L’Italia ha bisogno dell’Africa per garantirsi l’energia e per ridurre l’esposizione a nuove e disordinate ondate migratorie. È il succo dell’intervento di Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, ad Atreju, l’evento politico di Fratelli d’Italia conclusosi domenica.
IL DIBATTITO AD ATREJU
Durante il dibattito Roma al centro del Mediterraneo: quale ruolo geopolitico per l’Italia – al quale hanno partecipato anche il ministro della Difesa Guido Crosetto, il presidente della Camera Lorenzo Fontana, il presidente della commissione Esteri del Senato Giulio Tremonti e il direttore di Libero Mario Sechi -, Descalzi ha detto che “abbiamo bisogno dell’Africa per il fatto che siamo un grande mercato senza energia”; il continente africano, invece, possiede tanta energia “che però non riesce a sfruttare”: non solo ricchi giacimenti di combustibili fossili, ma anche potenziale elevato di generazione rinnovabile.
Questa contrapposizione tra un’Europa povera e un’Africa colma di energia non è nuova: Descalzi l’aveva presentata anche al Financial Times in un’intervista di inizio anno: “noi non abbiamo energia, loro ce l’hanno. Noi abbiamo un grande sistema industriale, loro lo stanno sviluppando. C’è una grande complementarità”.
COSA HA DETTO DESCALZI SUL FUTURO DI AFRICA, EUROPA E ITALIA
Come riportato dall’Agi, agenzia di stampa controllata dall’Eni di cui Sechi è stato direttore (è stato anche capo dell’ufficio stampa della presidenza del Consiglio, prima di tornare al giornalismo con la direzione del quotidino Libero), ad Atreju Descalzi ha ricordato alcune previsioni sulla crescita demografica dell’Africa, che dagli attuali 1,2 miliardi di persone dovrebbe arrivare a 1,8 miliardi nel 2030. Il continente ancora soffre di problemi occupazionali e di mancato accesso all’energia. Ha precisato che “non possiamo fare della carità”, ma “se vogliamo che un miliardo e ottocentomila persone trovino una collocazione e non scappino dall’Africa [bisognerà] creare sviluppo”.
Descalzi ha paragonato il mercato europeo a quello americano, ricordando come in Europa il prezzo dell’elettricità sia sei volte superiore e come la tassa sulle emissioni (“circa 90-100 euro a tonnellata di CO2”) stia affaticando la produzione industriale. “Diventa per noi un fatto esistenziale”, ha aggiunto, “andare a investire in Africa in un modo diverso. Finora gli investimenti non sono riusciti a portare un ciclo virtuoso e continuo”.
Questo nuovo approccio italiano agli investimenti teorizzato da Descalzi dovrà essere “organizzato, strutturalmente fattibile” e deve garantire “continuità”. “Se gli africani non trovano una soluzione a casa loro, noi siamo il paese più esposto” ai flussi migratori. “Dobbiamo quindi aiutarci da soli a risolvere il problema che ha una doppia faccia, una delle quali è la continuità energetica di cui abbiamo assolutamente bisogno”.
DESCALZI LODA IL GOVERNO MELONI PER IL PIANO MATTEI?
Le dichiarazioni di Descalzi paiono esprimere soddisfazione per il cosiddetto “Piano Mattei”, ovvero il progetto di collaborazione con l’Africa e il Mediterraneo elaborato dal governo di Giorgia Meloni. Uno dei principali ambiti di cooperazione del piano – che si richiama peraltro al fondatore di Eni, Enrico Mattei – è proprio l’energia, con l’intenzione di trasformare l’Italia in un hub, o snodo, del gas tra la regione mediterranea e l’Europa del nord.
Il Piano Mattei si prefigge però anche di migliorare il coordinamento politico con i governi africani, di rafforzare la gestione delle migrazioni e il contrasto del terrorismo, di promuovere lo sviluppo economico. La presidente Meloni ha dichiarato recentemente che l’Italia “sta lavorando con grande determinazione per costruire partenariati reciprocamente vantaggiosi” con i paesi africani. Non è ancora chiaro, tuttavia, quali siano le iniziative concrete del Piano Mattei.
Eni è molto presente in Africa, specialmente in Algeria, Libia ed Egitto. Secondo l’azienda, nei prossimi anni questi tre paesi nordafricani saranno i principali venditori di gas naturale all’Italia, che prima della guerra in Ucraina era pesantemente dipendente dalla Russia.
E SUI BIOCARBURANTI?
Oltre che per l’attenzione all’Africa, Descalzi ha lodato il governo Meloni anche per la difesa dei biocarburanti: si tratta di combustibili equivalenti a quelli fossili ma ottenuti da materie prime organiche (oli vegetali esausti, grassi animali); pur contenendo CO2 e dunque rilasciandola quando vengono bruciati, hanno un’impronta carbonica inferiore rispetto ai derivati del petrolio.
L’amministratore di Eni ha detto che nell’accordo della COP28, la conferenza sul clima di Dubai, sono stati inclusi i biocarburanti tra le fonti utili alla transizione energetica “su richiesta del governo italiano”. La mobilità elettrica “ci vuole”, ha aggiunto Descalzi, ma “non può soddisfare tutti i bisogni”: i biocarburanti, ad esempio, possono decarbonizzare l’industria dell’aviazione, mentre le batterie sono troppo pesanti per l’utilizzo negli aerei.
In Italia, Eni possiede delle bioraffinerie a Porto Marghera e a Gela, per una capacità annua di 1,1 milioni di tonnellate. La società intende portarla a 3 milioni di tonnellate entro il 2025 e poi a 5 milioni entro il 2030.