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Berlino

Perché una raffineria fa litigare Germania e Polonia

La Polonia si oppone allo scarico di greggio dalle navi di Rosneft nella raffineria PCK in Germania est. Tutti i dettagli.

Non c’è pace per la raffineria PCK di Schwedt in Brandeburgo, nella Germania orientale. Secondo informazioni raccolte dal quotidiano Business Insider, il governo polacco ha frapposto ostacoli allo scarico di greggio delle petroliere ingaggiate dalla compagnia statale russa Rosneft per rifornire gli impianti. La via polacca era una delle alternative trovate dal governo tedesco per ovviare alla fine delle forniture russe dopo l’introduzione dell’embargo Ue.

Ma Rosneft è l’azionista di maggioranza della raffineria di Schwedt, posta sotto l’amministrazione fiduciaria dell’Agenzia federale delle reti (Bundesnetzagentur) dal ministero dell’Economia di Berlino. Tuttavia la questione della proprietà resta ancora irrisolta (Shell ed Eni detengono quote di minoranza rispettivamente del  37,5% e 8,33%) e i polacchi mostrano grande resistenza ad agevolare la vita di Rosneft.

Il ministero polacco dell’Economia ha infatti confermato a Business Insider che non saranno effettuate operazioni che possono sostenere Rosneft Germania.

Un bel guaio, dal momento che l’accordo con Varsavia per l’utilizzo del porto di Danzica sembrava poter dare un po’ di ossigeno alla raffineria. Ma le cose si tirano per le lunghe, una prima fornitura avrebbe dovuto raggiungere Schwedt entro la fine di gennaio ma, come riportato da Business Insider, qualcosa si è di nuovo intoppato.

QUANTO VALE LA RAFFINERIA PCK

La PCK è una raffineria importante, la sua produzione è preziosa per i rifornimenti di carburante e riscaldamento di buona parte dei Länder della Germania orientale, della capitale Berlino e del nuovo aeroporto Willy Brandt Berlino-Brandeburgo. Dall’inizio dell’anno, in seguito all’embargo Ue contro Mosca, la raffineria non è più rifornita dal petrolio russo attraverso l’oleodotto Druzhba.

La prima opzione alternativa individuata dal governo tedesco è stata quella di attivare il porto di Rostock e di rimettere a punto i tubi che collegano questo porto tedesco sul baltico a Schwedt. Un oleodotto di circa 200 chilometri, da Rostock a Schwedt, che ha permesso alla raffineria di mantenere al 50% la propria attività una volta chiusosi il canale con la Russia. Un mese fa l’ottimismo si era diffuso fra i manager e le maestranze dell’impianto. Il direttore Ralf Schairer si era lasciato andare a toni quasi trionfalistici, definendo una “pietra miliare” il funzionamento al 50% della capacità senza petrolio russo dall’inizio dell’anno. “La raffineria funziona in modo stabile, naturalmente con una produzione inferiore, ma si tratta di una pietra miliare”, aveva detto Schairer nel corso della visita a Schwedt del ministro dell’Economia regionale del Brandeburgo Jörg Steinbach.
Poi, anche ssu questa tratta è arrivata una prima doccia fredda. Perché il ministero dell’Economia guidato dal verde Robert Habeck ha comunicato che non verrà realizzato un secondo oleodotto per trasportare il petrolio dal porto di Rostock alla raffineria PCK di Schwedt. Come alternativa verrà invece potenziato l’oleodotto già esistente. I responsabili della raffineria si sono mostrati critici rispetto a questa decisione di Habeck. Ma al suo collega del Brandeburgo non è rimasto altro che esprimere “rammarico” e chiedere “una rapida pianificazione per il potenziamento del gasdotto esistente”.

Anche la trattativa con la Polonia per l’attivazione della linea Danzica-Schwedt è andata avanti con ambiguità, fra annunci di accordi e inattese marce indietro. Varsavia ha messo subito sul tavolo la questione della proprietà della raffineria, paventando anche interesse all’acquisizione da parte di partner polacchi. Ma la questione dell’esproprio è delicata e finora la mossa di Berlino si è fermata all’amministrazione fiduciaria. Cosa che evidentemente lascia spazio ancora a tira e molla, come quello rivelato da Business Insider.

La terza alternativa a cui il governo tedesco sta lavorando è quella che arriva in Kazakistan. Anche su questo fronte gli annunci di accordi si sprecano, forse anche per tranquillizzare i lavoratori di Schwedt, che in autunno non accolsero con grande calore la visita del ministro Habeck. Le ultime notizie risalgono a un paio di settimane fa, quando il ministro dell’Energia del Kazakistan Bolat Akchulakov aveva annunciato che il suo paese fornirà 300.000 tonnellate di petrolio alla Germania nel primo trimestre del 2023 in sostituzione del petrolio russo sanzionato dall’Ue. Una consegna che ha bisogno del lasciapassare di Mosca, dal momento che le forniture dalla repubblica centro-asiatica devono utilizzare oleodotti che transitano dalla Russia. E Mosca sta guadagnando molto dalle tariffe di transito, perché l'”oro nero” viene fatto passare attraverso migliaia di chilometri di oleodotti di proprietà della compagnia statale Transneft, con sede a Mosca.

IL VIA LIBERA DEI RUSSI SULL’OLEODOTTO DRUZHBA

La settimana scorsa è arrivato il via libera dei russi all’utilizzo della parte interessata dell’oleodotto Druzhba, ma chissà che le cose non si complichino anche qui, con conseguenti ritardi. Druzhba, costruito dal 1959 al 1964, si snoda in tre sezioni dal territorio russo all’Europa occidentale. Quello interessato da questa operazione sarebbe il ramo settentrionale, che passa per la Polonia e raggiunge la raffineria PCK di Schwedt, nel Brandeburgo, in Germania orientale. E la compagnia petrolifera kazaka Kaztransoil ha reso noto che il petrolio sarà alla fine trasportato da un punto di consegna polacco alla Germania. Varsavia torna quindi in gioco.

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