cinesi produttrici di pannelli solari, la Commissione europea ha fatto partire degli accertamenti anche sulle società cinesi che realizzano turbine eoliche. La commissaria per la Concorrenza, Margrethe Vestager, ha spiegato che l’indagine serve a verificare se queste società – che partecipano alla realizzazione di parchi eolici in Europa – ricevano sussidi statali da Pechino, distorcendo la concorrenza sul mercato europeo e danneggiando l’industria domestica.

La questione non è solo commerciale ma anche politica, perché la Cina non viene più considerata una nazione “neutra” da Bruxelles bensì una concorrente economica e una rivale sistemica; di conseguenza, la leadership cinese sulle tecnologie e le filiere per l’energia pulita potrebbe comportare dei rischi per la sicurezza.

I PROGETTI EOLICI SOTTO OSSERVAZIONE

Nello specifico, l’indagine della Commissione si concentrerà sulle “condizioni per lo sviluppo di parchi eolici in Spagna, Grecia, Francia, Romania e Bulgaria”. Le due aziende solari cinesi sotto indagine erano coinvolte nei lavori per un impianto solare in Romania. A febbraio, invece, la Commissione aveva aperto un’indagine sul gruppo statale cinese CRRC, che aveva presentato un’offerta (successivamente ritirata) per la fornitura di treni alla Bulgaria alla metà del prezzo di un altro concorrente europeo.

L’UE ALLO SCONTRO CON LA CINA SULLE TECNOLOGIE PULITE

Tutte queste indagini sembrano segnalare un irrigidimento della postura dell’Europa nei confronti della Cina e delle sue pratiche commerciali, in modo da non ripetere gli errori commessi sulle tecnologie per l’energia solare: l’affidamento ai dispositivi fotovoltaici cinesi, abbondanti ed estremamente economici, ha infatti mandato in crisi l’industria solare europea, con la conseguenza che oggi meno del 3 per cento dei pannelli che vengono installati nell’Unione sono stati prodotti nel continente.

“Abbiamo visto il copione di come la Cina è arrivata a dominare l’industria dei pannelli solari”, ha detto Vestager. “Per prima cosa”, ha spiegato, Pechino attira “gli investimenti esteri nel suo grande mercato interno, di solito richiedendo joint venture” con le aziende locali. A questo punto, i cinesi passano ad acquisire la tecnologia straniera, “non sempre in modo trasparente”. Dopodiché, lo stato cinese inizia a concedere “sussidi massicci ai fornitori nazionali, chiudendo contemporaneamente e progressivamente il mercato nazionale alle imprese straniere. Infine, le aziende cinesi passano a “esportare la capacità [produttiva, ndr] in eccesso nel resto del mondo a prezzi bassi”.

La questione della grande sovraccapacità manifatturiera cinese di pannelli solari, batterie e veicoli elettrici – tutte tecnologie fondamentali per la transizione energetica – è uno dei principali punti di contrasto tra Pechino e Washington. Questo surplus, che si riversa sui mercati e demolisce la concorrenza internazionale, sta diventando sempre più un motivo di frizione anche tra Pechino e Bruxelles: già l’anno scorso, del resto, la Commissione europea aveva avviato un’indagine anti-sussidi sulle importazioni di automobili elettriche dalla Cina, insospettita dai numeri elevati e dai prezzi bassi. L’indagine dovrebbe concludersi a luglio e potrebbe portare all’imposizione di dazi commerciali.

LA VERSIONE DELLA CINA

La Cina rigetta le ricostruzioni europee e statunitensi: nega cioè che esista un problema di sovraccapacità della sua industria “verde” e sostiene che i suoi prodotti siano semplicemente migliori di quelli occidentali. Secondo Pechino, dunque, l’economicità delle sue auto elettriche, dei suoi pannelli solari e delle sue turbine eoliche non è la conseguenza degli aiuti statali, ma della capacità di innovazione delle proprie aziende.

I PRODUTTORI CINESI DI TURBINE EOLICHE SOTTO INDAGINE

Vestager non ha specificato i nomi delle aziende cinesi di turbine eoliche sotto indagine. La notizia, comunque, è stata ben accolta da WindEurope, l’associazione dei costruttori di turbine europei di cui fanno parte società come Vestas (danese), Siemens Energy (tedesca), Enercon (tedesca) e Nordex (tedesca).

Le società europee sono ad oggi le maggiori fornitrici di turbine ai parchi eolici del Vecchio continente, ma la pressione della concorrenza cinese sta aumentando. Le aziende cinesi possono infatti fare affidamento su un vasto mercato interno – la Cina è di gran lunga il primo paese al mondo per capacità eolica installata – che consente loro di sviluppare l’economia di scala e abbattere i costi di produzione. Il mercato cinese è dominato da tre aziende: Goldwind (market share del 20 per cento), Envision (19 per cento) e Windey (13 per cento).

Le turbine eoliche cinesi sono più economiche di quelle europee. Secondo Green Power Denmark, in Europa (incluso il Regno Unito) sono installate o in fase di installazione turbine eoliche cinesi per una capacità di 2,6 gigawatt. La capacità di generazione eolica dell’Unione europea ammonta a 221 GW; nel 2023 sono stati installati 16,2 GW.

I principali costruttori cinesi di turbine coinvolti nei progetti eolici europei sono Goldwind, Envision, MingYang, Shanghai Electric, Sinovel e Zhejiang Windley. Non solo attivi nei cinque paesi menzionati dalla Commissione, ma anche in Italia, Croazia e Svezia.

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