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Tutti i Grilli di Kkr su Magneti Marelli e Tim

Nei prossimi giorni i massimi rappresentanti del fondo Usa Kkr dovrebbero arrivare in Italia per un nuovo incontro con il governo: l'obiettivo è far leva sull'accordo su Tim per spingere l'esecutivo a ingoiare la pillola amara della chiusura degli stabilimenti italiani di Magneti Marelli

 

Una delegazione di alto livello di Kkr (si ipotizza che possa includere persino lo stesso Henry R. Kravis) sarebbe attesa nel nostro Paese tra la fine della prossima settimana e comunque non più tardi della prima metà di settembre per incontrare il governo.

E’ l’indiscrezione raccolta da Start Magazine in ambienti finanziari milanesi.

L’intenzione del gruppo americano sarebbe quella di fare leva sul recente accordo tra Mef e Kkr su Tim per chiedere in cambio al governo la chiusura di un occhio (anzi, di entrambi) sulla dismissione degli stabilimenti in Italia della Magneti Marelli.

L’ACCORDO SU TIM

Ma andiamo con ordine. Nella prima metà di agosto, il fondo statunitense Kkr e il ministero dell’Economia hanno raggiunto un accordo di massima (non divulgato integralmente) sulla ripartizione delle quote di NetCo, la nuova società che racchiuderà la rete di telecomunicazioni di Tim.

Una firma che non ha creato le attese fibrillazioni estive nella maggioranza sovranista nonostante le precedenti polemiche tutte interne al centrodestra per la presenza dominante di un investitore straniero nella società (cioè Vivendi, francese, che possiede il 23,7 per cento).

COSA VUOLE FARE KKR CON MAGNETI MARELLI

Nemmeno il fatto che Kkr “potrebbe presto lasciare a casa i 230 operai dello stabilimento di Crevalcore, in Emilia Romagna”, come ha scritto MF-Milano Finanza, ha destato finora i membri della coalizione governativa dal torpore vacanziero.

Lo stabilimento in questione è quello di Marelli. Kkr è coinvolto infatti anche in Marelli Corp, società della componentistica auto nata nel 2019 dall’unione della ex Magneti Marelli, venduta da Fca al fondo statunitense, con la giapponese Calsonic Kansei, che era già nel portafoglio di Kkr.

Marelli Holdings conta circa settemila dipendenti in Italia e cinquantamila nel mondo. Possiede centosettanta stabilimenti a livello internazionale, di cui dieci nel nostro paese. Dopo cinque anni consecutivi di perdite, la società prevede di tornare alla profittabilità nel 2023 inaugurando una stagione di tagli draconiani.

Lo scorso marzo, tuttavia, la dirigenza aveva confermato l’intenzione di investire quest’anno 73 milioni di euro nel potenziamento della produzione in Italia. Una linea che però potrebbe essere sconfessata a breve.

GLI STABILIMENTI A RISCHIO

Stando alle voci riportate da MF, Marelli sarebbe in procinto di annunciare la chiusura del sito di Crevalcore, specializzato in componenti per i motori endotermici che saranno sempre meno rilevanti vista la transizione internazionale ai veicoli elettrici. Sono a rischio duecentotrenta posti di lavoro.

La situazione è difficile anche a Bologna – quasi seicento operai -, dove negli ultimi tre mesi ci sono state numerose uscite incentivate. Marelli Holdings conta circa settemila dipendenti in Italia e cinquantamila nel mondo. Possiede centosettanta stabilimenti a livello internazionale, di cui dieci nel nostro paese.

Dopo cinque anni consecutivi di perdite, la società prevede di tornare alla profittabilità nel 2023 inaugurando una nuova stagione di tagli draconiani. Lo scorso marzo, tuttavia, aveva confermato l’intenzione di investire quest’anno 73 milioni di euro nel potenziamento della produzione in Italia.

LE USCITE VOLONTARIE E LA MANCANZA DI PIANI INDUSTRIALI

Per quanto riguarda Bologna – dicono dalla Fiom – bisogna sottolineare che negli ultimi due mesi sono stati 130 i lavoratori che sono usciti volontariamente grazie a un incentivo economico, “e questo -sottolineano i sindacati – ha comportato la perdita di professionalità importanti”.

Per quanto riguarda invece lo stabilimento di Crevalcore a preoccupare maggiormente i rappresentanti delle tute blu è “il fatto che tutta la produzione sia oggi rivolta all’endotermico senza che alcun piano industriale di riconversione sia ancora stato predisposto”.

Il fatto che la dirigenza non si sia preoccupata di redigere un progetto anche a breve termine per il futuro del sito, considerata la rincorsa europea verso nuovi tipi di tecnologie, lascia difatti intendere che la volontà sia quello di procedere con la chiusura o l’alienazione dello stesso.

Si tratta insomma di una vertenza che merita la massima attenzione del governo italiano se si considera che negli stabilimenti di Bologna e Crevalcore sono occupati complessivamente 825 dipendenti (230 a Crevalcore e 595 a Bologna).

– Leggi anche: Tim, ecco chi sono gli uomini italiani di Kkr

L’ATTIVISMO DI GRILLI

A seguire l’operazione con gli americani a Palazzo Chigi è stato in particolare il capo di gabinetto della presidenza del Consiglio, Gaetano Caputi. Caputi e i vertici del Mef, sulla partita, hanno avuto rapporti in particolare con il consulente di Kkr, Vittorio Grilli, di Jp Morgan, che conosce bene stanze e uomini di Palazzo Chigi e ministero dell’Economia (Grilli è stato titolare del Tesoro, dove peraltro ha lavorato anche Caputi).

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