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Eni

Perché sul gas Eni spera nel Qatar

L'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, pensa che i prezzi dell'energia resteranno alti a causa della carenza di offerta, ma guarda al Qatar con speranza. Ecco perché.

Ci salverà il Qatar col gas?

Secondo l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, i prezzi dell’energia continueranno a rimanere alti a causa del divario tra i volumi della domanda e quelli dell’offerta. E anche se pensa che non si manterranno sui livelli attuali “che sono estremamente alti” – solo in Europa quelli del gas sono cresciuti di oltre il 400 per cento, mentre quelli dell’elettricità all’ingrosso del 200 per cento -, è effettivamente possibile che uno scenario di carenza di combustibili fossili diventi la nuova normalità, e non una crisi transitoria.

COSA SCRIVE L’ECONOMIST

Oltre al gas naturale, è infatti aumentato molto anche il prezzo del petrolio (il Brent è a 84 dollari al barile) e del carbone (l’impatto è forte soprattutto in Cina e India). Le cause sono tante, ma alla base c’è sempre uno squilibrio tra la richiesta di queste fonti energetiche e la loro disponibilità sul mercato.

L’Economist pensa che l’età dell’abbondanza dei combustibili fossili sia finita: c’entra la pressione alla decarbonizzazione – parecchi governi si sono dati l’obiettivo di ridurre drasticamente le proprie emissioni di gas serra -, la diffusione delle fonti rinnovabili e la carenza degli investimenti nel greggio, nel gas e nel carbone. La transizione energetica non è l’unico fattore. Il settimanale spiega bene che dopo una fase di “bonanza” estrattiva e di forte aumento della produzione, gli investitori hanno iniziato a pretendere dalle società energetiche maggiore disciplina fiscale e più attenzione alla ripartizione dei dividendi, piuttosto che al prelievo di risorse dal sottosuolo: lo si è notato soprattutto nelle compagnie statunitensi di petrolio shale, che hanno accusato molto la crisi pandemica e hanno perciò adottato un approccio di business più razionale.

LE STIME SUGLI INVESTIMENTI

Secondo le stime di Trafigura, gli investimenti nel petrolio sono passati dai 750 miliardi del 2014 ai circa 350 del 2021. L’Economist scrive che l’anno scorso si è evitata una crisi dell’offerta solo perché la pandemia ha abbattuto i consumi, ma era solo questione di tempo prima che il problema venisse alla luce.

COSA HA DETTO DESCALZI SUL PETROLIO

Le cifre di Trafigura sono state citate ieri anche da Descalzi, a margine della cerimonia di premiazione dei vincitori dell’Eni Award al Quirinale.

Parlando della situazione del mercato petrolifero, l’amministratore delegato di Eni ha detto che “la domanda annuale [di greggio] è ormai vicina ai 98-99 milioni di barili al giorno e l’offerta è più bassa, pari a circa 95-96 milioni. La domanda è destinata a salire ancora di più. E anche se l’OPEC potrebbe liberare tutta la produzione che ha ancora bloccato, ci sarà ancora dal punto di vista fisico un gap fra offerta e domanda”.

COME VA IL GAS

I minori flussi di investimento nel petrolio si ripercuotono sull’output di gas, che è spesso un sottoprodotto dell’estrazione del greggio. Mancano anche i terminal per il trasporto marittimo del gas naturale liquefatto (GNL) dai luoghi in cui c’è relativa abbondanza di materia prima, come gli Stati Uniti, ai luoghi della domanda, cioè l’Asia e l’Europa. Visti i tempi lunghi necessari alla costruzione delle strutture, in America – scrive l’Economist – la carenza di terminal per il GNL durerà almeno fino al 2025.

IL PARERE DI DESCALZI

“Non vedo grossi investimenti né grosse produzioni” di gas, ha detto Descalzi. Le risorse – quelle più facilmente accessibili all’Italia per la prossimità geografica – sono “in Nordafrica però ci vogliono gli investimenti, così come nell’Africa sub-sahariana” e in Russia.

Descalzi prevede che “i grossi quantitativi di gas arriveranno quando il Qatar finalizzerà la prima fase” del suo progetto sul GNL, “mi sembra 34-35 milioni di tonnellate all’anno. In quel momento – non so: 2026, 2027, 2028 -, allora ci sarà l’ingresso di nuovi volumi, che è l’unico modo per calmierare il prezzo”.

COSA FA ENI CON IL QATAR SUL GAS

Come rivelato da Reuters lo scorso giugno e confermato dall’azienda, Eni ha richiesto di partecipare al grande progetto del Qatar sull’aumento dell’output di GNL (ne è già il maggiore produttore al mondo, incalzato dall’Australia). Il piano, da quasi 30 miliardi di dollari, prevede l’espansione del giacimento North Field. Il Qatar non ricerca tanto l’accesso al know-how tecnico straniero, quanto dei partner che lo aiutino a vendere il GNL prodotto.

Tra le compagnie petrolifere già attive nel paese ci sono ExxonMobil, Shell, TotalEnergies e ConocoPhilipps; oltre a Eni, l’altra new entry è l’americana Chevron.

Il Qatar punta ad aumentare i suoi livelli produttivi di GNL del 40 per cento entro il 2026, arrivando a 110 milioni di tonnellate all’anno. Secondo gli analisti, la domanda di GNL crescerà del 3-5 per cento all’anno tra il 2021 e il 2025: il gas naturale è un combustibile fossile e in quanto tale rilascia gas serra, ma è meno inquinante del carbone e per questo può essere utilizzato per sostituire con facilità le fonti energetiche più inquinanti.

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