Ennesimo cambio di cavallo del ministero dell’Economia sulla rete di Tim. Dopo un lungo girovagare a caccia di soluzioni e dopo aver coccolato a lungo la soluzione con Cdp e Macquarie, ora svolta e contrordine: avanti tutta con gli americani di Kkr, con tanti saluti alla strategicità nazionale della rete (ricordate tutte le volte che esponenti di centrodestra al governo dicevano che non si può lasciare la rete fissa di Telecom agli stranieri, ossia nel caso specifico ai francesi di Vivendi?). Resta ora da vedere, appunto, se e come i francesi di Vivendi potranno mettere ancora i bastoni fra le ruote al vertice di Tim come primo azionista del gruppo: al momento non ci sarebbe alcuna intesa sul dossier fra il Tesoro e Vivendi.
Ecco fatti, numeri e approfondimenti.
TIM BRILLA IN BORSA PER LO SCORPORO DELLA RETE
Tim tonica in preapertura di Borsa a Milano dove segna un rialzo del teorico del 3% dopo la firma del memorandum tra il Mef e il fondo americano Kkr. L’accordo prevede un’offerta vincolante che stabilisce tra l’altro l’ingresso del Mef con una quota fino al 20% nella Netco, la società della rete, di Tim. Mentre durante la giornata la crescita del titolo si è molto attenuata.
IL COMUNICATO DEL MINISTERO DELL’ECONOMIA SU RETE TIM E KKR
Il Tesoro scende in campo a fianco di Kkr nella partita per la rete Telecom, prenotando una quota fino al 20% della Netco che dovrebbe rilevare l’infrastruttura dell’ex monopolista. Il comunicato del ministero dell’Economia, emesso ieri dopo la firma del memorandum of understanding col fondo Usa, spiega che “l’accordo prevede la formulazione di un’offerta vincolante che stabilisce, tra l’altro, l’ingresso del Mef nella Netco, nella percentuale fino al 20%. I termini dell’offerta dal punto di vista dei rapporti tra le parti prevedono un ruolo decisivo del Governo nella definizione delle scelte strategiche”. “I prossimi passaggi – precisa il comunicato – saranno relativi all’adozione di un Dpcm per completare l’iter procedurale”.
COSA FARÀ IL TESORO
Dal comunicato si evince che il Tesoro parteciperà ai lavori per strutturare l’offerta definitiva che Kkr si è impegnata a consegnare a Tim entro il 30 settembre. Oltre all’approvazione da parte del venditore, l’operazione dovrà passare al vaglio del comitato golden power, costituito presso la Presidenza del consiglio, fanno notare osservatori del comparto. Il passo successivo sarà un Dpcm, decreto del Presidente del consiglio dei ministri, entro la fine di agosto fine mese. Pertanto il Mef, che fa sapere che i «termini dell’offerta dal punto di vista dei rapporti tra le parti prevedono un ruolo decisivo del governo nella definizione delle scelte strategiche», dovrebbe trovare da 2 fino a 2,6 miliardi per rilevare fino al 20% della rete al fianco di Kkr (nell’ipotesi del massimo della forchetta di 23 miliardi di cui 10 a debito), ha chiosato il quotidiano Repubblica.
QUALE SARÀ IL RUOLO DEL FONDO KKR
Kkr riserva per sé il 65% della Netco, mentre alla compagine italiana è destinato il restante 35%, una percentuale che, già di per sé, sarebbe in grado di costituire una “minoranza azionaria di blocco”, secondo la ricostruzione del Sole 24 ore. L’idea di Kkr è quella di finanziare l’operazione per la maggior parte con capitale proprio (11-13 miliardi) e per il resto attingendo al debito (9-10 miliardi), ha scritto oggi il quotidiano Repubblica.
I NUMERI DELL’OFFERTA
“Dell’offerta da 21-23 miliardi di enterprise value (capitale più debito) – ha scritto il Sole 24 ore – il valore dell’equity è nell’intorno di 10 miliardi, mentre il debito sarà trasferito da Tim con il conferimento dell’asset infrastrutturale. Dall’inizio dell’estate F2i si è già seduta al tavolo con Kkr per valutare l’ingresso nella Netco con una quota fino al 10%-15%, che vorrebbe dire quindi mettere sul piatto risorse fresche nell’ordine di 1-1,5 miliardi da raccogliere presumibilmente con il lancio di un nuovo fondo. L’entità precisa della partecipazione dell’Sgr guidata da Renato Ravanelli e di quella del Tesoro sarà definita quando si saprà se anche Tim e Cdp decideranno di essere della partita e si conoscerà quindi la ripartizione di quel 35% tricolore”.
Infine, aggiunge il quotidiano economico-finanziario, “Tim potrebbe essere invitata a mantenere una quota del 5%-10% nella società della rete, ma questo significherebbe per il venditore rinunciare all’incasso di una somma compresa tra i 500 milioni e il miliardo”.
CHE COSA C’È NEL DOSSIER RETE TIM
Ma che cosa c’è nel dossier rete? In sostanza Kkr ha ricevuto dal cda di Tim un diritto esclusivo per trattare l’acquisto del 100% della rete primaria (che dalla centrale va agli armadietti in strada), della rete secondaria (quella che dagli armadietti entra nelle case di tutti gli italiani) e dei cavi sottomarini di Sparkle, grazie a un’offerta non vincolante da 21 miliardi, “elevabili fino a 23 nel caso di future nozze con la rete rivale di Open Fiber (che fa capo al 60% a Cdp e al 40% al fondo australiano Macquarie)”, ha scritto Repubblica.
COSA RESTERÀ DI ITALIANO NELLA RETE
Complessivamente il 35% di Netco dovrebbe quindi restare in mani italiane, in linea con il piano per la rete nazionale del governo, mettendo così anche al riparo l’offerta di Kkr dal golden power, ha sottolineato il Corriere della sera: “L’esame ci sarà comunque poiché la maggioranza della rete passerà al fondo Usa, ma a garantire gli interessi nazionali su un asset strategico come la rete sarà la presenza diretta del Mef nell’azionariato e i poteri di governance che otterrà via XX Settembre. Poteri che, come ha spiegato il Mef, saranno «decisivi» per la definizione delle scelte strategiche sulla rete”.
LA PARTITA E LE CHIACCHIERE
Si dimostrano superate, alla luce del comunicato di ieri con l’intervento diretto del Tesoro, le recenti dichiarazioni degli esponenti del governo che finora avevano aperto bocca sul dossier rete e Tim sostenendo da un lato che fosse solo una partita fra soggetti privati e che “questo governo si dà l’obiettivo duplice di assumere il controllo della rete, per una questione strategica, e di lavorare per mantenere i livelli occupazionali”, diceva il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, il 29 dicembre 2022. Ben strano concetto visto che la Cassa depositi e prestiti (controllata dal ministero dell’Economia) è azionista con il 9,81% (è il secondo singolo maggior azionista dopo Vivendi in Tim) e ha il 60% di Open Fiber. E altrettanto ben strano vista la strategicità – riconosciuta da tutte le forze politiche, anche dell’opposizione – sia della rete che dei cavi sottomarini (Sparkle). Ora il controllo della rete passa da uno straniero (francese) a un altro straniero (americano). E la giornalista del gruppo Gedi, Carlotta Scozzari, via Twitter pone una questione non secondaria e ancora poco affrontata:
Il governo Meloni, dopo aver esercitato il golden power sugli pneumatici di #Pirelli in chiave anti Cina, che farà con la rete telefonica di #Tim e i cavi sottomarini e terrestri di #Sparkle (da cui passano informazioni "sensibili")? Eserciterà un golden power in chiave anti Usa?
— Carlotta Scozzari (@scarlots) August 11, 2023
Ma per il Corriere della sera è tutto chiaro e non ci saranno problemi: “Complessivamente il 35% di Netco dovrebbe quindi restare in mani italiane, in linea con il piano per la rete nazionale del governo, mettendo così anche al riparo l’offerta di Kkr dal golden power”.
IL RITORNO DELLO STATO
Ma c’è chi vede il rovescio della medaglia e rimarca il ritorno diretto dello Stato nel gruppo ex monopolista: “Dopo aver privatizzato la Telecom Italia nel 1997, il ministero dell’Economia torna sui suoi passi per assicurare un asset strategico come la rete di telefonia fissa, e sigla un accordo, chiamato in gergo Memorandum of understanding (Mou), insieme al fondo americano Kkr per rilevare fino al 20% della rete di Tim”, nota Repubblica.