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Aiuti Di Stato

Perché le grandi aziende italiane bacchettano Germania e Francia sugli aiuti di Stato anti Usa

Stefano Firpo, direttore di Assonime (l'associazione delle grandi aziende italiane), critica l'Ue per l'allentamento degli aiuti di stato che favorisce Parigi e Berlino. La coppia franco-tedesca, intanto, va negli Stati Uniti a trovare un accordo con Biden. Fatti, commenti e approfondimenti

 

Un “‘liberi tutti’ indiscriminato sugli aiuti di stato” è una trappola che penalizzerebbe le aziende italiane rispetto alla concorrenza francese e tedesca. L’Unione europea deve “evitare le risposte sbagliate, come rispondere con un buy Europe al buy America“.

Stefano Firpo, direttore generale di Assonime (l’associazione delle società per azioni italiane, private e pubbliche), già in Intesa Sanpaolo con Corrado Passera e poi nei ministeri dell’Innovazione tecnologica e dello Sviluppo economico, esprime un parere sostanzialmente contrario sul Green Deal Industrial Plan, il piano della Commissione europea di aiuti all’industria verde in risposta ai sussidi dell‘Inflation Reduction Act statunitense.

LE CRITICITÀ DEL PIANO EUROPEO SUGLI AIUTI DI STATO

Il piano industriale di Bruxelles, infatti, propone proprio un allentamento della normativa comunitaria sugli aiuti di stato, in modo da permettere ai paesi membri di sostenere maggiormente le aziende operanti nei settori strategici per la transizione ecologica.

L’esecutivo di Giorgia Meloni è tuttavia molto critico nei confronti di questa misura perché pensa che finirà col mettere le imprese italiane in una posizione di svantaggio competitivo rispetto a quelle tedesche e francesi, che possono contare sull’appoggio di governi con più possibilità di spesa.

Dei 672 miliardi di euro in aiuti di stato che la Commissione ha approvato nel 2022, la Germania è valsa il 53 per cento della somma totale e la Francia il 24 per cento; l’Italia, invece, solo il 7 per cento.

COSA HA DETTO FIRPO SUGLI AIUTI DI STATO

Intervistato dal Corriere della Sera, Stefano Firpo ha detto che, relativamente agli aiuti di stato, “non si possono assecondare le richieste di Francia e Germania di allentamento generalizzato dei vincoli su aiuti pubblici. Penalizzerebbero i paesi con margini di spesa più limitati e soprattutto non si può pensare di fare da soli: nemmeno la Germania può sostenere una competizione muscolare con Stati Uniti e Cina”.

“Se vogliamo allentare le regole sugli aiuti di stato”, ha aggiunto, “tutto va mirato sulle risorse del PNRR, di REPowerEU e sui fondi di coesione”. Relativamente al fondo sovrano europeo, proposto mesi fa dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen e sostenuto dall’Italia, Firpo pensa che sia una “proposta interessante. Ma non possiamo dire che in questa fase manchino le risorse europee”: il Green Deal Industrial Plan, infatti, non prevede nuovi finanziamenti ma riutilizza risorse già stanziate.

PIÙ ALLINEAMENTO USA-UE

Per il direttore generale di Assonime, l’Unione europea non dovrebbe dare il via a una guerra ai sussidi con gli Stati Uniti – vale a dire “rispondere con un buy Europe al buy America” di Joe Biden -, ma piuttosto ricercare una collaborazione commerciale con Washington.

“Bisogna lavorare perché le misure americane in favore della transizione verde siano aperte ad includere i prodotti europei. Gli spazi per un accordo ci sono e tra l’altro noi italiani siamo i più interessati ad evitare derive protezionistiche. Dobbiamo all’export quasi il 35% del nostro prodotto interno lordo, terzo livello più alto in Europa dopo Germania e Spagna, con una crescita annua del 20,5% nei primi undici mesi del 2022”.

IL PARERE DEL MINISTRO URSO

“Per noi è fondamentale che il commercio globale resti aperto”, ha dichiarato Firpo. “In questo condivido l’approccio del ministro delle Imprese Adolfo Urso quando parla di ‘stato stratega’, non ‘sovranista’, non protezionista”.

La posizione di Urso è sostanzialmente la stessa di Firpo. Il ministro pensa infatti che l’allentamento della normativa sugli aiuti di stato “potrebbe aggravare la questione europea, perché vi sono paesi come la Germania che hanno risorse importanti e significative per investire, e altri paesi come l’Italia […] che non hanno queste risorse nazionali da investire”. E crede che “sarebbe sbagliato” dare inizio a una trade war con gli Stati Uniti “perché dividerebbe l’Occidente”; al contrario, il blocco dovrebbe unirsi nella competizione con la Cina sulle tecnologie pulite, dai pannelli solari alle batterie per i veicoli elettrici.

LA MISSIONE FRANCO-TEDESCA A WASHINGTON

A proposito di coordinamento Europa-America, domani i ministri dell’Economia tedesco e francese, Robert Habeck e Bruno Le Maire, si riuniranno a Washington con la segretaria del Tesoro americana Janet Yellen. Parigi e Berlino vogliono che l’amministrazione Biden estenda agli alleati europei i sussidi garantiti alle aziende statunitensi, canadesi e messicane che producono tecnologie pulite.

– Leggi anche: Ecco le richieste di Francia e Germania a Biden sui sussidi verdi

Urso ha commentato il viaggio di Habeck e Le Maire dicendo, a Repubblica, di sperare che i due “raggiungano risultati positivi per tutti, perché riteniamo fondamentale il dialogo transatlantico. Sapevamo che Francia e Germania stavano programmando la missione. L’Italia agisce per unire l’Unione europea e siamo convinti che le posizioni debbano essere espresse in modo compiuto dalla presidenza europea e dalla Commissione. Serve una risposta comune, assertiva che unisca e non divida l’Europa e che sia positiva e non contrapposta a quella americana, per una vera politica industriale competitiva e solidale”.

“Penso che anche loro agiscano nella stessa direzione”, ha concluso.

LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE DELLA SOSTENIBILITÀ

Secondo Stefano Firpo, un “punto forte” dell’Inflation Reduction Act “è che mette in evidenza come la sfida della transizione ambientale e green sia manifatturiera: servono i pannelli solari, servono apparati e sistemi per l’efficientamento energetico degli edifici, serve costruire gli elettrolizzatori, servono le batterie e gli inverter, serve investire sulle tecnologie pulite”.

“Il messaggio che arriva dall’America”, prosegue, “è che la trasformazione verde si fa con l’industria, sviluppandone la capacità produttiva. Dobbiamo uscire invece da un atteggiamento europeo che in tanti anni ha pensato di fare la decarbonizzazione un po’ contro l’industria”.

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