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Mes

Vi racconto le sorprese di Giavazzi sul Mes

Il professor Giavazzi sul Corsera è riuscito nella mirabile impresa di fornire argomenti contro l’attuale Mes e contro quello riformato. Ma la sua idea di riforma ha dimostrato che anche la ratifica è inutile. L'analisi di Giuseppe Liturri

Ieri, leggendo il professor Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera, non credevamo ai nostri occhi. Al professore bocconiano sono state sufficienti poche righe per demolire il Mes. Sarà stata voce dal sen fuggita, sarà stato perché aveva l’intento di assegnare al Mes un nuovo ruolo, il risultato finale è stata un’operazione di distruzione condotta con precisione chirurgica.

Due gli argomenti contro il Mes nella sua attuale versione ed in quella in attesa di ratifica da parte dell’Italia. Ratifica che viene ritenuta necessaria, salvo poi fornire l’argomento per considerarla inutile. Dapprima la semplice constatazione che “chiedere aiuto al Fondo significa ammettere che quel Paese non riesce più a finanziarsi sul mercato: un segnale di debolezza che potrebbe scatenare la speculazione”. È quanto da tempo ripetiamo, scritto in modo molto diretto che non lascia spazio ad equivoci. Ricorrere ai finanziamenti del Mes significa – per esplicita previsione del Trattato che lo disciplina – ammettere che i rapporti con i mercati finanziari sono ormai logorati ed a forte rischio di essere interrotti, se non proprio già interrotti. Significa inviare un segnale devastante. Soprattutto se lanciato da un Paese come l’Italia, che è uno dei più grandi emittenti mondiali di debito sovrano, e non certo piccole realtà come Grecia, Portogallo, Spagna, Irlanda e Cipro, che in passato hanno avuto accesso al fondo. Ma Giavazzi ne ha anche per una delle modifiche più importanti del Mes riformato. Si tratta del prestito – paracadute erogato dal Mes a favore del fondo che interviene ad arginare le crisi bancarie, con lo strumento della risoluzione.

“Un fondo come questo, con risorse ampie ma non illimitate, non può arginare una crisi bancaria. Per fermarla è necessario che lo Stato, o un suo fondo, siano disposti a impiegare risorse illimitate (whatever it takes). Se le risorse sono limitate sarà la speculazione ad avere la meglio”. Parole pesanti come pietre che affondano senza esitazioni anche questo nuovo utilizzo del Mes, tanto atteso e decantato. Anche su questo punto ci eravamo espressi per tempo in modo molto netto: una eventuale crisi di una grande banca in Europa non saprebbe che farsene del fondo di risoluzione e del prestito del Mes in suo soccorso. O ci sono le risorse illimitate di uno Stato – come ha fatto la Germania con le sue banche nel 2012 – oppure gli investitori scapperanno a gambe levate dalla banca in crisi, determinandone il crollo. A noi potrebbero bastare già queste parole per archiviare la pratica. Ma l’intervento demolitorio di Giavazzi – non sappiamo se involontario – è strettamente strumentale ad una pars construens e cioè al lancio (meglio, rilancio) di una sua idea abbastanza datata, di cui l’Italia dovrebbe farsi proponente, subito dopo la ratifica del Trattato.

Assegnare al Mes il ruolo di Agenzia Europea del Debito. In tale veste acquisterebbe dalla BCE tutta o una parte della massa di titoli pubblici da essa acquistati con il programma pandemico PEPP (1.660 miliardi, di cui 287 miliardi di titoli pubblici italiani). Il Mes si finanzierebbe emettendo titoli che sarebbero assimilabili (anche se formalmente non lo sono) al debito comune europeo. In sostanza, nel bilancio della Bce si realizzerebbe uno scambio (swap) tra i titoli dei Paesi dell’eurozona e quelli emessi dal Mes. La Bce sarebbe quindi più libera di gestire la politica monetaria senza preoccuparsi di influenzare i prezzi ed i tassi dei titoli pubblici nazionali e correre il rischio di allargare gli spread. A questo proposito, al professore Giavazzi vanno poste almeno tre obiezioni: 1) Gli interessi pagati dall’Italia sui titoli detenuti dalla Bce, oggi ritornano in buona parte nella casse del Tesoro quando Bankitalia distribuisce i propri dividendi. La sua proposta cancellerebbe questo vantaggio. 2) L’Italia si ritroverebbe debitore del Mes e non più della Bce ed il primo è un creditore che deve adottare tutte le cautele che in ogni caso gli impone lo Statuto. E cioè protocollo d’intesa con relativo programma di aggiustamento macroeconomico a carico del governo italiano, con annesse condizioni a garanzia del proprio credito ed un regime di sorveglianza post programma.

3) Ammesso e non concesso che le anzidette obiezioni alla proposta di Giavazzi siano superabili, non si capisce perché l’Italia debba avanzare la sua proposta dopo la ratifica anziché prima. Che senso ha ratificare una riforma del Mes di cui viene riconosciuta l’inutilità e perfino la dannosità, se un minuto dopo si deve avanzare una proposta per riformarlo? Avete mai visto qualcuno acquistare un’auto usata piena di difetti e riconsegnarla al concessionario subito dopo l’acquisto? Non sarebbe il caso di lasciarla in officina ed acquistarla solo dopo le opportune riparazioni? Giavazzi è riuscito nella mirabile impresa di fornire argomenti contro l’attuale Mes e contro quello riformato. Ma la sua idea di riforma ha dimostrato che anche la ratifica è inutile. Uno sbalorditivo ed eccezionale filotto.

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