skip to Main Content

Mes

Ratifica della riforma del Mes: sì o no?

Quali sono gli argomenti che i parlamentari dovrebbero valutare per approvare o opporsi alla ratifica della riforma del Mes? L'analisi di Giuseppe Liturri.

 

Quali sono gli argomenti che i parlamentari dovrebbero valutare per approvare o opporsi alla ratifica della riforma del Mes? La risposta dei tecnici di via XX Settembre si è rivelata una tigre di carta – definita “decisiva” chi ha voluto capire fischi per fiaschi per utilizzarla strumentalmente – e si è concentrata su aspetti tecnici nella prospettiva del nostro ruolo di azionista del Mes.

COSA DICE SUL MES LA RELAZIONE DEL SERVIZIO STUDI DI MONTECITORIO

Ma vorremmo andare oltre e non abbiamo ovviamente la presunzione di insegnare nulla ai membri delle Camere, che la vera relazione “tecnica” ce l’hanno già da qualche mese. Parliamo della scheda di lettura 78 del 24 marzo 2023 redatta dall’eccellente Servizio Studi di Montecitorio e che correda le due proposte di legge presentate dall’opposizione per autorizzare il Presidente della Repubblica alla ratifica del Mes. Qui c’è già tutto – in una prospettiva tecnica – per condurre i parlamentari alla decisione squisitamente politica di rifiutare una riforma tutta nella prospettiva del creditore che, simmetricamente, peggiora quella del debitore.

Undici pagine che dovrebbero condurre alla decisione di considerare totalmente irricevibile questa riforma, per i danni che potrebbe fare.

GLI OBIETTIVI

Cominciamo dagli obiettivi. Al Mes non basta più erogare prestiti per fornire sostegno alla stabilità finanziaria dei sui membri, ora vorrebbe avere il compito di “monitorare e valutare la situazione macroeconomica e finanziaria degli Stati membri, compresa la sostenibilità del debito pubblico”, ciò a prescindere dall’effettiva richiesta dei prestiti. Tale attività avverrà “in via preventiva e ad uso esclusivamente interno, su basi metodologiche trasparenti e prevedibili”. Ora vorremmo sperare che i nostri parlamentari si rendano conto della pericolosità di tale rafforzamento dei poteri del Mes. L’analisi di sostenibilità del debito pubblico è uno degli esercizi più discrezionali e dall’esito incerto che possa esistere. Se ne occupa già la Commissione e, sotto altri aspetti, anche la Bce e il FMI. E la foglia di fico delle metodologie trasparenti sembra messa apposta per tranquillizzare, senza riuscirci, gli scettici. Interpellando dieci economisti, potremmo avere cento valutazioni di sostenibilità del debito pubblico. Affidandola al Mes, nella prospettiva del creditore, il rischio di allarmi ingiustificati è altissimo e un’analisi di sostenibilità sbagliata sarebbe la classica profezia autoavverante. Ma davvero vogliamo correre un tale rischio?

Stesso discorso per le clausole di collettiva con approvazione a maggioranza unica che consentirebbero a una “maggioranza qualificata di creditori di imporre la ristrutturazione del debito a tutti i creditori”. Il Servizio Studi evidenzia che “potrebbero consentire una semplificazione delle procedure di ristrutturazione del debito”. È questo che vogliamo per il nostro Paese?

Un altro caposaldo della riforma è la procedura semplificata per la linea di credito precauzionale. “Semplificata” perché i criteri per l’ammissione, individuati in dettaglio, sono tutti i parametri (deficit/PIL inferiore al 3% nei due anni precedenti, debito/PIL inferiore al 60% o in riduzione di 1/20 all’anno) che si sta cercando di mandare in soffitta con la riforma del Patto di Stabilità. E qualcuno invece pretende che si ratifichi un Trattato che contiene simili residui di antiquariato di politica economica?

Non soddisfare quei parametri, oggi condurrebbe a poter utilizzare solo la linea di credito a condizioni rafforzate, che necessariamente comporta la stipula di un protocollo d’intesa, da negoziare con Commissione, direttore generale del Mes e Bce, recante le “condizioni cui è associata la concessione dello strumento di sostegno, rispecchiando la gravità delle carenze da colmare”. Ma davvero qualcuno vuole che il nostro Paese possa essere assoggettato a qualche migliaia di condizioni (la Grecia ne ha dovute subire 4.543 con i due programmi EFSF e MES) che disciplinerebbero i minimi dettagli delle scelte economiche e sociali?

IL RUOLO DEL TPI E DEL SRF

Ci permettiamo di ricordare ai nostri parlamentari che in caso di instabilità finanziaria che colpisse un Paese con le finanze pubbliche in ordine, da luglio 2022 c’è lo strumento della BCE denominato TPI (transmission protection instrument) che prevede l’acquisto di titoli pubblici all’incirca stesse condizioni previste dal Mes, senza stipula di protocolli di intesa e, in ogni caso, c’è sempre la flessibilità dei reinvestimenti del programma PEPP. Questo è il vero meccanismo di stabilità a cui guardano gli investitori sui mercati.

Da ultimo, la riforma prevede il prestito del Mes per 68 miliardi a favore del Fondo di risoluzione unico (SRF), qualora i costi di una risoluzione bancaria esaurissero i 60 miliardi di cui già dispone. Ma questa è solo una gamba dell’Unione Bancaria, mentre la garanzia comune e reciproca sui depositi è bloccata da veti contrapposti. In ogni caso, oggi c’è comunque la ricapitalizzazione diretta delle banche ad opera del Mes. L’Unione Bancaria non si fa a pezzi e noi dovremmo accettare solo l’intero progetto, non la porzione che oggi potrebbe far comodo a qualche grande banca francese o tedesca. Ammesso e non concesso che 128 miliardi servano a qualcosa, quando il Credit Suisse da solo ne ha richiesti ben di più. I nostri parlamentari sanno che se quel prestito fosse attivato, si avvicinerebbe il momento in cui l’Italia potrebbe essere chiamata a versare altri 110 miliardi di capitale?

Back To Top