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Moderna Italia Tria

Ecco come e perché l’ex ministro dell’Economia Tria strapazza i burocrati del Mef

Siluro a sorpresa dell’ex ministro dell’Economia, Giovanni Tria, alle burocrazie ministeriali in tema di richieste a Bruxelles Ex ministro dell’Economia contro dirigenti ministeriali anche del Tesoro. Boiardi di Stato nel mirino dell’ex inquilino di via XX Settembre, Giovanni Tria, che intervenendo sul Sole 24 Ore si lascia andare ad alcuni commenti inequivocabili sulla portata della…

Ex ministro dell’Economia contro dirigenti ministeriali anche del Tesoro.

Boiardi di Stato nel mirino dell’ex inquilino di via XX Settembre, Giovanni Tria, che intervenendo sul Sole 24 Ore si lascia andare ad alcuni commenti inequivocabili sulla portata della loro azione (o inazione) nelle partite cruciali, come per esempio quella in possibili programmi sostenuti da fondi comunitari o, sul fronte opposto, di veri e propri aiuti di Stato sovvenzionati direttamente dai singoli governi (gli aiuti di Stato in epoca pre-pandemica erano vietati dai Trattati per non falsare il gioco della concorrenza nel mercato comune, ma sappiamo benissimo che ciò non ha impedito alla Francia pesanti intromissioni nella vita delle proprie aziende).

COSA SCRIVE TRIA

“Si deve essere anche consapevoli – scrive Tria – che nel corso della pandemia il nostro Paese ha utilizzato in misura minima il maggior spazio concesso dalle regole europee agli aiuti di Stato (grazie al temporary framework), in confronto alla Francia e alla Germania, non tanto per mancanza di risorse quanto perché le strutture dei ministeri competenti adottano una interpretazione delle regole europee molto più restrittiva di quella degli altri Paesi e sono molto meno propense a negoziare con la Commissione i possibili interventi”. La concorrenza sleale che ieri bandiva dal raggio dei Ventisette gli aiuti di Stato, suggerisce l’ex ministro del Mef, oggi passa anche da qui: dall’incapacità o dalla mancanza di volontà da parte dei nostri tecnici di sedersi allo stesso tavolo con gli omologhi comunitari per strappare condizioni migliori.

L’AUTOGOL DEI NOSTRI BUROCRATI

“Si tratta di un caveat importante – prosegue Tria -, perché sarebbe inutile battersi in Europa per avere maggiore spazio di azione se poi non ci sono strutture operative nel nostro Paese che lo sappiano, o lo vogliano, usare”. Una critica di peso, che certo alimenta i dubbi sull’irrilevanza italiana nell’Ue, non solo politica ma anche sul fronte dei tecnici, frutto anche del pluridecennale snobismo che Roma ha sempre manifestato nei confronti di quanto accade a Bruxelles.

Ma se Parigi, Berlino, Madrid e gli altri dialogano più e meglio di noi con la Commissione, rischiano di strappare condizioni di favore, a svantaggio del nostro tessuto imprenditoriale ed economico. Un rischio che emerge tanto più prepotente oggigiorno, nella partita del Next Generation Eu, i fondi messi a disposizione in piena pandemia da Bruxelles per la ricostruzione post pandemica e l’irrobustimento di quei Paesi, Italia in primis, maggiormente esposti nelle crisi economiche.

I NUMERI SUGLI AIUTI DI STATO PER FRANCIA E GERMANIA

Dei 672 miliardi di euro di aiuti di stato che la Commissione ha approvato nel 2022, la Germania è valsa il 53 per cento del totale (356 miliardi) e la Francia il 24 per cento (161 miliardi). La quota dell’Italia, invece, è stata del 7 per cento circa (51 miliardi), seguita dalla Danimarca (24 miliardi). Tutti gli altri paesi membri hanno ricevuto insieme meno del 12 per cento della restante somma approvata da Bruxelles, ovvero 78 miliardi di euro.

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