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Eni

Chi sono i ribelli houthi che hanno colpito la nave legata a Eni

I ribelli houthi hanno colpito una nave che trasportava materie prime per le bioraffinerie di Eni in Italia. Ecco cosa sappiamo sull'attacco e sugli obiettivi degli houthi (appoggiati dall'Iran).

I ribelli sciiti houthi, con base nello Yemen e appoggiati dall’Iran, hanno rivendicato l’attacco alla Strinda, nave cisterna battente bandiera norvegese ma diretta in Italia. L’imbarcazione, infatti, stava trasportando un carico di 15.000 tonnellate di oli vegetali destinati alle bioraffinerie italiane di Eni: questi impianti, situati a Porto Marghera e a Gela, producono biocarburanti da materia prima organica.

COSA HA DETTO ENI

L’agenzia Nova scrive che “Eni sta monitorando le operazioni di messa in sicurezza della nave e del carico condotte dall’armatore, in coordinamento con le autorità internazionali coinvolte”.

Nel 2022 Eni possedeva in Italia una capacità annua di bioraffinazione di 1,1 milioni di tonnellate; intende portarla a 3 milioni di tonnellate entro il 2025 e poi a 5 milioni entro il 2030.

COSA SAPPIAMO DELL’ATTACCO DEGLI HOUTHI

L’attacco, rivendicato dagli houthi, appare una ritorsione contro Israele per la guerra nella Striscia di Gaza, iniziata a sua volta dopo l’attentato terroristico di Hamas del 7 ottobre.

La nave Strinda è stata colpita da un missile da crociera nella notte dell’11 novembre (e ha preso fuoco, poi domato) mentre attraversava lo stretto di Bab el-Mandeb, un importante punto di passaggio del commercio marittimo che congiunge l’oceano Indiano al mar Rosso: a un lato dello stretto c’è lo Yemen, all’altro il Gibuti.

Nessuno dei ventidue membri dell’equipaggio – tutti cittadini indiani – è rimasto ferito.

LA DICHIARAZIONE DELL’ARMATORE NORVEGESE

J. Ludwig Mowinckels Rederi, la compagnia di navigazione norvegese proprietaria della nave, ha fatto sapere che la Strinda era partita dal porto di Tanjung Langsat, in Malaysia, ed era diretta in Italia. Secondo il quotidianoTimes of Israel, avrebbe dovuto attraccare al porto israeliano di Ashdod all’inizio del 2024.

CHI SONO GLI HOUTHI

Quello alla Strinda non è il primo attacco effettuato dagli houthi alle navi passanti per lo stretto di Bab el-Mandeb e per il mar Rosso in queste ultime settimane: gli episodi, al contrario, sono frequenti e rientrano in una tattica di indebolimento di Israele. Non tutte le navi assaltate, però – è il caso non solo della Strinda ma anche della Number 9 e della Unity Explorer, colpite di recente -, hanno legami con Israele: la Strinda batte bandiera della Norvegia, la Number 9 batte di Panama e la Unity Explorer delle Bahamas.

Stando agli houthi, questi attacchi proseguiranno e rappresentano una ritorsione contro Israele, impegnato nella guerra ad Hamas.

Come Hamas a Gaza e come Hezbollah in Libano, anche gli houthi in Libano sono appoggiati dall’Iran, pur non essendone dei sottoposti diretti. Con l’Iran condividono l’ideologia sciita, la rivalità con l’Arabia Saudita (che sostiene il governo yemenita, nemico degli houthi) e l’ostilità verso Israele.

L’ANALISI DELL’ISPI

“Gli houthi”, si legge in un’analisi dell’ISPI dello scorso luglio, “controllano ancora gran parte del nord-ovest del paese [lo Yemen, ndr] e sono in grado di attaccare su diversi fronti, compresa la roccaforte governativa di Marib. Il movimento-milizia del nord era un’insorgenza locale che praticava la guerriglia, oggi è un attore armato, politico ed economico che si muove nell’orbita dell’Iran ma non prende ordini da Teheran, un attore che assembla droni sul proprio territorio ed è capace di colpire i paesi limitrofi”.

“Oltre al mancato export petrolifero” attraverso il blocco delle operazioni, “gli houthi stanno utilizzando anche altri due strumenti di guerra economica contro il governo riconosciuto: le tasse doganali e l’importazione del gas per il consumo interno. Infatti, gli houthi hanno vietato ai commercianti locali di importare beni attraverso il porto di Aden, controllato dai secessionisti del Consiglio di transizione del sud (Stc, formalmente parte del governo riconosciuto), re-indirizzando le attività verso il porto di Hodeida sul Mar Rosso sotto il loro controllo. Una mossa che consente agli houthi di riscuotere direttamente le tasse doganali”.

“Dal maggio 2022”, prosegue l’ISPI, “gli houthi hanno poi smesso di comprare dal governo il gas per i consumi interni (in primis quelli delle famiglie), sostituendolo con il più costoso gas importato attraverso il porto di Hodeida. Pertanto, l’economia del ‘quasi-stato’ degli houthi si configura sempre più come un ibrido tra fonti finanziarie legali (tasse, zakat, ovvero l’elemosina che è uno dei cinque pilastri dell’Islam), tasse sulle attività economiche (come il khums, cioè il 20% sui ricavi che va direttamente alla famiglia al Houthi e alla leadership del movimento) e illegali (contrabbando di petrolio e benzina)”.

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