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Mes

Sul Mes in Bocconi c’è diversità di vedute fra Giavazzi e Masciandaro

Che cosa sostengono sul Mes gli economisti bocconiani Donato Masciandaro (consigliere del ministro leghista dell'Economia, Giancarlo Giorgetti) e Francesco Giavazzi, già consigliere di Mario Draghi a Palazzo Chigi. Il punto di Giuseppe Liturri

 

Piove? Governo ladro. Ormai quando si parla di Mes, la “logica” è la stessa. La soluzione di qualsiasi problema è da ricondurre al salvifico trattato che ha istituito un fondo per la stabilità finanziaria dei Paesi dell’eurozona. Siamo ormai all’affermazione apodittica: ci vuole il Mes ed il perché non è dato sapere. È così e basta.

Purtroppo non sfugge a questa regola il professore della Bocconi Donato Masciandaro, fresco consulente del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, intervenuto ieri sul Sole 24 Ore con un titolo che è tutto un programma: “Mes catalizzatore di stabilità per rischio sovrano e bancario”. Di fronte a cotanta assertività, ci siamo apprestati alla lettura avidi di conoscenza, con l’esito che scoprirete alla fine.

Il professore la prende da lontano e l’inizio è interessante. Infatti analizza il problema dell’intreccio tra rischio sovrano (cioè legato alle quotazioni dei titoli del debito pubblico) e rischio bancario. La crisi dell’uno può condurre alla crisi dell’altro e viceversa, “un diabolico nodo di Gordio da tagliare”, secondo Masciandaro.

In caso di crollo delle quotazioni dei titoli pubblici, anche le banche andrebbero in difficoltà perché i titoli pubblici sono fisiologicamente parte degli attivi di una banca. L’ultimo esempio è quello della Grecia del 2012, quando debito pubblico e banche precipitarono contemporaneamente alimentandosi a vicenda. Oppure, in caso di difficoltà del settore bancario, lo Stato potrebbe essere chiamato in soccorso delle banche, con importanti oneri per le finanze pubbliche e conseguenti probabili tensioni sul mercato dei titoli pubblici perché “i mercati finanziari anticipano il fatto che il pagatore ultimo, in caso di problemi, sarà lo Stato”.

E già qui dobbiamo prendere atto di una “clamorosa” rivelazione: sono gli Stati che salvano le banche. E il bail-in e tutto il poderoso apparato normativo messo in piedi dal 2014 per evitare tutto ciò e far pagare la crisi di una banca anche ad obbligazionisti e correntisti? Se ne deduce che per Masciandaro, che non può non sapere, si tratta di un pannicello caldo destinato a non essere mai usato. Da qui l’intervento statale. Ma è comunque interessante imparare che il bail-in non serve a nulla e che gli Stati salvano le banche in nome del supremo bene della stabilità finanziaria e sistemica, come peraltro accaduto pochi mesi fa negli USA.

Quindi o è vero che c’è il rischio di una crisi gemella, come prospettato da Masciandaro, oppure è vero che le regole adottate nella Ue per spezzare il nodo gordiano rischio sovrano-rischio bancario siano inefficaci o addirittura dannose.

E qui arriva il bello. Masciandaro ha messo al lavoro i suoi studenti analizzando i casi degli ultimi duecento anni e sono arrivati alla conclusione che “la crisi gemella è un evento raro” e “concentrarsi esclusivamente sull’uso della regolamentazione bancaria per prevenire una crisi gemella è una prospettiva limitata e quindi inefficiente”. Insomma, il rischio da cui il professore aveva preso le mosse non è poi questa gran cosa ed arriva alla conclusione che anche le regole finiscono per avere addirittura “effetti pro ciclici”, cioè aggravano il problema che si prefiggono di risolvere.

Ed allora “cosa si può fare oggi”? Si chiede il Nostro. Semplice. “Rendere operative riforme di sistema che nei fatti contribuiscono a ridurre la rilevanza del nesso tra i due rischi”. E, di grazia, quali sarebbero? Ma come, si stupisce Masciandaro, “l’esempio è sotto gli occhi di tutti. È evidente, è quello del Mes. […] È un’algebra troppo semplice per non essere compresa”. Chiosa inappellabilmente Masciandaro.

Stupidi noi a non esserci arrivati prima e non afferrare tuttora la “semplicità” dell’algebra del professore. A non essere capaci di comprendere che “nei fatti” (quali? Non ce n’è traccia in tutto l’articolo) il Mes riduca il nesso tra i due rischi e non voler credere fideisticamente al verbo proferito ex cathedra senza fornire uno straccio di esempio dei “fatti”.

Noi qui rileviamo soltanto che il Mes non trova i soldi nel campo dei miracoli come Pinocchio, ma è finanziato dagli Stati, con risorse peraltro limitate. Quindi il nesso a doppia via tra crisi sovrana e crisi bancaria è sempre là.

A questo punto vien da chiedersi se il professor Masciandaro talvolta si incontri nei corridoi della Bocconi con il professor Francesco Giavazzi che giusto qualche mese fa affermava a proposito del Mes che “Un fondo come questo, con risorse ampie ma non illimitate, non può arginare una crisi bancaria. Per fermarla è necessario che lo Stato, o un suo fondo, siano disposti a impiegare risorse illimitate (whatever it takes). Se le risorse sono limitate sarà la speculazione ad avere la meglio”.

Chi si azzarda ad ipotizzare che la differenza di vedute tra i due origina dal fatto che il primo ora è consulente del governo e il secondo non lo è più, è davvero una brutta persona…

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