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Germania

In Germania non tornano i conti sugli aiuti Covid

Il governo tedesco fu piuttosto generoso nella distribuzione degli aiuti economici durante la pandemia di Covid. A quattro anni di distanza, però, i conti non tornano e sono stati aperti oltre cinquemila contenziosi.

Doveva essere una prova di efficienza dello Stato, un’assistenza immediata slegata da complicazioni burocratiche. Si sta trasformando in un boomerang di richieste di restituzioni, ricorsi e, ovviamente, tanta burocrazia. Ricordate gli aiuti economici a lavoratori autonomi e commercianti nei mesi della prima ondata di Covid? Il governo tedesco fu piuttosto generoso nelle erogazioni, sia per quanto riguardava le somme che le modalità di erogazione di quelli che in Italia venivano chiamati ristori e che in Germania presero il nome di Corona-Soforthilfe. A quattro anni di distanza, molti conti non tornano e per farli tornare sono stati avviati oltre cinquemila contenziosi tra i riceventi e le rispettive autorità: non solo lo Stato federale, ma anche i singoli Länder.

Nel marzo 2020, i Corona-Soforthilfe sono stati il primo sostegno che lo Stato ha concesso ai lavoratori autonomi e alle piccole imprese durante la pandemia. I gestori di bar e club dovettero interrompere la loro attività, così come molti studi cosmetici e parrucchieri e tanti altri esercizi commerciali che non rientravano nella categoria di negozi di rilevanza strategica. Lo stesso accadde a tanti professionisti (fotografi, artisti, giornalisti freelance), impossibilitati a svolgere lavori e quindi a guadagnare il necessario per vivere, pagare affitti, acquistare beni alimentari.

In un primo stanziamento furono distribuiti circa 13 miliardi di euro a circa 1,8 milioni di persone colpite. Soldi stanziati dallo Stato federale, ma anche dai singoli L¨ånder, secondo un principio di suddivisione fedele alle regole del federalismo. Nella maggior parte dei Länder federali furono infatti erogati ulteriori finanziamenti statali per oltre tre miliardi di euro. L’importo delle distribuzioni variava da Land a Land. Secondo statistiche abbastanza fedeli, in media ogni richiedente ha ricevuto in Turingia circa 6.000 euro di aiuti d’urgenza, in Renania-Palatinato 7.800 euro e in Nord Reno-Westfalia 10.500 euro.

Il numero di richieste fu elevato, anche perché dopo un’iniziale impaccio, i meccanismi per accedere agli aiuti (rigorosamente online) si dimostrarono relativamente semplici. Molti vi fecero ricorso, intimoriti anche dall’incertezza dei tempi della pandemia e delle misure di lockdown che sarebbero state adottate, anche con l’idea di verificare più avanti se ci fossero davvero i requisiti per averli. Non tutto risultava chiaro dalle indicazioni fornite.

Ma anche quattro anni dopo, il ministero dell’Economia non è ancora in grado di dire quante di questi pagamenti fossero legittimi. I rapporti finali con le cifre definitive sugli aiuti d’emergenza da parte dei Länder federali non saranno disponibili prima della fine del 2025, se tutto va bene. È tuttavia già chiaro, secondo un sondaggio realizzato dal pool giornalistico della Süddeutsche Zeitung e delle tv pubbliche regionali Wdr e Ndr, che in più di 400.000 casi le persone che hanno beneficiato degli aiuti dovrebbero restituire i soldi in tutto o in parte. E alcune di esse lo hanno già fatto.

I beneficiari potrebbero dover affrontare dunque ulteriori rimborsi, a quattro anni dall’erogazione. Rimborsi probabilmente già utilizzati e dunque esauriti. Il tg del canale televisivo pubblico Ard ha raccontato come esempio la storia di Marion Alemeier, parrucchiera a Siegburg, cittadina di 40mila abitanti nel Nord Reno-Westfalia, a metà strada fra Bonn e Colonia. Alemeier ricorda bene quelle settimane di angoscia, la paura di un contagio ancora sconosciuto, le notizie tragiche che arrivavano dal Nord Italia, le attività che chiudevano una dopo l’altra, le città che si svuotavano, le persone isolate nelle proprie case. Il suo negozio rimase chiuso per settimane, quasi due mesi di lockdown. Così, quando ha presentato la domanda per i ristori, era sicura che non avrebbe dovuto restituire l’importo. Nei giorni e nelle settimane che seguirono le condizioni cambiarono continuamente, ricorda, e alla fine, nel dicembre 2021, ha ricevuto un avviso che avrebbe dovuto restituire i soldi. La parrucchiera di Siegburg ha però fatto causa e l’ha vinta in tribunale.

In totale, più di 5.000 persone che hanno ricevuto l’avviso di restituzione degli aiuti hano fatto causa per il rimborso e circa la metà dei procedimenti sono ancora aperti. Il ministero dell’Economia stima al momento che circa 5 miliardi di euro in aiuti d’emergenza per il Covid siano stati erogati senza che i riceventi ne avessero diritto, del tutto o nella misura richiesta.

Ma che non si tratti solo di approfittatori lo testimonia in maniera indiretta la Corte dei Conti federale, che già nei mesi del Covid criticò le indicazioni del governo (allora l’esecutivo di Grosse Koalition guidato da Angela Merkel) come confuse: procedure e requisiti di ammissibilità poco chiari, vaghezza nell’indicare in dettaglio quali spese materiali e finanziarie potessero essere prese in considerazione. Molti Länder specificarono le condizioni per chi aveva diritto a ricevere gli aiuti di emergenza solo dopo che erano già state presentate molte domande. E tali domande venivano accolte automaticamente, rinviando i dovuti controlli a un tempo successivo. Era sufficiente un “auto-esame” del richiedente: gli aiuti, d’altronde, dovevano arrivare velocemente.

Ora la questione è se il governo possa ancora esigere il rimborso dopo un periodo così lungo, specie nei casi in cui i benefici concessi siano già stati spesi. Dei 5 miliardi di euro di aiuti d’emergenza pagati in eccesso stimati dal ministero deell’Economia, circa 3,5 miliardi di euro sono già stati rimborsati. Ma restano ancora da liquidare più di 1,5 miliardi di euro. Il ministero continua a sostenere di aver comunicato in maniera trasparente condizioni e modalità fin dall’inizio, tuttavia non sono pochi i casi in cui i tribunali hanno annullato gli avvisi di reclamo, sostenendo che lo Stato aveva fissato determinate condizioni al momento del pagamento del denaro, ma non le ha rispettate quando ne ha chiesto la restituzione.

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