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Batterie: il Canada spende tutto per Stellantis e Volkswagen, ma dimentica i metalli

Il Canada sta offrendo sussidi multimiliardari a Volkswagen e Stellantis per la costruzione di fabbriche di batterie. Ma dimentica le materie prime, ovvero i metalli critici di cui è ricco. E così miniere e raffinerie faticano a partire.

 

Il Canada sta cercando di sfruttare la transizione energetica a suo vantaggio, facendo leva sulla vicinanza agli Stati Uniti, sul libero scambio nordamericano e sui depositi di minerali critici nel proprio sottosuolo per attirare investimenti esteri e posizionarsi come un attore fondamentale nelle nuove filiere industriali della mobilità elettrica. I vantaggi geografici, geologici e commerciali non sembrano però essere sufficienti a convincere le aziende: ci vogliono anche i sussidi, considerati i generosissimi crediti d’imposta previsti dagli Stati Uniti con l’Inflation Reduction Act.

I SUSSIDI MULTIMILIARDARI A VOLKSWAGEN E STELLANTIS

Ecco allora che il governo federale del Canada fornirà alla casa automobilistica tedesca Volkswagen un sussidio da 13 miliardi di dollari canadesi nell’arco di un decennio per la costruzione di una grossa fabbrica di batterie per i veicoli elettrici a St. Thomas, nel sud della provincia dell’Ontario. Stellantis – che l’anno scorso ha annunciato un impianto per le batterie sempre nell’Ontario, in collaborazione con la sudcoreana LG Energy Solution, per poi sospendere i lavori – potrebbe ottenere una somma ancora più grande, stando a Bloomberg, per almeno pareggiare gli incentivi statunitensi.

IL CANADA STA TRASCURANDO I MINERALI CRITICI

Secondo Giancarlo Da-Re, Matthew Funk e Rachel Ziemba, esperti di affari internazionali, non si tratta di un approccio sostenibile sul piano finanziario. Inoltre, tutti questi sussidi alle fabbriche di batterie stanno lasciando fuori “un ingrediente chiave”, hanno scritto in un articolo di opinione per il Globe and Mail, il principale quotidiano canadese: i minerali critici, ossia le materie prime delle batterie come il litio, il nichel e la grafite.

A Lac-des-Îles, in Québec, si trova ad esempio l’unico grande progetto estrattivo di grafite del Nordamerica; l’azienda che lo gestisce, Northern Graphite, vorrebbe aprire un’altra miniera nell’Ontario, ma i tanti rischi d’investimento le rendono difficile accedere ai capitali necessari.

Ottawa si è dotata di una strategia per i minerali critici per favorire lo sfruttamento di queste risorse che “possiede in abbondanza”, scrivono Da-Re, Funk e Ziemba, “ma è stata lenta a costruire miniere per l’estrazione e impianti per la lavorazione” dei materiali grezzi, un passaggio fondamentale per il loro impiego nelle batterie. Di conseguenza, il Canada “si è concentrato sul prodotto finale e sull’obiettivo ultimo [le batterie per le auto elettriche, ndr], ma ha trascurato gli ingredienti necessari e il percorso per arrivarci [i metalli estratti e raffinati, ndr]. È segno di un’attenzione che va oltre i vantaggi pubblicizzati del Canada (le sue capacità minerarie) e di una mancanza di risorse dedicate alle sfide più profonde che frenano il nostro paese”.

GLI STATI UNITI HANNO LO STESSO PROBLEMA

I tre esperti fanno poi notare come il problema non riguardi solo il Canada ma anche gli Stati Uniti, che pure possiedono giacimenti importanti di alcuni minerali cruciali per la transizione energetica (litio, terre rare, cobalto e rame, ad esempio) e che vorrebbero sfruttarli per garantirsi la sicurezza degli approvvigionamenti e distaccarsi dalla Cina, che ha una presa fortissima sulle filiere dei metalli. Anche negli Stati Uniti, insomma, ci sono stati molti più annunci di fabbriche di batterie che di miniere o di raffinerie.

I TEMPI (LUNGHISSIMI) PE LE AUTORIZZAZIONI

“Il Canada ha bisogno di una filiera completa delle batterie, dalle materie prime al prodotto finale. Ha bisogno di miniere, di impianti di lavorazione e di strutture di riciclo, non solo di un impianto di batterie”.

– Leggi anche: Perché all’Italia serve un piano minerario anti-Cina

Il cosiddetto Ring of Fire, una regione nell’Ontario settentrionale, si stima contenga risorse minerarie dal valore di 90 miliardi di dollari. Eppure, nonostante i discorsi entusiastici che vanno avanti da decine di anni, le attività estrattive non sono ancora iniziate. Lo sviluppo dell’area è ostacolato dalla carenza di infrastrutture (solo la costruzione delle strade richiederebbe una spesa di 2 miliardi di dollari) e dalle difficoltà di ottenimento delle autorizzazioni.

Il permitting, spesso legato a contrasti con le popolazioni native sullo sfruttamento delle terre, sta rallentando lo sviluppo minerario anche in altre zone dell’Ontario e nella provincia della Columbia britannica. Per aprire una miniera nell’Ontario settentrionale ci vogliono in media quindici anni; nella Columbia britannica circa tredici.

IL VERO PROBLEMA È LA RAFFINAZIONE

Più che nell’attività estrattiva, però, il vero gap negli investimenti è nell’anello successivo della catena del valore, quello della raffinazione dei metalli per le batterie; è anche l’anello più critico perché è proprio nel midstream che la dominanza cinese è più forte.

Da-Re, Funk e Ziemba si lamentano della sospensione, il mese scorso, del progetto pilota di Vital Metals nel Saskatchewan (Canada occidentale) per l’impossibilità di accedere a materie prime dai prezzi commercialmente validi. “Questa questione riflette il bisogno di coordinare i progetti lungo la filiera e di investire in nuovi strumenti finanziari e in riserve strategiche per coprirsi meglio dalla volatilità di prezzo”.

Invece, il governo federale canadese ha stanziato solo 40 milioni per l’efficientamento dei percorsi autorizzativi. “La strategia del Canada per i minerali critici ha grandi ambizioni”, scrivono i tre esperti sul Globe and Mail, “ma questi piani resteranno irrealizzati senza un maggior grado di attenzione e di finanziamento. Per sbloccare veramente il potenziale dei minerali critici canadesi, è necessario prestare maggiore attenzione e risorse alle sfide a monte, come i partenariati con le Prime nazioni [i popoli nativi, ndr], lo sviluppo delle infrastrutture e la riforma dei permessi”.

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