Joe Biden ha ritirato la sua candidatura alle elezioni presidenziali statunitensi di novembre e ha detto di sostenere quella di Kamala Harris, l’attuale vicepresidente degli Stati Uniti, la quale si è già assicurata l’appoggio di alcuni dei principali finanziatori del Partito democratico. Stando alle fonti del Financial Times, la certezza del sostegno di questi donatori pare aver influito sulla decisione di Biden, che già da settimane, comunque, stava ricevendo forti pressioni affinché rinunciasse alla candidatura.
CHI APPOGGIA HARRIS: SOROS, HOFFMAN E NON SOLO
Nel giro di qualche ora dall’annuncio del presidente, Kamala Harris ha ricevuto il sostegno di diversi noti imprenditori: ad esempio di Reid Hoffman, co-fondatore di LinkedIn, che l’ha definita “la persona giusta al momento giusto” e che aveva già donato più di 8,6 milioni di dollari alla campagna elettorale di Biden (o meglio: di Biden-Harris, dato che la vicepresidente sarebbe stata riconfermata al suo ruolo, in caso di vittoria a novembre). Hoffman – riporta CNBC – “ha intenzione di donare a sostegno della candidatura di Harris una cifra ancora maggiore di quella che ha versato quando ha sostenuto Biden rispetto a Trump durante il ciclo di elezioni presidenziali del 2024. Secondo i registri della Federal Election Commission, Hoffman ha donato almeno 10 milioni di dollari ai comitati d’azione politica che sostengono Biden in queste elezioni”.
Dalla parte di Harris si sono subiti schierati anche Brad Karp della società di consulenza legale Paul Weiss (l’aveva appoggiata anche nel 2020); l’investitore George Soros assieme al figlio Alex; Rogert Altman, fondatore della banca Evercore; il produttore di Broadway Mark Cortale.
46,7 MILIONI DI DOLLARI RACCOLTI IN POCHE ORE
La raccolta fondi di Joe Biden non stava riuscendo a tenere il passo con quella di Donald Trump, il candidato del Partito repubblicano, che tra aprile e giugno ha superato i gruppi pro-Biden per quasi 100 milioni di dollari. Invece Kamala Harris ha raccolto più di 46,7 milioni di dollari solo nelle sette ore successive al lancio della sua campagna: è più di quanto la campagna Biden-Harris abbia mai raccolto in un giorno intero. Harris, inoltre, potrà avere facile accesso ai circa 95 milioni di dollari della campagna precedentemente guidata dal presidente e ora rinominata “Harris for President”.
CHI SARÀ IL VICE?
Benché Kamala Harris sia la favorita per diventare ufficialmente la candidata del Partito democratico, il suo indice di gradimento nazionale è sotto il 39 per cento, grossomodo lo stesso di Biden: gli elettori americani nei cosiddetti swing states – cioè quegli stati cruciali, nei quali non esiste una netta maggioranza di votanti del Partito democratico o di quello repubblicano – sembrano infatti preferire Trump.
Harris deve ancora nominare un proprio candidato alla vicepresidenza ed è probabile che sceglierà il governatore di uno swing state, come Gretchen Whitmer del Michigan o Josh Shapiro della Pennsylvania.
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Secondo Vinod Khosla, venture capitalist e storico finanziatore del Partito democratico, “un candidato più moderato” come Whitmer o Shapiro “sarebbe una grande cosa per l’America che non è tenuta in ostaggio dagli estremisti MAGA [Make America Great Again, il motto di Trump, ndr] e dall’estremismo” di sinistra.
Reed Hastings, presidente di Netflix e anche lui grande sostenitore dei Democratici, ha dichiarato che “i delegati democratici devono scegliere un vincitore di uno swing state“.
LE RISERVE DI BAINUM
Stewart Bainum Jr., presidente della catena alberghiera Choice Hotels e finanziatore di Biden, ha detto a CNBC che non sosterrà Harris prima della conclusione della convention del Partito repubblicano, che si terrà ad agosto a Chicago e nella quale – a suo dire – dovrà esserci un confronto tra la vicepresidente e “gli altri potenziali candidati” alla guida del partito.