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Ecco il vero effetto Draghi sull’economia italiana

Economia italiana: fatti, numeri, confronti e scenari. L'analisi di Gianfranco Polillo

 

A guardare il database dell’Ocse, una piacevole sorpresa. Per la prima volta, dopo un tempo immemorabile, l’Italia si colloca nelle posizioni di testa. Non é più maglia nera nella classifica della crescita economica, ma, almeno per quanto riguarda il primo semestre dell’anno, è superata, in Europa, solo dall’Austria. Ma si tratta di una mezza lunghezza. Nei sei mesi appena trascorsi, i nostri confinanti crescono del 3,1 per cento sull’ultimo trimestre del 2020, l’Italia del 2.9.

C’è solo da aggiungere che i dati non sono ancora completi. Manca all’appello un buon numero di elementi. In compenso, tuttavia, il set dei Paesi che rilevano, ai fini del confronto con l’Italia, dalla Germania alla Francia, ci sono tutti. Ed il distacco nei loro confronti risulta evidente.

In Germania, il tasso di crescita del secondo trimestre è stato dell’1,5 per cento, rispetto a quello precedente. Tre mesi prima era diminuito dell’1,8 per cento. Altri parlano dell’1,7. Comunque sia, il recupero su base semestrale ancora non si è verificato. Ed in effetti il gap, rispetto all’ultimo trimestre del 2020, è ancora dello 0,6 per cento. Colpa della pandemia. Pochi dubbi a riguardo. Tuttavia non va dimenticato che l’Italia ha subito un condizionamento analogo. Se le cose sono andate meglio, forse qualche merito va anche riconosciuto al Governo Draghi, che ha saputo gestire la fase di emergenza.

In Francia il tasso di crescita é stato dello 0,9 per cento. Si sperava in qualcosa in più, ma le attese sono andate deluse. Nel complesso la crescita é stata pari ad un pallido 0,9 per cento, visto che il primo trimestre si era chiuso con una soglia pari a zero. Nonostante ciò, si spera di chiudere quanto prima le distanze con il 2019. Rispetto a quei livelli dovrebbe mancare una sorta di ultimo miglio: un 3,3 per cento, che l’economia dovrebbe colmare con una salto nel terzo e quarto trimestre. Scommessa difficile, ma non impossibile.

La Spagna, nel secondo trimestre, è cresciuta più dell’Italia. Con una differenza a suo favore dello 0,1 per cento. Nel complesso, tuttavia, pesa la cattiva performance del primo trimestre, che aveva fatto registrare una caduta dello 0,4 per cento. Il risultato complessivo fa registrare una crescita cumulata del 2,3 per cento: O,6 punti meno dell’Italia. Non è il solo limite. A differenza del Bel Paese, che gode di una crescita diffusa, le esportazioni spagnole rimangono deboli (O,4 per cento) evidenziando una certa difficoltà sul piano della concorrenza internazionale.

Ancora più interessante il confronto con le medie europee. Nel semestre, la crescita dell’Eurozona é risultata essere pari all’1,7 per cento, mentre quella dell’intera Unione Europea all’1,8. Troppo poco, quindi, considerato che gli Stati Uniti fanno registrare una performance ben diversa. Con un tasso di crescita del 3,1 per cento. Che si colloca oltre le migliori posizioni dei singoli Paesi europei. Un dato di cui si dovrà tener conto nel momento in cui si comincerà a discutere di quale politica economica perseguire, una volta usciti – almeno così si spera- dal tunnel della pandemia.

Risultati così importanti per l’Italia non potevano non calamitare l’attenzione della politica. Il primo a tentare di metterci il cappello é stato Giuseppe Conte. “La crescita attuale, che sono fiducioso potrà arrivare anche al 6%, – ha sostenuto durante gli incontri con i deputati ed i senatori dei 5 stelle – in parte è dovuta al rimbalzo più forte per un Paese come il nostro che è stato colpito più duramente dalla pandemia, per il resto è merito delle politiche economiche e degli stimoli fiscali attuati lungo tutto il 2020: un totale di 100 miliardi di espansione, più 4 decreti Ristori e una manovra di bilancio da 40 miliardi”.

L’approccio era stato suggerito, qualche giorno prima, da il Fatto. Che non aveva esitato a circoscrivere i successi dell’Italia, addebitandoli, appunto, alla maggior caduta del Pil italiano durante i giorni della pandemia. Cosa vera solo in minima parte. Sempre dal database dell’Ocse risulta evidente come l’annus horribilis, per l’Italia, non sia stato tanto il 2020. La Spagna, allora, andò peggio dell’Italia. Quanto quello precedente. Nel 2019, l’Italia, come al solito verrebbe da dire, si collocò all’ultimo posto della classifica, per la gioia dei nostri vicini.

Messi da parte questi inutili protagonismi, resta la soddisfazione per una svolta che, pur con tutte le sue intrinseche incertezze, potrebbe tuttavia rappresentare un giro di boa. La presidenza di Mario Draghi ha inciso profondamente sulle aspettative sia interne che internazionali. Il che spiega la “sorpresa” del secondo trimestre, destinata, almeno così si spera, a non esaurirsi in un fuoco di paglia. Parola, almeno, dell’Ufficio parlamentare del bilancio: l’organismo indipendente che monitora l’evolversi della situazione congiunturale e le sue ricadute, in termini finanziari.

“Secondo le stime dell’UPB – si legge nella sua ultima nota congiunturale – il PIL dell’Italia si espanderebbe di quasi sei punti percentuali quest’anno e di oltre quattro nel prossimo. La marcata revisione al rialzo delle stime sul 2021, rispetto a quelle formulate in aprile per la validazione delle previsioni governative, è principalmente ascrivibile alla sorpresa sul PIL del secondo trimestre; per quest’anno si attende un maggiore contributo sia della domanda estera sia di quella per investimenti, la cui componente pubblica potrà essere trainata in misura non trascurabile dall’avvio dei progetti del Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)”.

Un miraggio? Ovviamente le difficoltà non mancano. Tanto più se si considera che il virus, con le sue mutazioni, é ancor quel mostro dei video games che non riesci mai a far fuori. Incrociamo, quindi le dita, ma senza abbandonare la voglia di reagire. Che é poi la premessa di qualsiasi resilienza.

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