Caro direttore,
vedo che tu e il buon Trezzano vi affannate sempre più spesso a tirar fuori casi in cui emergono conflitti di interesse tali tra premiati e stilatori di classifiche professionisti (non possono quindi competere alle Olimpiadi) spacciando tale modus operandi come una simpatica astuzia tutta italiana.
Ma devo tirarvi bonariamente le orecchie e tacciarvi di provincialismo: saremo anche i discendenti di Machiavelli – anche se spesso ci sentiamo solo coevi di Totò e Peppino -, ma il giochino di premiare alla fine dell’anno le aziende di cui sei cliente e alle quali fornisci servizi di vario tipo – in genere consulenza – non lo abbiamo inventato noi. O se anche lo avessimo anche inventato noi, vi posso rassicurare che lo conoscono fin troppo bene anche al di fuori dei nostri confini.
Per questo ho apprezzato molto la recente letterina di Trezzano sugli inciuci fra Bain e Multiversity. Due nomi stranieri, ma solo la prima è americana: il secondo soggetto è italianissimo – seppure controllato da un fondo britannico e guidato da top manager di un colosso americano – e si è portato a casa il Bain Digital (R)Evolution Award. Applausi a scena aperta, trofei innalzati al cielo, comunicati stampa entusiastici, articoli di giornale come se piovesse e nemmeno mezza postilla per ricordare che la società di consulenza Bain durante l’anno ha assistito Multiversity nel lancio di un chatbot animato dall’Intelligenza artificiale.
Non ci vuole né l’Intelligenza artificiale né particolare acume umano per vedere ciò che è sotto gli occhi di tutti: ovvero che quando si parla di premi un po’ traballanti tutto il mondo è Paese. Ricordi i tanti quesiti che ti lanciai quando mi ero incaponito sui curiosi bollini dell’Istituto Tedesco Qualità e Finanza? Ecco, se vogliamo stare al nome: loro sono tedeschi, appunto. Sul sito scrivono: “l‘Istituto tedesco qualità e finanza (ITQF) fa capo a Hubert Burda Media, presente con 11.918 dipendenti in 24 Paesi”.
Se ricordi bene, pure i premi che i giornaloni (ah, voi giornalisti ne sapete sempre una più del diavolo) puntualmente assegnano alle grandi aziende – sempre le stesse – hanno un profilo internazionale: 9 volte su 10, infatti, sono rilasciati un ente certificatore internazionale in collaborazione con il quotidiano di turno e hanno tante (tantissime) categorie. E per ogni categoria una classifica piuttosto lunga. Dove sono tutti vincitori. Questa classifica è solitamente costruita intorno ad uno “score”, un punteggio.
Dobbiamo convenire che noi italiani abbiamo copiato tante cose dai cuginetti d’Oltralpe (codice civile, intelaiatura dello stato, persino il tricolore) tranne il campanilismo: se diciamo che il premio viene assegnato dalla Rocco SpA nessuno si eccita come quando si scrive che il riconoscimento arriva dall’Istituto Les Lapins Fous di Parigi, ammettiamolo. È un po’ come quando si cita il New York Times o il Guardian e puntualmente chi lo fa aggiunge l’aggettivo “prestigioso”. Ma de che? Diremmo mai “come scrive il prestigioso Corriere della Sera“?
E a proposito di nomi esotici e premi dal respiro internazionale, ho letto ghignando la pagina che l’inserto economico del prestigioso Corriere della Sera ha dedicato lunedì scorso alla Webraking 2024- 2025, l’indagine – giunta alla 28esima edizione – realizzata da Lundquist, in collaborazione con la società svedese Comprend, che valuta il livello di trasparenza dell’informazione societaria online delle 500 principali imprese quotate europee.
Per chi volesse saperne di più oltre all’immancabile classifica con focus sulle italiane in lizza c’è tanto di boxino dedicato a Joakim Lundquist, ceo di Lundquist e responsabile dell’indagine Webranking perché l’esterofilia in taluni casi rasenta il maniacale. Quello che mi ha fatto ghignare leggendo la paginata è che molte delle aziende premiate sono clienti di chi ha assegnato il premio. Ma non lo trovo scritto da nessuna parte nel lungo articolo pure madido di dettagli e orpelli. Ed è un premio sulla trasparenza. E l’amministratore delegato ci bacchetta pure: «A differenza della Finlandia o della Svezia che hanno risultati più omogenei, la cultura della trasparenza non è così diffusa a livello di Paese», spiega Joakim Lundquist, ceo di Lundquist e responsabile di Webranking, riporta il Corsera. E io aggiungo anche che il Lundquist è il maggiore azionista della omonima società con sede in Italia.
Chi è Lundquist, svedese di Stoccolma come si definisce? Ecco la bio che trovo on line: “Lavora quotidianamente con le più grandi aziende europee, accompagnandole nella progettazione e nello sviluppo di importanti progetti di comunicazione corporate, narrazione e storytelling, social media, sostenibilità, digital employer branding, rendicontazione non finanziaria e media relation. Con 20 anni di esperienza nella comunicazione corporate, più di 100 aziende clienti e 800 progetti in attivo e un passato nelle media relation, Joakim è oggi a capo di un’innovativa società di consulenza strategica, da lui fondata nel 2007, specializzata in comunicazione corporate strategica e in progetti di ricerca internazionali, volti a studiare le tendenze della comunicazione digitale e della sostenibilità aziendale (Webranking, CSR Online Awards, Wikipedia for companies). Oltre a guidare ogni giorno un team di 15 professionisti collegati a livello internazionale e costantemente all’avanguardia, Joakim è anche Segretario Generale dell’Oscar di Bilancio di Ferpi, il primo premio italiano per il reporting aziendale”. Insomma, lo svedese ha trovato il bengodi in Italia. Sono molto contento.
Dunque, caro direttore, richiama i tuoi giornalisti che ormai bivaccano sulle porte degli uffici di Top Manager Reputation (argomento che, ammetto, ha eccitato pure a me in passato, ma dati i suoi risvolti esclusivamente nazionali sparisce rispetto ad altri giganti) e dì loro – visto che non lo fanno i giornalisti delle testate che pure dedicano paginate a codesti premi – di comprendere come mai non vengano esplicitati da nessuna parte i rapporti pregressi che legano alcune delle aziende in classifica alla stessa società che assegna il premio, come ben desumibile dal loro sito.
Dammi retta, direttore: è una pista da battere. Questi sono stranieri, fissati con la trasparenza, hanno tutt’altra mentalità rispetto a noi italiani: in calce al sito ci sono tutti i riferimenti, se scrivete non mancheranno di rispondervi.
Un caro saluto
con stima, simpatia e un pizzico di internazionalità
Francis Walsingham