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Biden frena Intel in Germania e in Italia?

A causa dell'aumento dei prezzi dell'energia e dei più generosi sussidi americani, Intel rimanda a data da definire la costruzione di una fabbrica di chip in Germania. L'azienda ha in programma anche un impianto in Italia, che potrebbe essere a rischio. Tutti i dettagli.

 

L’IRA di Joe Biden sta mettendo i bastoni tra le ruote alle ambizioni tecnologiche dell’Europa?

Secondo il giornale tedesco Volksstimme, la società statunitense di microchip Intel posticiperà i lavori di costruzione della fabbrica di semiconduttori a Magdeburgo, una città nella Germania orientale, previsti per la prima metà del 2023. Il motivo: vuole più sussidi pubblici.

PERCHÉ LA FABBRICA DI CHIP È IMPORTANTE

La fabbrica – ricostruisce Reuters – è estremamente importante per la Germania e per l’intera Unione europea, che vuole aumentare la propria capacità manifatturiera di componenti critici per l’industria e ridurre la dipendenza dalle filiere straniere, suddivise tra molti paesi diversi e pertanto più vulnerabili a “inceppi” e blocchi delle forniture.

LE RAGIONI DEL RIPENSAMENTO DI INTEL

Stando al Volksstimme, il ripensamento di Intel è dovuto agli alti prezzi dell’energia in Europa e al rincaro delle materie prime, che hanno stravolto i calcoli della società. Il giornale scrive che Intel aveva infatti stimato costi di investimento per 17 miliardi di euro, che adesso però sono saliti a 20 miliardi circa.

Secondo l’azienda, “le sfide geopolitiche si sono fatte più grandi, la domanda di semiconduttori è diminuita e l’inflazione e la recessione stanno sconvolgendo l’economia globale. Questo significa che non possiamo ancora indicare una data definitiva per l’inizio dei lavori” alla fabbrica.

LA GERMANIA AUMENTERÀ GLI AIUTI DI STATO?

Intel ha anche fatto sapere di stare discutendo con il governo tedesco per colmare il “deficit” di finanziamenti. Berlino si era impegnata a garantire alla società aiuti di stato per 6,8 miliardi di euro, che potrebbero però crescere parallelamente ai costi.

– Leggi anche: Intel batte cassa in Europa per produrre chip

INTEL METTE LE MANI AVANTI

Non è chiaro cosa succederà. Intel ha detto di stare monitorando la situazione e che calibrerà gli investimenti a seconda dell’andamento del mercato. “Non possiamo prevedere la ripresa del mercato”, ha specificato, “ma sappiamo che si riprenderà, come è sempre avvenuto in passato dopo un ciclo ribassista”.

COSA HA DETTO IL GOVERNO TEDESCO

Un portavoce del ministero dell’Economia tedesco, le cui dichiarazioni sono state riportate da Bloomberg, ha detto che la Germania ha intenzione di sostenere il progetto di Intel “nel quadro dei requisiti per gli aiuti di Stato e dei criteri dell’European Chips Act“, il piano da 43 miliardi di euro dell’Unione europea per stimolare la manifattura interna di microchip.

“Il governo federale [tedesco] sostiene l’obiettivo comune dell’Unione Europea di espandere ulteriormente la quota europea del mercato globale dei semiconduttori”, ha aggiunto.

GLI OBIETTIVI EUROPEI SUI MICROCHIP

La capacità manifatturiera di semiconduttori dell’Unione europea – che pure dispone di aziende importantissime, come ASML – vale appena l’8 per cento del totale mondiale. La Commissione vuole portarla al 20 per cento entro il 2030. È un obiettivo molto ambizioso che l’European Chips Act dovrebbe agevolare, inducendo le aziende a investire in capacità produttiva nel Vecchio continente: quello di Intel è l’investimento più grande, dal valore di 80 miliardi in dieci anni suddivisi tra varie località sul territorio europeo.

Tuttavia, gli alti prezzi dell’energia, le difficoltà economiche e i più generosi sussidi offerti dagli Stati Uniti con l’Inflation Reduction Act (da 369 miliardi di dollari in tutto) e con il CHIPS Act (52,7 miliardi esclusivamente per i chip) potrebbero scombinare i piani europei.

COSA FARÀ IL GOVERNO MELONI

Il 29 dicembre scorso la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha anticipato che chiederà un incontro con i rappresentanti di Intel per discutere dell’investimento della società in Italia per l’apertura di un impianto di confezionamento (packaging) di chip, l’ultimo anello della filiera che porta al prodotto finito.

L’investimento ammonta all’incirca a 4,5 miliardi di euro, che il governo potrebbe coprire con fondi pubblici fino al 40 per cento della somma totale.

Meloni ha definito l’investimento “strategico”, ma non è stato ancora raggiunto un accordo definitivo in merito. “Sto cercando di calendarizzare incontro con l’azienda”, ha aggiunto, “per capire come possiamo facilitare la decisione e favorire l’investimento”.

Lo stabilimento dovrebbe sorgere a Vigasio, in Veneto, e creare cinquemila posti di lavoro tra diretti (1500) e indiretti. L’avvio dei lavori di costruzione è stimato tra il 2025 e il 2027.

LO ZAMPINO DI BIDEN?

Nel commentare le esitazioni di Intel in Germania, e di conseguenza in Italia, Il Sole 24 Ore ha scritto che “il rallentamento della multinazionale americana [è] da attribuire alle mutate condizioni di politica economica negli Stati Uniti, in particolare l’Inflaction Reduction Act approvato ad agosto”.

“A pesare”, prosegue il quotidiano confindustriale, “sono le condizioni di grande vantaggio previste dalle misure di aiuti americane per gli investimenti nei chip e nell’energia e il pressing dell’amministrazione [Biden] sulle aziende per investire negli Stati Uniti piuttosto che all’estero. Possono bastare per mettere in discussione un piano strategico di dieci anni e 80 miliardi di investimenti in Europa come quello di Intel? Secondo gli analisti è molto improbabile, anche se non impossibile”.

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