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Perché la lettera del Mef pro Mes è un boomerang

Dopo la lettera firmata dal capo di gabinetto del Mef, siamo proprio convinti che le ragioni contro la ratifica del Mes siano state smontate?... Il commento di Giuseppe Liturri

 

Da qualche giorno è entrato nel vivo alla Camera dei Deputati in Commissione Esteri l’esame del disegno di legge (presentato dall’opposizione) finalizzato alla ratifica del Mes e stamattina è arrivata sul tavolo dei deputati una nota informativa – firmata dal capo di gabinetto del Mes, avvocato Stefano Varone – in risposta ad una richiesta esplicita del presidente Giulio Tremonti. Quali sono gli effetti, diretti ed indiretti, sulla finanza pubblica della ratifica del Trattato riformato? La risposta è strettamente tecnica e prescinde da valutazioni prospettiche di natura prettamente politica. Come è d’obbligo che sia, dato che a rispondere sono stati i Dipartimenti del Mef che comunque si spingono a fare valutazioni molto discutibili.

Sull’onda dell’entusiasmo, qualcuno gli ha attribuito, prendendo fischi per fiaschi, il ruolo di pistola fumante per “smontare tutte le ragioni che finora hanno impedito la ratifica”.

Ma non è così. Per la semplice ragione che la domanda non era quella e quindi la risposta parla di tutt’altro e, ad un’attenta lettura, conduce a conclusioni esattamente opposte.

Tuttavia merita entrare nei dettagli, giusto per avere un’idea degli effetti che provoca la lettura dei documenti eseguita con le lenti distorte dal pregiudizio.

Sugli effetti diretti, nulla da dire. La ratifica non muove un centesimo nei saldi di finanza pubblica. Anche perché ormai li ha generati nel 2012, quando abbiamo versato 14 miliardi. Né si può affermare che la ratifica, da sola, comporterebbe l’esborso degli altri 110 miliardi di capitale del Mes a carico dell’Italia, da versare a prima richiesta entro 7 giorni.

Sugli effetti indiretti, dal Mef mettono le mani avanti, premettendo che “appaiono di difficile valutazione”. E già questo dovrebbe indurre a leggere con prudenza quanto poi segue, prima di fare il giro di campo avvolti nella bandiera del Mes. Giustamente al ministero si chiedono se la riforma aumenterebbe la rischiosità del Mes, cioè proprio il rischio di versare gli altri 110 miliardi e concludono che “non si rinvengono nell’Accordo modifiche tali da far presumere un peggioramento del rischio”. Anzi, il rating del Mes resta ai massimi. E ci mancherebbe, aggiungiamo noi. Il rating è massimo proprio perché con la riforma, tutta nella prospettiva del creditore, si rendono più gravose le condizioni a carico dei debitori, come l’accesso quasi impossibile alla linea di credito precauzionale (quella con meno condizioni). E questo è un argomento contro la ratifica, non a favore. Basta leggere.

Ma al Mef avevano ansia di scrivere qualcosa meno banale e si sono avventurati sul terreno scivoloso delle congetture. Infatti “sulla base di riscontri avuti da analisti ed operatori di mercato, è possibile che la riforma del Mes porti ad una migliore valutazione del merito di credito degli Stati membri aderenti, con un effetto più pronunciato per quelli a più elevato debito come l’Italia”. No, non ci siamo, gentile avvocato Varone. Tremonti non le ha chiesto cosa ne pensano “analisti ed operatori di mercato” (chi, quando?), le ha chiesto cosa ne pensano i suoi tecnici, in punto di norme di finanza pubblica. Nulla di più. Le telefonate ai mercati Tremonti è in grado di farle da solo, probabilmente a livelli più alti rispetto a quelli attinti dai tecnici del Mef.

L’ultimo argomento – a ben leggerlo – è contro la ratifica, non a favore. Infatti i tecnici sono costretti ad ammettere che il costo dell’attivazione del Mes è un’incognita inestricabile. Quanto costano i prestiti del Mes? Non si sa. Dipende da quanto paga il Mes per finanziarsi sui mercati e da come si muove nella raccolta (breve o medio/lungo termine), poi dal ricarico che ci metterà per coprire costi operativi ed “un margine adeguato” (volete mica che lavorino gratis!), lo strumento scelto dallo Stato membro per finanziarsi (la linea precauzionale o quella a condizioni rafforzate). Insomma si fa prima a lanciare i dadi. Poi bisogna fare il confronto con il costo di indebitamento prima di accedere al prestito, perché ovviamente il Mes avrebbe un impatto positivo solo qualora i costi di finanziamento sui mercati fossero arrivati alle stelle, tipo Grecia. Qualcuno si può avventurare a fare calcoli del genere per l’Italia? Nessuno. Infatti i tecnici del Mef lanciano il sasso, ma poi nascondono la mano. E da quando la Repubblica Italiana è costretta a chiedere prestiti con costo da determinarsi?

Alla fine, sapete chi ne beneficerebbe? Gli Stati membri azionisti del Mes (anche l’Italia ovviamente, ma è una partita di giro) che, grazie ai tassi che il Paese debitore pagherebbe, riceverebbero una migliore “remunerazione del capitale versato”. La conferma che è uno strumento che conviene ai creditori e non ai debitori. Come accade per una qualsiasi banca che gestisce debitori in difficoltà, in genere finisce per peggiorare la situazione ed espropriarli.

Siete ancora convinti che le ragioni contro la ratifica del Mes siano state smontate o che oggi abbiamo ricevuto una clamorosa conferma di quelle ragioni?

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