Skip to content

platino

Come procede il dominio della Cina all’estero nei metalli?

Nel 2023 gli investimenti all'estero della Cina nei metalli per l'industria e le tecnologie verdi potrebbero raggiungere i 17 miliardi di dollari. Pechino vuole stringere la presa sulla transizione energetica.

Nel 2023 gli investimenti della Cina in metalli e miniere all’estero dovrebbero raggiungere un valore record. Stando infatti a un rapporto dell’Università Fudan di Shanghai esaminato dal Financial Times, nella prima metà dell’anno gli investimenti sono ammontati a 10 miliardi di dollari, più dell’intero 2022. Per la fine del 2023 potrebbero dunque raggiungere i 17 miliardi, eguagliando la cifra record del 2018.

LA CINA DOMINA I METALLI PER L’ENERGIA PULITA

Gli investimenti in miniere e metalli – litio, nichel, rame, uranio, ferro, acciaio… – servono alla Cina a mantenere la propria posizione dominante sulle filiere delle tecnologie per l’energia pulita: il paese è nettamente il maggiore produttore al mondo di pannelli solari, batterie, automobili elettriche e turbine eoliche, tutti dispositivi necessari alla transizione ecologica e ad alta intensità di metalli.

LA SICUREZZA ECONOMICA

Gli investimenti servono inoltre a Pechino per garantirsi un accesso di lungo termine alle nuove materie prime critiche e rafforzare così la propria autosufficienza (e sicurezza) economica di fronte alle crescenti tensioni geopolitiche con gli Stati Uniti.

IL RUOLO DELLA BELT AND ROAD INITIATIVE

La corsa agli approvvigionamenti è incentivata dal presidente Xi Jinping e realizzata anche attraverso la Belt and Road Initiative, il programma infrastrutturale che punta sia ad espandere l’influenza internazionale della Cina, sia a garantire i flussi dei rifornimenti verso i confini nazionali. Anche nota come BRI o Nuova via della seta, la Belt and Road Initiative è stata lanciata nel 2013 da Xi e presentata come un’alternativa ai finanziamenti occidentali per i progetti infrastrutturali (strade, ferrovie, porti, aeroporti e non solo). Al programma partecipano 148 paesi (inclusa l’Italia) e contiene progetti dal valore cumulativo di 1000 miliardi di dollari.

“Nel complesso”, ha spiegato Christoph Nedopil, ricercatore all’Università Fudan, “l’impegno della Cina nella BRI sembra diventare più strategico, sia per quanto riguarda gli aspetti economici che quelli industriali: più progetti bancabili rilevanti per lo sviluppo industriale della Cina e dei paesi ospitanti”.

UN PROGETTO RIDIMENSIONATO

Negli ultimi anni la Cina ha ricevuto diverse critiche sulla gestione dei debiti contratti dai governi aderenti alla BRI e sugli episodi di corruzione legati ai progetti infrastrutturali: anche per questi motivi, il progetto è stato ridimensionato e focalizzato sulle materie prime. La contrazione dei progetti legati alla BRI, di solito portati avanti dalle società statali, si è tuttavia accompagnata a un aumento degli investimenti delle aziende private.

Oltre all’accaparramento di commodities dall’estero, la Cina sta potenziando la propria industria della raffinazione per metalli come il rame, l’alluminio, il litio e il cobalto, per rendersi ancora più autosufficiente.

Torna su