Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia e dell’Associazione Conoscere Eurasia, pensa che gli affari tra Italia e Russia debbano “svolgersi regolarmente” nonostante le tensioni attorno all’Ucraina e ai timori di un attacco da parte di Mosca, che ha ammassato oltre centomila truppe in prossimità della frontiera comune.
COME VA IL COMMERCIO ITALIA-RUSSIA
Fallico ha anche detto nei giorni scorsi che nei primi dieci mesi del 2021 le esportazioni italiane verso la Russia sono cresciute dell’8,7 per cento, e quelle russe verso l’Italia del 49,3. Fallico motiva lo squilibrio con “il notevole aumento del prezzo del petrolio e del gas”.
Su infoMercatiEsteri i dati relativi all’anno scorso non sono disponibili: gli ultimi indicati sono quelli del 2020, che risentono però della crisi pandemica. Anche nel 2019, comunque, la bilancia commerciale tra Italia e Russia pendeva nettamente dalla parte della seconda.
Il nostro paese esporta principalmente macchinari, abbigliamento, apparecchi elettronici e prodotti chimico-farmaceutici in Russia. Vi acquista, invece, soprattutto prodotti minerari, petroliferi e metallurgici.
CHI È ANTONIO FALLICO
Antonio Fallico non è un banchiere qualsiasi. È stato definito “l’italiano più potente di Mosca”, dove vive. E in un’intervista a ItaliaOggi disse di essere un “nostalgico comunista. Impossibile non provare rimpianto per i valori dell’URSS, nonostante gli errori commessi”.
LA LINEA DI INTESA SANPAOLO SULLA RUSSIA
Banca Intesa Russia, di cui Fallico è presidente, è la sussidiaria russa del gruppo Intesa Sanpaolo, che ne possiede l’interezza del capitale.
In questi mesi da Intesa Sanpaolo sono giunte dichiarazioni morbide nei confronti della Russia. Relativamente alla crisi dei prezzi del gas, per esempio, il capo economista della banca, Gregorio De Felice, disse a ottobre di credere “che ci sia stata un’apertura da parte del presidente russo Vladimir Putin sull’aumento delle forniture di gas all’Europa”. Proprio in quei giorni Gazprom, la società gasifera statale russa, scelse di non dotarsi di maggiore capacità di transito attraverso la condotta Yamal-Europe per il mese di novembre, nonostante la domanda europea.
Le esportazioni di gas russo verso l’Europa sono al 30 per cento sotto la media degli ultimi cinque anni.
De Felice sembrò suggerire anche una rimozione, o quantomeno un allentamento, delle sanzioni economiche che l’Unione europea ha imposto contro la Russia per l’annessione della Crimea (territorio formalmente ucraino) nel 2014.
L’ITALIA RISCHIA DI RIMANERE SENZA GAS?
Nel caso in cui dovesse iniziare un conflitto in Ucraina, è possibile che le forniture di gas russo all’Unione europea possano ridursi ulteriormente o addirittura azzerarsi, sia per ritorsione del Cremlino contro le sanzioni promesse dall’Occidente, sia per effetto dei combattimenti: circa un terzo del gas russo che arriva in Europa passa per il territorio ucraino.
La Russia è la principale fornitrice di gas all’Europa: vale circa il 40 per cento del totale importato.
L’Italia è molto dipendente dalle importazioni di gas, visti i ridottissimi livelli di produzione interna. Quello russo, in particolare, rappresenta il 43 per cento degli acquisti dall’estero (dati 2020). Seguono a distanza quello algerino (circa 23 per cento), quello norvegese (11 per cento) e quello qatariota (10 per cento); la Libia vale meno del 7 per cento.
L’Italia è tra i paesi europei più vulnerabili a un’interruzione delle forniture russe. Rispetto alla Germania, tuttavia, le sue scorte di gas sono più alte, ne possiede una riserva strategica e dispone anche di capacità di rigassificazione che le consente di importare direttamente GNL via nave.
D’altro canto, a differenza della Germania l’Italia è molto legata ai gasdotti russi che passano per l’Ucraina, ovvero quelli che più probabilmente verrebbero interrotti in caso di guerra. Condivide questa vulnerabilità con l’Austria. Berlino invece, nonostante la maggiore dipendenza dal combustibile russo rispetto a Roma, ha diversificato le rotte (ad esempio con lo Yamal-Europe e il Nord Stream 1)