Secondo la banca d’affari americana Goldman Sachs, una vittoria netta di Kamala Harris e del Partito democratico alle elezioni di novembre è lo scenario migliore per l’economia degli Stati Uniti. Al contrario, se il Partito repubblicano dovesse ottenere il controllo del Congresso e Donald Trump fare ritorno alla Casa Bianca, il Pil nazionale ne risentirebbe, diminuendo già a partire dal 2025 per effetto delle tariffe sulle importazioni dalla Cina e delle restrizioni all’immigrazione promesse dal candidato ed ex-presidente.
L’ANALISI DI GOLDMAN SACHS
In una nota pubblicata martedì dagli analisti di Goldman Sachs si legge infatti che “in caso di vittoria netta di Trump o di un governo diviso, il colpo alla crescita derivante dai dazi e da una politica di immigrazione più rigida supererebbe l’impulso fiscale positivo”. Al contrario, “in caso di vittoria dei democratici, la nuova spesa e l’espansione dei crediti d’imposta per i redditi medi compenserebbero in misura leggermente superiore i minori investimenti dovuti alle elevate aliquote d’imposta sulle società, dando luogo a un lievissimo impulso alla crescita” del prodotto interno lordo.
LE PROMESSE ECONOMICHE DI KAMALA HARRIS
Tra le proposte economiche di Kamala Harris c’è il ripristino e l’espansione del “Child Tax Credit”, con uno sgravio fiscale fino a 6000 dollari per le famiglie a basso e medio reddito con un neonato, e il taglio delle tasse fino a 1500 dollari per gli individui a basso reddito. La candidata ha inoltre promesso di contenere i prezzi elevati dei farmaci e dei beni alimentari.
– Per approfondire: Qual è il programma economico di Kamala Harris?
IL GIUDIZIO DI GOLDMAN SACHS SUI POSTI DI LAVORO
Secondo Goldman Sachs, sotto un’eventuale presidenza Harris la crescita dei posti di lavoro sarebbe superiore di 10.000 unità al mese rispetto a uno scenario di vittoria di Trump con Congresso diviso, e di 30.000 unità rispetto a uno scenario di vittoria totale dei repubblicani. Nell’amministrazione Harris, inoltre, ci sarebbe un contributo più grande degli immigrati alla forza lavoro rispetto a una seconda amministrazione Trump, che promette misure più drastiche per contenere l’immigrazione.
I DAZI DI TRUMP
Donald Trump ha proposto anche l’imposizione di un dazio del 10 per cento su tutte le merci importate dagli Stati Uniti con l’obiettivo di proteggere la manifattura e l’occupazione nazionali e raccogliere fondi con i quali finanziare l’estensione dei tagli alle tasse del 2017.
Anche l’attuale amministrazione di Joe Biden, di cui Harris è vicepresidente, ha imposto molti dazi, principalmente per colpire la Cina.
Gli analisti di Goldman Sachs hanno espresso scetticismo sul dazio generale del 10 per cento, ma ritengono che Trump annuncerebbe in tempi brevi nuove tariffe sulle importazioni dalla Cina. L’economista premio Nobel Joseph Stiglitz aveva spiegato a Quartz che questi dazi “creerebbero un aumento significativo del costo della vita, sarebbe uno shock per l’economia e l’inflazione, a sua volta, porterebbe la Fed [Federal Reserve, la banca centrale degli Stati Uniti, ndr] ad aumentare i tassi di interesse”.
Stando a uno studio dell’Università della Pennsylvania, il piano economico di Trump farebbe aumentare il deficit federale americano di 5800 miliardi di dollari in dieci anni, quasi cinque volte tanto rispetto all’aumento causato dalle politiche di Harris (+1200 miliardi dollari).