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Recovery Fund

Cosa faranno Eni, Enel e Snam con i soldi del Recovery Fund

Ecco proposte e progetti di Eni ed Enel per utilizzare le risorse del Recovery Fund. Anche Snam scalda i motori sull'idrogeno. Tutti i dettagli

Più rinnovabili, più idrogeno e meno Co2. La strada per la ripresa post Covid è segnata dalla sostenibilità secondo le proposte per il Recovery Plan sviluppate dal ministero dello Sviluppo economico ed inviate a Palazzo Chigi.

Sostenibilità, quella proposta dal dicastero, che non può prescindere da quanto faranno Enel, Eni e Snam in Italia, dai loro investimenti in tecnologie innovative e dai progetti per lo sviluppo delle risorse green. Ed è per questo che il governo ha chiamato a corte le aziende italiane, chiedendo loro come dovrebbero essere speri i fondi europei. O meglio, come Enel ed Eni (ma anche Snam a guardare le proposte del Mise) sarebbero pronte a spendere i soldi in arrivo del Recovery Fund.

Ecco tutti i dettagli

ENEL SCOMMETTE SULLE RINNOVABILI

Nel futuro energetico di Enel ci sono più energie rinnovabili. Ed in particolare c’è più eolico e (molto) più fotovoltaico. L’azienda, che ha il 23% della capacità di produzione italiana, e che nel 2019 ha prodotto il 52% di elettricità da forti rinnovabili ed il 48% da termico, propone che “ l’eolico in termini di capacità installata” debba “raddoppiare”. “Dobbiamo installare nuovi 10000 megawatt di pale eoliche in Italia”, ha spiegato in audizione alla Camera Carlo Tamburi, direttore Italia di Enel e amministratore delegato e presidente di Enel Italia (qui le slides dell’audizione tenuta alla Camera).

“E molto di più dev’essere fatto per il fotovoltaico” ha aggiunto Tamburi, che ha sottolineato al Governo la necessità che le autorizzazioni per i nuovi impianti arrivino in “tempi rapidi o comunque in qualche modo facilitate rispetto a quelle che erano le norme precedenti”.

I PIANI DI ENEL SUL PHASE OUT DAL CARBONE

Piani già avviati, nell’ambito del proprio piano industriale (Enel investe 3 miliardi di euro l’anno), anche sul fronte del carbone.

“Enel chiuderà tutti i suoi impianti a carbone in Italia entro il 2025”, spingendo ed investendo sul fronte delle energie rinnovabili, ha detto Tamburi. Il direttore Italia di Enel ha poi rimarcato il fatto che “è importante avere le autorizzazioni relative alle chiusure entro il 2021″ in tempi rapidi. L’azienda è pronta a chiudere già dal 1 gennaio Brindisi 2, e “ha chiesto le autorizzazioni per la chiusura di Fusina e La Spezia”.

Chiudere le centrali a carbone è possibile e “la sostituzione, per garantire l’adeguatezza e la resilienza del sistema elettrico si può fare con un mix di rinnovabili e nuovi impianti a gas, però è molto importante che si possano avere le autorizzazioni entro la metà del 2021. Le reti di distribuzione devono consentire l’efficienza e la resilienza del sistema, facendo in modo che i nuovi impianti rinnovabili, i 30mila megawatt in più che dovranno esser messi in esercizio, possano essere collegati alla rete senza alcun problema”, ha detto Tamburi.

LE 10 PROPOSTE DI ENEL

Più in generale, sono 10 le proposte che arrivano da Enel per utilizzare il denaro del Recovery Fund.

“I soldi del Eecovery Fund rappresentano fondi di natura nuova” spiega Tamburi, sottolineando il fatto che si tratta di denaro che Enel spenderebbe al di fuori di quanto già programmato nel piano industriale dell’azienda.

“Abbiamo proposto al Governo 10 progetti. Ci sono temi generici, come l’accelerazione delle rinnovabili, il favorire il riutilizzo degli impianti esistenti” e progetti più specifici, ha detto Tamburi.

proposte enel recovery fund

I PROGETTI (AMBIZIOSI) PER TARANTO

Tra questi due spiccano in particolare: l’aumento delle dimensioni di produzione dell’impianto fotovoltaico in provincia di Catania, che passerebbe da 200 a 2000 megawatt, e l’utilizzo delle fonti rinnovabili per produrre idrogeno per alimentare almeno una parte del fabbisogno dell’ex Ilva di Taranto.

PIU’ MOBILITA’ SOSTENIBILE

Tra le proposte non manca la parte relativa alla mobilità sostenibile, in cui Enel ha sempre creduto. L’azienda, in particolare, oltre ad incentivare la mobilità green su strada pensa anche al mare.

Pensiamo che “tutta la mobilità delle navi, da crociera e commerciali, possa essere totalmente elettrificata, o comunque effettuata senza utilizzare i motori ausiliari. Questo è un tema che potrebbe unirci alla Spagna e alla Grecia e fare un grande polo del Mediterraneo dei porti sostenibili”, ha detto Tamburi.

ENI E LA SFIDA TECNOLOGICA

Ascoltata dalla Commissione Bilancio alla Camera anche Eni (qui le slides della presentazione), per cui la sfida principale è quella di trovare e scoprire nuove tecnologie che possano traghettare il Paese ed il mondo intero verso un modo di vivere più sostenibile. “Su 100 tonnellate di Co2 prodotte, più di 80 devono essere eliminate con tecnologie che non abbiamo. L’energia che utilizzeremo nel 2030 e ancora di più verso il 2050 avrà fonte primarie, modalità di produzione, di stoccaggio e di trasporto che noi possiamo immaginare, ma che ancora non conosciamo”, ha sostenuto Lapo Pistelli, director Public Affairs di Eni.

L’Italia può scoprire e farsi promotrice della “strada maestra”, aggiunge Pistilli.

LO STOCCAGGIO DELLA CO2

Tre i pilastri su cui lavora il Cane a Sei Zampe. “Il primo, centrale, è il progetto di cattura, uso e stoccaggio della Co2”, ha detto Pistelli. “La cattura e lo stoccaggio della Co2 sono un elemento essenziale per la decarbonizzazione del sistema energetico mondiale, europeo e anche nostro”

Per “tenere alta l’ambizione di riduzione drastica delle emissioni di CO2 nella produzione, dobbiamo portare avanti una strategia” che possa coinvolgere i settori più energivori, perché “abbiamo comparti come acciaio, carta, chimica, raffinazione, cemento, che sono settori molto difficili da decarbonizzare e sostanzialmente sono responsabili del 25% a livello globale delle emissioni di CO2. Evidentemente è lì che va fatta la trasformazione più complicata, attraverso una serie di prodotti nuovi”,

IL CASO DI RAVENNA

Il manager ha poi citato il caso, esplicativo, di Ravenna, dove, ha detto Pistelli, “possiamo dar vita alla produzione di energia elettrica decarbonizzata e produrre idrogeno ‘blu’. L’Europa scommette molto sull’idrogeno, e attualmente in Italia l’Eni è il primo produttore e il primo consumatore, ma qua si tratta di avere l’idrogeno per una nuova finalità. Questa cosa può essere o mescolata nei tubi del gas, può essere portata con tubi dedicati a clienti finali e può essere scambiata in modo virtuale con titoli e certificazioni. Le opzioni sul tavolo sono molte, e ne discuteremo con il Governo”.

eni Ravenna

DECARBONIZZAZIONE TRASPORTI

Altro tema caro ad Eni è quello della decarbonizzazione dei trasporti, che passa attraverso lo sviluppo e l’utilizzo di carburanti più green. “Come Paese siamo già un’eccellenza per il trasporto sostenibile a gas Gnl, e stiamo lavorando su soluzioni con biocarburanti per il trasporto aereo o stradale che possano venire da fonti primarie sostenibili non fossili. Queste riducono molto il profilo emissivo del trasporto pesante, e non richiedono di cambiare il mezzo”, ha aggiunto Pistelli.

ENI E IL FOTOVOLTAICO

Anche nei progetti del Cane a Sei Zampe è presente il settore delle rinnovabili e dell’efficienza, su sui “tanto c’è da fare”, ha spiegato Pistelli. L’azienda è a lavoro sul fotovoltaico organico, ovvero su “pellicole ‘bio’ fatte di materiali polimerici semiconduttori dove il silicio è sostituito da elementi bio-fotoattivi”.

“Il secondo progetto – aggiunge Pistelli – vogliamo dedicarlo alle isole minori di questo Paese, ed è uno strumento che sfrutta il moto ondoso per fornire energia in quantità limitate, non parliamo della Sardegna o della Sicilia, e non soltanto quando il mare è agitato. Potrebbe aiutare a liberare le isole minori dalla dipendenza da energia elettrica da gasolio. Sono progetti pronti da essere messi a terra, non futuribili. Queste tecnologie sono pronte, mature e sicure”.

IL RUOLO DI SNAM

Non ancora audita alla Camera, ma certamente coinvolta dai progetti del Governo è Snam, che negli ultimi anni si è fatta promotrice dell’idrogeno come fonte energetica rinnovabile.

Su questa fonte il Mise, nelle proposte per il Recovery Plan, scommette un miliardo di euro. Il dicastero retto da Stefano Patuanelli (M5S) propone anche la creazione di una piattaforma coordinata di ricerca e sperimentazione prototipale sulle tecnologie di produzione e stoccaggio dell’idrogeno. La piattaforma, come già spiegato da Start Magazine, dovrà essere sviluppata da Enea (grazie all’aumento del fondo esistente al Mise) in collaborazione con Università, enti di ricerca ed imprese che stanno già sviluppando progetti sperimentali a idrogeno.

Con grande probabilità tra imprese di cui parla il Mise c’è Snam che è a lavoro per supportare la crescita della filiera italiana attraverso lo sviluppo di tecnologie per favorirne l’impiego in molteplici settori, dall’industria ai trasporti.

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