In un precedente articolo apparso su questo giornale circa due mesi fa, sostenni che la crisi economica provocata in questi primi mesi del 2020 dal Covid-19 (causa esogena al sistema economico) come quella della Sars, sarebbe stata molto forte nei primi due trimestri del 2020 ma circoscritta al breve periodo e con tempi di recupero più rapidi (già dai primi mesi del secondo semestre 2020) rispetto alla crisi del 2008-2009 dovuta ai mutui “subprime” o a quella dovuta al crollo delle azioni legate alla new economy del 2000 (cause endogene al sistema economico). Crisi, queste ultime, durate alcuni anni.
L’analisi basata sullo studio delle serie storiche dell’andamento trimestrale del Pil italiano per un periodo compreso tra il 2000 e il 2019 (fonte: Istat) mi portò a concepire la seguente tesi:
“Le crisi economiche prodotte da fattori interni o da cause endogene al sistema economico sono di intensità maggiore, quindi più importanti e più profonde, con una durata di medio-lungo periodo e con un recupero rispetto ai valori pre-crisi più lunghi nel tempo. Inoltre intaccano la stessa struttura produttiva in quanto durano più tempo. Al contrario le crisi economiche provocate da fattori esterni o cause esogene al sistema economico, come quelle dovute a cause epidemiologiche (Sars, Covid-19, etc.) hanno una durata più breve, sono concentrate nel tempo (con caduta del Pil e aumento della disoccupazione molto forti nei primissimi trimestri) ma hanno un recupero più rapido rispetto ai valori pre-crisi”.
Utilizzando alcune lettere dell’alfabeto che gli economisti adoperano generalmente per descrivere l’andamento e la durata delle crisi, potremmo dare la seguente rappresentazione della nostra tesi: l’attuale crisi ed in genere tutte quelle provocate da fattori esterni o esogeni al sistema economico sono a forma di “V” nel caso migliore o a “U” nel caso peggiore (discesa rapida del Pil ma con una rapida ripresa); le crisi provocate da fattori interni o endogeni al sistema economico, come quelle del primo decennio di questo secolo, sono generalmente a forma di “L” o “W” (discesa del Pil, con una stagnazione molto lunga nel primo caso ovvero con una ricaduta nella crisi dopo la ripresa nel secondo caso).
Il ragionamento è rafforzato dal fatto che, oggi, le politiche economiche “non sono invariate” in quanto prima la Cina e poi l’Italia e l’Unione europea da un lato e gli Usa dall’altro, avendo fatto tesoro delle esperienze conosciute nelle crisi precedenti, a partire da quella del “29 del secolo scorso a quelle più recenti, stanno iniettando varie centinaia di miliardi di dollari o euro nel sistema economico mondiale.
In particolare, l’economia e le imprese italiane ed europee, strutturalmente sane e solo temporaneamente “spente”, saranno pronte a reagire utilizzando la grande massa di liquidità messa a loro disposizione in queste settimane a condizione, però, che l’azione delle Istituzioni sia tempestiva e che la liquidità sia erogata velocemente. Su questo punto avrà un ruolo centrale il sistema bancario italiano e europeo (compresa la Bce) che costituirà il braccio operativo dei governi e delle Istituzioni Ue.
Un supporto alla tesi viene dato dalle stime fornite recentemente dalla Svimez (9 aprile 2020) che utilizzando il suo modello econometrico (NMODS) ha stimato una forte caduta del Pil italiano nel primo semestre 2020 per poi rilevare un rapido recupero nel secondo trimestre (Fig. 2, pag. 24 dello studio). Ovviamente la caduta del Pil prevista per l’intero 2020 è molto negativa pari a -8,4% contro il -5,5% del 2009 conosciuto a seguito della crisi dei “subprime”. A questo proposito, occorre sottolineare che la stima non ha tenuto conto, e non poteva essere altrimenti considerata la tempistica (nel modello è stato inserito solo il Decreto legge del 17 marzo 2020, n. 18 “Cura Italia”), di tutte quelle misure di politica economica che il Governo italiano (e europei) e poi le Istituzioni Ue (Commissione Ue, Bce e Bei) hanno messo/metteranno in campo in queste settimane e del loro impatto sull’economia italiana.
La conclusione di quanto sostenuto è che l’economia italiana conoscerà i primi segnali di ripresa già dal terzo trimestre del 2020 e che le stime realizzate dalla Svimez potrebbero rilevarsi eccessivamente pessimistiche e che a fine anno potremmo avere a consuntivo dei risultati migliori sia in termini di Pil che di occupazione.