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Conte

I grilli di Conte sul Giurì d’onore

Cosa si dice della protesta pretestuosa di Giuseppe Conte sul Giurì d'onore per la firma del Mes. I Graffi di Damato

Strano tipo davvero Giuseppe Conte, professore di diritto, avvocato, presidente del Consiglio, presidente del Movimento 5 Stelle, maggiore esponente del progressismo in Italia, aspirante capo delle opposizioni al governo di Giorgia Meloni, difensore – solo qualche giorno fa – della “spinta propulsiva della rivoluzione” ascrivibile al suo movimento ma di memoria alquanto sovietica. Il segretario del Pci Enrico Berlinguer ne annunciò “’l’esaurimento”, cioè sfinimento, parlando in televisione del comunismo militarizzato in Polonia col ricorso di Mosca al generale Vojciek Jaruzelsky.

CONTE E IL GIURÌ D’ONORE

Ho citato le varie edizioni dell’ex premier grillino in ordine rigorosamente cronologico, secondo le cariche ricoperte e i riconoscimenti attribuitigli o attribuitisi da solo. Ma da ieri egli può considerarsi anche il ricusatore, avendo prima reclamato e ottenuto dal presidente della Camera un giurì d’onore per l’accusa rivoltagli in aula a Montecitorio dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni di avere autorizzato “nelle tenebre” nel gennaio del 2021, quando era a capo del governo, la firma del trattato del Mes, e per avere ora rifiutato quel giurì, chiedendone la soppressione, per averne appreso un orientamento maturato in senso contrario alle sue opinioni, versioni di fatti e quant’altro. Un giurì intanto abbandonato dai due esponenti dell’opposizione chiamati a farne parte per protesta contro il presidente Giorgio Mulè vice presidente forzista della Camera, e gli altri due esponenti della maggioranza. Che sono Il leghista Fabrizio Cecchetti e Alessandro Colucci, di “Noi moderati” dell’ex ministro Maurizio Lupi.

Diversamente dall’annuncio fatto il 13 dicembre corso dalla Meloni in Parlamento sventolando un documento, Conte non era già dimissionario ma ancora in carica quando fece disporre con una comunicazione della Farnesina del 20 gennaio 2021 l’adesione al trattato del Mes, o fondo europeo salva Stati, essendo le sue dimissioni sopraggiunte il 26 gennaio. Ma il governo, già abbandonato dalla componente di Matteo Renzi, era virtualmente in crisi, la cui apertura formale Conte ritardò cercando inutilmente “volenterosi” del centrodestra disposti ad appoggiarlo. Egli quindi sapeva di non disporre più di una maggioranza, tanto meno a favore della ratifica parlamentare di quel trattato. Che in effetti dopo anni è stato bocciato dal Parlamento, nel frattempo rinnovato. E bocciato a cominciare dal gruppo parlamentare dello stesso Conte.

Tutto questo adesso l’ex premier non vuole sentirselo dire e rinfacciare in aula col verdetto del giurì d’onore, che è stato calciato come un pallone e buttato fuori dal campo perché “l’arbitro è venduto”, ha gridato Il Fatto Quotidiano, l’unico giornale che abbia avuto peraltro il coraggio di portare l’avvilente vicenda in prima pagina, Tutti gli altri l’hanno relegata nelle pagine interne per quella che è: una protesta pretestuosa, diciamo così.

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