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Usa, Africa, Qatar e Iran aiuteranno l’Italia a sostituire il gas russo. Report Copasir

Tutte le raccomandazioni del Copasir sulla sicurezza energetica italiana nella relazione sulle conseguenze della guerra in Ucraina.

 

Il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) ha pubblicato oggi la Relazione sulle conseguenze del conflitto tra Russia e Ucraina nell’ambito della sicurezza energetica.

Nel documento approvato (relatori il senatore Paolo Arrigoni della Lega e l’onorevole Federica Dieni di M5s), si legge che l’affidamento alla Russia quale principale fornitrice di gas naturale dell’Italia (nel 2020 deteneva una quota del 43 per cento circa sul totale importato) “è coinciso con l’ascesa al potere di Putin ed è riconducibile alle scelte operate in passato da parte di differenti esecutivi in un contesto internazionale certamente diverso. In ogni caso”, prosegue il Copasir, “gli eventi drammatici di oggi denotano come quell’orientamento abbia oggettivamente sottovalutato il problema della dipendenza energetica e della diversificazione degli approvvigionamenti che si è progressivamente amplificato anche per il considerevole aumento della quota di gas russo registratosi negli anni recenti, dando luogo a uno strumento di pressione che è stato così esercitato dalla potenza russa”.

LE PRESSIONI RUSSE SULL’EUROPA

La Russia è la principale fornitrice di gas non solo dell’Italia ma, in media, dell’Unione europea, con una quota del 40 per cento circa a livello comunitario. Il Copasir scrive che è “ormai evidente da lungo tempo che la Russia sfrutti questa sua posizione per esercitare pressioni sull’UE”.

Nei mesi scorsi ad esempio, prima dell’invasione dell’Ucraina, Mosca ha volontariamente limitato i flussi di gas verso l’Europa, favorendo l’aumento dei prezzi, con l’obiettivo di indurre le autorità di regolazioni europee ad approvare rapidamente il Nord Stream 2, il gasdotto con la Germania.

QUANTO GAS PRODUCE E IMPORTA L’ITALIA

“A fronte di una marginale produzione domestica nel 2021 di 3 miliardi di metri cubi (bcm) che rappresenta il 4% dell’approvvigionamento, l’Italia ha importato 73 bcm di gas”, si legge nella relazione. Si tratta, per il 40 per cento circa, di gas proveniente dalla Russia attraverso il sistema TAG che si collega alla rete italiana a Tarvisio.

Il 29 per cento proviene dall’Algeria, attraverso la Tunisia, con l’interconnettore Transmed che approda a Mazara del Vallo. Il gas dell’Azerbaijan rappresenta il 9 per cento e arriva, attraverso il sistema TAP, a Melendugno.

Dalla Libia, poi, arriva a Gela il 4 per cento dal gas totale con l’interconnettore Greenstream. Il gas dei mari del Nord, che rappresenta il 3%, arriva a Passo Gries attraverso Germania e Svizzera, con il sistema TENP/Transitgas.

SERVE UN INTERVENTO STATALE SUL SETTORE DEL GAS?

Secondo il Copasir, “la crisi del gas [ha] posto l’accento sul fatto che le soluzioni affidate unicamente al mercato non sembrano essere né sufficienti né efficaci; in questo settore appare infatti chiaro che un intervento pubblico statale – esercita un’irrinunciabile spinta riequilibratrice per attenuare l’impatto sia sul fronte produttivo-economico sia su quello sociale, particolarmente scosso da una così intensa e rapida impennata dei prezzi dell’energia, peraltro in una fase di ripresa post-pandemica”.

I CONSIGLI AL GOVERNO

Il Comitato, presieduto da Adolfo Urso (Fratelli d’Italia), invita il governo italiano a “puntare sui propri asset, perseguendo una nuova politica energetica che si contraddistingua per rapidità di decisione: tale strategia, potrebbe comportare infatti vantaggi di medio-lungo periodo, riducendo le frizioni di una corsa al gas che registra già da ora una forte competizione, soprattutto da parte dei mercati asiatici – Cina e India fra tutti”.

Il Copasir indica quali fornitori di gas alternativi alla Russia “in primo luogo” l’Algeria, la Libia e l’Azerbaijan, “ma anche da Egitto, Qatar, Congo, Mozambico, Angola e Nigeria per quanto riguarda soprattutto il gas liquido, peraltro di produzione ENI”.

Il piano del governo italiano per sostituire il gas russo sta in effetti puntando molto sull’aumento delle forniture dall’Africa, facendo leva proprio sulla presenza di Eni in molti paesi del continente.

IL GAS LIQUEFATTO

Quanto alla possibilità di importazione di gas liquefatto (GNL) via nave, il Copasir fa notare che la capacità di rigassificazione europea (necessaria a riportare il combustibile in forma gassosa, per poterlo immettere nella rete) si concentra principalmente in Spagna, che però non è ben collegata al resto del continente.

“L’Unione Europea”, si legge nella relazione, “se vorrà disporre effettivamente delle quote di gas liquefatto provenienti dagli Stati Uniti, ma anche dal Qatar e dall’Argentina, dovrà investire nella realizzazione di nuovi impianti di rigassificazione che richiederanno almeno un paio di anni e quindi ulteriori costi da sostenere. Anche la rete dei gasdotti interni dovrà essere adeguata, essendo stata concepita soprattutto per rotte nella direttrice da Est a Ovest”, mentre in futuro potrebbe essere il contrario, perché “Portogallo, Spagna e Francia [….] si presenterebbero quali punti d’attracco naturale per navi che provengono da aree che mettono a disposizione il gas naturale liquefatto”.

DA DOVE ARRIVA IL GNL IMPORTATO DALL’ITALIA

Il 13 per cento delle importazioni italiane di gas sono costituite da gas liquefatto, “che viene immesso nella rete italiana attraverso i terminali di rigassificazione di Panigaglia, Livorno e Cavarzere”.

Il GNL proviene per il 70 per cento dal Qatar, per il 14,5 per cento dall’Algeria, per l’8 per cento dagli Stati Uniti e per il 7,5 per cento da altri paesi.

L’IRAN?

Il Copasir suggerisce, per ridurre la dipendenza energetica dalla Russia, di potenziare il commercio di gas con l’Iran: un fornitore che, tuttavia, potrebbe non rivelarsi affidabile.

Il Comitato, scrive che la guerra in Ucraina “ha fornito una nuova spinta per la ripresa degli accordi sul nucleare tra gli Stati Uniti e l’Iran che, sebbene osteggiati da Israele e da alcuni Paesi arabi [come l’Arabia Saudita, ndr], potrebbero dare luogo a nuovi equilibri nella partita energetica. L’Iran”, si legge nella relazione del Copasir, “potrebbe infatti tornare ad essere un partner di primo piano, tenuto conto dell’ampiezza dei giacimenti di gas di cui è ricco il proprio territorio. L’Italia potrebbe sfruttare le ottime relazioni commerciali con questo Paese che potrebbe costituire un ulteriore sbocco alternativo per il reperimento del gas in sostituzione di quello russo. Teheran, peraltro, ha espresso il proposito di costruire una flotta di metaniere e navi con la finalità di sviluppare una propria industria del GNL e quindi anche questa prospettiva potrebbe rappresentare un’opportunità per il mercato italiano”.

Secondo il Copasir, anche la Turchia, guidato da un presidente con tendenze autoritarie, “in una prospettiva temporale non distante, può divenire un grande hub per il gas nel bacino del Mediterraneo, accrescendo la propria influenza come alternativa al gas russo per molti Paesi europei”.

IL COMMENTO DI URSO

In un post sul suo profilo LinkedIn, il senatore Urso – presidente del Copasir – ha puntualizzato che “con riferimento al gas quale energia ponte nel processo di transizione ecologica e alla realizzazione di determinate infrastrutture per le quali imprescindibile è uno snellimento delle procedure autorizzative, l’Italia [può] candidarsi al ruolo protagonista di Hub mediterraneo e quindi europeo con l’obiettivo di raggiungere l’autonomia energetica”.

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