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Eni Congo

Cosa c’è nell’accordo tra Eni e il Congo sul gas

Eni ha firmato un accordo con il Congo per l'aumento della produzione e l'esportazione di gas verso l'Italia. Tutti i dettagli.

 

Eni ha firmato oggi una lettera d’intenti con il Congo per l’aumento della produzione e dell’esportazione di gas naturale.

CHI C’ERA ALLA FIRMA

L’accordo è stato siglato a Brazzaville, la capitale del Congo, e porta la firma dell’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, e del ministro congolese degli Idrocarburi, Bruno Jean Richard Itoua. Erano presenti anche il ministro degli Esteri del Congo, Jean-Claude Gakosso, e i ministri italiani degli Esteri e della Transizione ecologica, rispettivamente Luigi Di Maio e Roberto Cingolani.

COSA PREVEDE L’ACCORDO CON IL CONGO

Il documento prevede – come fa sapere Eni con un comunicato – “l’accelerazione e l’aumento” della produzione di gas in Congo, innanzitutto tramite un progetto sul gas liquefatto (GNL) che dovrebbe entrare in funzione nel 2023 con una capacità superiore alle 3 milioni di tonnellate di gas all’anno (oltre 4,5 miliardi di metri cubi). Il gas prodotto in eccesso rispetto alla fabbisogno interno congolese verrà destinato all’esportazione, in forma liquefatta.

RINNOVABILI E NON SOLO

Oltre al gas, Eni e la Repubblica del Congo si sono accordate sulla produzione di energia da fonti rinnovabili, sullo sviluppo di una filiera agricola per la produzione di materie prime per la bioraffinazione e sull’impiego di sistemi di cattura e stoccaggio della CO2.

COSA FA ENI IN CONGO

Eni è presente in Congo dal 1968 e nel 2020 ha prodotto qui 18 milioni di barili di petrolio e condensati e 1,4 miliardi di metri cubi di gas. Fornisce gas alla CEC, la società elettrica posseduta per l’80 per cento dal governo congolese e per il 20 per cento da Eni che soddisfa il 70 per cento del fabbisogno nazionale di elettricità.

L’ACCORDO CON L’ANGOLA

Subito prima di quello con il Congo, Eni ha stretto un accordo sul potenziamento della produzione e dell’esportazione di gas verso l’Italia anche con l’Angola, oltre a diverse iniziative legate alla transizione energetica.

In Angola Eni partecipa con una quota del 13,6 per cento al consorzio Angola LNG, che gestisce un impianto di liquefazione presso la città di Soyo: ha una capacità di 5,2 milioni di tonnellate di gas liquefatto all’anno. Nel 2020 la produzione in quota Eni nell’impianto è stata di circa 23mila barili di petrolio equivalente al giorno.

Stando alle fonti di Bloomberg, gli accordi in Congo e Angola dovrebbero garantire all’Italia forniture ulteriori di gas per – rispettivamente – 5 e 1,5 miliardi di metri cubi di gas all’anno.

COSA DICONO DI MAIO E CINGOLANI

Facendo leva sulla presenza di Eni in molti paesi del continente, l’Italia sta puntando parecchio sulle importazioni di gas dall’Africa – Algeria, Egitto, Congo, Angola e prossimamente Mozambico – per sostituire entro il 2023 la metà del combustibile acquistato dalla Russia: attualmente Mosca è il fornitore principale sia dell’Italia che dell’Unione europea, con una quota del 40 per cento circa.

“Con l’aggressione della Russia [all’Ucraina, ndr] abbiamo l’esigenza di diversificare le nostre fonti di approvvigionamento”: si tratta, ha detto Di Maio, di “un obiettivo prioritario per il nostro governo”.

In un’intervista a La Stampa, Cingolani ha dichiarato che “secondo me, a breve dovremmo interrompere per una questione anche etica la fornitura di gas dalla Russia”, visto che la vendita degli idrocarburi all’estero rappresenta la principale fonte di entrate del Cremlino. A detta del ministro, “entro il secondo semestre dell’anno prossimo potremo cominciare veramente ad avere una quasi totale indipendenza”, dall’energia russa. “Prevediamo di arrivare a circa due terzi di quello che ci serve già nelle prossime settimane”.

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