skip to Main Content

Pnrr

Tutti i progetti di Eni, Enel, Snam e Terna che finiranno (forse) nel nuovo Pnrr

Il governo Meloni sta lavorando all'aggiornamento del Pnrr alla luce di RePowerEu, il piano europeo per la transizione energetica. Ecco cosa si è detto alla cabina di regia con i vertici di Eni, Enel, Snam e Terna

“Un piano che renderà l’Italia più sostenibile da un punto di vista energetico attraverso l’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili, la diversificazione delle fonti di approvvigionamento, la riduzione dei consumi”. Sono i tre punti fondamentali della visione della Commissione europea sull’energia, elencati dalla presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni durante la riunione, ieri, della cosiddetta “cabina di regia del PNRR”.

LO SCOPO DELLA RIUNIONE

L’incontro è servito a discutere dell’aggiornamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza per inserirvi un nuovo capitolo su REPowerEU, il programma europeo per l’accelerazione della transizione ecologica.

I MINISTRI E I DIRIGENTI DI ENI, ENEL, SNAM E TERNA

Vi hanno partecipato diversi ministri – inclusi quello per gli Affari europei Raffaele Fitto, quello dell’Economia Giancarlo Giorgetti e quello dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin – e gli amministratori delegati delle principali società energetiche italiane, tutte partecipate dallo stato: Claudio Descalzi di Eni, Francesco Starace di Enel, Stefano Venier di Snam e Stefano Donnarumma di Terna.

LA SPINTA AL “PIANO MATTEI”

Il PNRR revisionato e integrato dovrà essere presentato alla Commissione europea entro il 30 aprile.

Secondo Meloni, il nuovo PNRR “consentirà all’Italia di dare un forte contributo alla realizzazione del ‘piano Mattei’ al fine di consolidare il processo di diversificazione delle forniture verso una totale eliminazione del gas russo e per far diventare l’Italia hub energetico del Mediterraneo per tutta l’Europa in un proficuo rapporto di cooperazione soprattutto con i paesi africani”.

Attraverso il “piano Mattei”, il governo punta a trasformare l’Italia in un “hub del gas”, cioè in un centro di ricezione del combustibile prodotto in Nordafrica, nel Mediterraneo orientale e nel Caucaso, e successivamente di distribuzione verso l’Europa settentrionale, dove si trovano le nazioni a maggiore consumo (la Germania, per esempio).

La visione di Meloni non si ferma inoltre alle fonti fossili, ma include in prospettiva anche l’elettricità da fonti rinnovabili e l’idrogeno verde.

– Leggi anche: Hub del gas in Italia? Cosa pensano Eni, Snam e Terna

LE RISORSE A DISPOSIZIONE PER IL NUOVO PNRR

Come spiega Repubblica, la guida della cabina di regia per l’aggiornamento del PNRR è affidata al ministro Fitto. Il governo intende includere nel piano solo i progetti energetici concretamente realizzabili entro il 2026 (REPowerEU copre fino al 2026-2027).

Quanto alle risorse – che il quotidiano definisce “la grande incognita che pende sulla portata del disegno di Meloni” -, il governo dovrebbe poter contare su 2,7 miliardi di euro a fondi perduto, più il 7,5 per cento dell’ultima parte del Fondo di coesione.

L’Italia potrebbe ottenere nuovi prestiti legati al PNRR, che hanno “prezzi più convenienti rispetto ai tassi di mercato”, scrive Repubblica, ma prevedono pur sempre un interesse da pagare.

– Leggi anche: Flop Invitalia sui fondi per rinnovabili e batterie

I PROGETTI ENERGETICI DI ENI, ENEL, SNAM E TERNA

Meloni ha chiesto ai rappresentanti di Eni, Enel, Snam e Terna di presentare “pochi, necessari e fattibili” progetti legati alla transizione energetica – dunque coerenti con gli obiettivi di REPowerEU – da inserire nel PNRR rivisitato.

Eni, nonostante lo storico focus sui combustibili fossili, ha da diversi anni integrato le energie low-carbon nelle proprie attività: sta puntando in particolare sui biocarburanti, ottenuti dai rifiuti organici, dagli scarti dell’industria agricola e zootecnica e da colture non destinate all’uso alimentare. La società ha convertito in bioraffinerie due impianti tradizionali, a Venezia e a Gela, e sta lavorando all’espansione di quest’ultima per incrementare la produzione di biocombustibile per gli aerei.

I carburanti bio hanno un’impronta carbonica complessiva inferiore a quelli fossili perché vengono ricavati da materiali di scarto, ma rilasciano ugualmente anidride carbonica quando vengono bruciati. La CO2 può però venire catturata attraverso tecnologie di cattura e sequestro (carbon capture and storage). Eni vi sta puntando molto: in Italia – ma è molto attiva anche all’estero, dentro e fuori l’Europa – sta progettando un sito per lo stoccaggio di CO2 al largo di Ravenna, dentro i giacimenti esauriti di gas nel mar Adriatico.

CCS Ravenna Hub – questo il nome del progetto, che non ha ricevuti fondi del PNRR – dovrebbe arrivare a immagazzinare 500 megaton di CO2; l’avvio della fase uno, da 25.000 ton di capacità, è previsto per il 2023.

Terna, l’operatore che gestisce la rete italiana di trasmissione dell’energia elettrica, ha invece allo studio diversi progetti di interconnessione. I più importanti sono il Tyrrhenian Link, un doppio cavo sottomarino che collegherà la Sicilia con la Sardegna e la penisola, e una seconda infrastruttura tra l’Italia e il Montenegro.

Snam, la società che gestisce la rete italiana dei gasdotti, vorrebbe potenziare, raddoppiandola, la capacità di Linea Adriatica, il gasdotto che percorre la costa adriatica, in modo da permettere un aumento delle importazioni di combustibile dal Nordafrica: serviranno almeno quattro anni di lavori, secondo Venier. L’anno scorso l’Algeria, per effetto del distacco dalla Russia, è stata la prima fornitrice di gas dell’Italia; nel 2023 dovrebbe veder crescere ulteriormente la sua importanza.

Enel, infine, vorrebbe realizzare un nuovo rigassificatore per l’importazione di gas liquefatto (GNL) a Porto Empedocle, in Sicilia, osteggiato però dalle autorità locali. Il rigassificatore sarebbe in grado di trattare circa 8 miliardi di metri cubi di GNL all’anno, su un consumo totale di gas di circa 68 miliardi di metri cubi (dato 2022).

Back To Top