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Tim, ecco chi sono gli uomini italiani di Kkr

C'è una presenza italiana in Kkr, il fondo americano che acquisterà la rete di Tim (inclusi i cavi di Sparkle) assieme al ministero dell'Economia con l'ok di Palazzo Chigi. Fatti, nomi e curiosità

 

Ieri il ministero dell’Economia ha comunicato di aver raggiunto un accordo con il fondo statunitense Kkr su NetCo, la nuova società che racchiuderà l’infrastruttura di rete di Tim (compresa la controllata Sparkle). Il controllo di rete e Sparkle sarà di Kkr mentre le componenti italiane (il ministero dell’Economia e il fondo F2i, in particolare) avranno in tutto circa il 35% di NetCo.

“I termini dell’offerta dal punto di vista dei rapporti tra le parti”, si legge nel comunicato, “prevedono un ruolo decisivo del governo nella definizione delle scelte strategiche”.

PERCHÉ LA RETE DI TIM (E SPARKLE) È STRATEGICA

NetCo sarà una società strategicamente rilevante per l’Italia – ecco spiegato l’interesse del governo – perché al suo interno confluirà la rete di Tim, cioè le infrastrutture di connettività telefonica e a Internet, e i cavi sottomarini di Sparkle, l’azienda del gruppo che gestisce una rete in fibra ottica di circa 600.000 chilometri. I cavi sottomarini di Internet sono infrastrutture di grandissima rilevanza perché trasportano oltre il 90 per cento del traffico globale di dati: non a caso, circa un anno fa Sparkle aveva firmato un accordo di cooperazione con la Marina militare italiana per il monitoraggio e la tutela di questi sistemi.

Kohlberg Kravis Roberts, abbreviato in Kkr, è una società straniera ma statunitense – ha sede a New York -, un paese alleato dell’Italia. Il fondo, nato nel 1976, si è quotato in borsa nel 2010 e oggi conta venti uffici in sedici paesi. Gestisce asset dal valore totale di circa 500 miliardi di dollari (qui il suo portfolio), concentrandosi in particolare sulle infrastrutture, sull’energia e sull’immobiliare. Tra i suoi investimenti compaiono società come Alliance, Del Monte, Kodak e Axel Springer.

CHI SONO GLI ITALIANI IN KKR

Tra gli investimenti italiani di Kkr figurano FiberCop, società del gruppo Tim che si occupa di infrastrutture di rete secondarie e di cui possiede il 37,5 per cento, e Cmc Solutions, azienda umbra di macchinari di automazione.

Tra i principali dirigenti italiani di Kkr c’è Mattia Caprioli (nella foto): è entrato nel fondo nel 2001 e oggi ricopre la carica di partner e Co-Head of European Private Equity. Laureato alla Bocconi, prima di entrare nel fondo americano si è occupato di fusioni e acquisizioni presso Goldman Sachs a Londra. Per Kkr, invece, ha contribuito (così si legge nella sua scheda ufficiale) agli investimenti in Sector Alarm, Walgreens Boots Alliance, Galenica, Avincis Mission-Critical Services, RigNet, PortAventura, United Group, Travelopia, A-Gas, Citation, ERM e GeneraLife.

Italiano è anche Alberto Signori, partner del team Infrastrutture, specializzato in investimenti in Europa, Medioriente e Africa. In precedenza ha lavorato per la società di investimento M&G, gestendo acquisizioni nei settori delle telecomunicazioni, dell’energia, dei trasporti e dei servizi di pubblica utilità. Laureato, come Caprioli, alla Bocconi, Signori ha lavorato anche per Ubs e Commerzbank, occupandosi di fusioni e acquisizioni.

Diego Piacentini, advisor di Kkr dal 2019, si occupa degli investimenti in tecnologie, media e telecomunicazioni. Ha lavorato per sedici anni (2000-2016) presso Amazon come vicepresidente senior della divisione International Consumer Business; e per dodici anni (1987-1999) presso Apple come VP Sales and GM Europe. Dal 2016 al 2018 è stato a Palazzo Chigi Commissario straordinario per l’Agenda digitale, nominato dall’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi.

Ad assistere Kkr dal punto di vista della comunicazione è Tancredi Group, società di pubbliche relazioni con sede a Londra fondata nel 2015 da Giovanni Sanfelice di Monteforte, che dal 2004 al 2007 ha peraltro lavorato come capo ufficio stampa corporate di Telecom Italia.

LA MENTE CAPUTI A PALAZZO CHIGI

A seguire l’operazione con gli americani a Palazzo Chigi è stato in particolare il capo di gabinetto della presidenza del Consiglio, Gaetano Caputi: “È lui la mente dell’operazione che ha portato a esporre il Mef: il Tesoro deve essere parte attiva e “politica” della partita”, ha scritto oggi Repubblica.

IL RUOLO DI GRILLI

Caputi e i vertici del Mef, sulla partita, hanno avuto rapporti in particolare con il consulente di Kkr, Vittorio Grilli, di Jp Morgan, che conosce bene stanze e uomini di Palazzo Chigi e ministero dell’Economia (Grilli è stato titolare del Tesoro, dove peraltro ha lavorato anche Caputi.

IL NOME DI DAVID PETRAEUS (EX-CIA)

Un elemento che potrebbe servire da tutela dell’infrastruttura di rete di Tim è la presenza in Kkr del generale statunitense David Petraeus, che ha guidato la Cia (l’agenzia di intelligence centrale) e le operazioni militari in Iraq e Afghanistan. Petraeus non è solo partner di Kkr ma anche presidente del Kkr Global Institute, un centro studi che assiste il fondo nella valutazione del rischio geopolitico degli investimenti.

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