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Mes

Perché l’Europa preme sull’Italia per ratificare la riforma del Mes?

Sta per saltare qualche grande banca nell’Eurozona? Oppure ci sono altri motivi alla base delle pressioni Ue sull'Italia per procedere alla ratifica della riforma del Mes? Fatti, ipotesi e analisi nell'approfondimento di Giuseppe Liturri

 

Sta per saltare qualche grande banca nell’Eurozona? A giudicare dalle pressioni esercitate sull’Italia negli ultimi giorni per procedere alla ratifica della riforma del Trattato del Mes, parrebbe proprio di sì. Se poi si è scomodata addirittura Christine Lagarde, presidente della Bce, allora significa la situazione è “grave ma non è seria” [cit.].

Ricordiamo a chi si mettesse ora in ascolto che la riforma del Mes, che il Parlamento italiano unico tra i 20 Paesi dell’eurozona si ostina a non ratificare, introduce la possibilità di erogare un prestito di 68 miliardi a favore del Fondo di Risoluzione Unico (SRF), nel caso quest’ultimo avesse esaurito le proprie disponibilità per intervenire in uno più dissesti bancari.

Di conseguenza, qui bisogna essere chiari. Delle due, l’una: o la ratifica del Mes non serve o nulla ed allora non si capisce la pressione sull’Italia, o serve a qualcosa, cioè ad intervenire con urgenza in una crisi bancaria.

Ci sarebbe anche una terza possibilità: che serva ad altro, ma allora è bene che qualcuno, prima in Europa e poi in Italia, abbia il coraggio di parlare chiaro e rivelare la finalità ora nascosta.

Se dovessimo prendere per buona l’urgenza manifestata dalle istituzioni europee, allora dovremmo ipotizzare che potrebbe essere imminente un dissesto bancario di dimensioni tali dover richiedere dapprima il bail-in di obbligazionisti e depositanti oltre 100 mila euro fino al 8% del passivo della banca. Tale sacrificio non dovrebbe essere sufficiente a riequilibrare attivo e passivo al punto che dovrebbe intervenire il SRF, i cui circa 60 miliardi non dovrebbero bastare per soccorrere la banca. A quel punto sarebbe necessario il prestito del MES al SRF per intervenire come autorità di risoluzione e tenere la banca in piedi.

Ma se c’è urgenza di tale disperata ciambella di salvataggio, sembrano poco veritiere le conclusioni dell’Eurogruppo di venerdì scorso. Dove dapprima ci si autocompiace della solidità del sistema bancario europeo anche di fronte alle crisi bancarie avvenute negli USA ed in Svizzera, ma poi si torna ad insistere sulla ratifica del Mes con il suo prestito “paracadute” che è davvero strumento di ultima istanza di fronte ad uno tsunami.

Questo intervento è messo curiosamente sullo stesso piano rispetto ai pilastri mancanti dell’Unione Bancaria, su cui l’Eurogruppo ed anche il successivo Consiglio Ecofin informale, si ripromettono di intervenire. Parliamo della famigerata direttiva BRRD che gestisce la risoluzione delle banche in dissesto. La recente proposta della Commissione, da un lato, mira ad estendere la risoluzione (bail-in incluso) anche a banche medio-piccole finora escluse, vanificando così l’intervento preventivo dei fondi di tutela interbancari. Insomma risoluzione per tutti, piccoli e grandi, anche se gli schemi nazionali potrebbero funzionare meglio.

Silenzio di tomba sul fatto che nei fondi di tutela dei depositi nell’area euro ci sono 140 miliardi e che forse sarebbe più utile mettere finalmente in campo un sistema di garanzie reciproche di questi fondi (le famose Edis mai varate). Negli USA, questa garanzia esiste ed al FDIC è bastato un attimo per mettere in sicurezza tutti i depositi bancari di qualsiasi importo. Noi in Europa non abbiamo le pareti, ci manca il tetto ma ci stiamo preoccupando del sistema antiincendio.

Allora, siamo al sicuro o dobbiamo preoccuparci? O da Bruxelles vogliono altro?

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