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Delega Fiscale

Che cosa prevede la delega fiscale sulle tasse green

La legge sulla delega fiscale prevede una modifica delle aliquote della tassazione sui prodotti energetici, per favorire l'abbandono dei fossili e lo sviluppo delle rinnovabili. Ecco cosa significa e che cosa cambierà

La legge sulla delega fiscale, approvata ieri dal consiglio dei ministri (qui il testo integrale), della quale si è discusso molto soprattutto in relazione alla riforma del catasto, si prefigge anche di promuovere l’utilizzo delle energie rinnovabili e di scoraggiare quello delle fonti che emettono gas serra.

COSA DICE LA LEGGE SU IVA E FONTI RINNOVABILI

Nell’articolo 5 del disegno di legge intitolato “Razionalizzazione dell’imposta sul valore aggiunto e di altre imposte indirette”, si legge che il governo vuole “adeguare in coerenza con l’European Green Deal e la disciplina europea armonizzata dell’accisa, le strutture e le aliquote della tassazione indiretta sulla produzione e sui consumi dei prodotti energetici e dell’energia elettrica, con l’obiettivo di contribuire alla riduzione progressiva delle emissioni di gas climalteranti e alla promozione dell’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili ed ecocompatibili”.

GLI OBIETTIVI DELL’UNIONE EUROPEA SU ENERGIA E CLIMA

In sostanza, la legge punta ad allineare la normativa fiscale italiana con gli obiettivi climatici dell’Unione europea, che vuole ridurre del 55 per cento le proprie emissioni di gas serra (rispetto ai livelli del 1990) fino al loro azzeramento netto nel 2050. Sono target irraggiungibili senza un aumento della capacità energetica da fonti rinnovabili e un parallelo distacco dai combustibili fossili (a cominciare dal carbone, il più inquinante, e sul più lungo periodo anche dal gas naturale).

IL PREZZO DEL CARBONIO

Per incentivare questa transizione dalle fonti fossili a quelle rinnovabili, l’Unione europea punta molto sull’aumento progressivo del prezzo del carbonio. Il piano Fit for 55 – ovvero il pacchetto di misure climatiche da implementare in vista del 2030 – prevede, dunque, l’espansione dell’ETS, cioè il sistema per lo scambio delle quote di emissione. L’Unione europea ha creato un mercato che garantisce alle aziende un certo numero di “permessi di inquinamento” all’anno, che non devono sforare: nel tempo tale numero si riduce, facendo salire il prezzo del carbonio, e le aziende meno inquinanti possono vendere le proprie quote inutilizzate a quelle che altrimenti supererebbero la soglia massima.

Lo scorso agosto il prezzo europeo del carbonio è arrivato a 60 euro per tonnellata di CO2; a settembre del 2020 era di circa 28 euro. Il rincaro ha contribuito – ma non è stato la causa principale, che è un’altra – all’aumento delle bollette nell’ultimo trimestre dell’anno, in Italia e non solo.

TASSE SULLA CO2

Il sistema di compravendita delle quote di CO2, come ha spiegato l’analista Guido Salerno Aletta, “rappresenta una forma di tassazione ambientale, in base al principio di proporzionalità e di corrispettività secondo cui ‘chi più sporca, più paga’”.

In sostanza, ogni impianto di generazione di energia elettrica possiede un suo coefficiente di emissione di CO2 per ogni kilowattora prodotto. Questo coefficiente è molto alto per le centrali a carbone e a olio combustibile (due fonti fossili particolarmente inquinanti); è mediamente alto per le centrali a gas naturale; è molto basso o nullo per gli impianti rinnovabili e nucleari.

Per questo motivo, ogni stato dell’Unione europea incassa proventi maggiori o minori dalla vendita delle quote di emissione a seconda della fonte di energia più utilizzata per la produzione di energia elettrica. L’Italia è al quarto posto in Europa per entrate (dopo Polonia, Germania e Spagna) visto il ruolo molto rilevante del gas naturale.

Per contenere l’aumento dei prezzi delle bollette, sia a luglio-settembre che a ottobre-dicembre. il governo italiano ha attinto proprio ai ricavi delle aste delle quote di emissione di CO2.

L’OBIETTIVO DELLA DELEGA FISCALE

Ricapitolando, la legge sulla delega fiscale prevede la possibilità di finanziare gli incentivi allo sviluppo delle rinnovabili attraverso la tassazione sui prodotti energetici, modificando le aliquote in senso progressivo a seconda del loro contenuto di carbonio.

In questo modo, l’Italia sarebbe allineata alla direttiva europea 2003/96/CE, quella dedicata alla ristrutturazione del quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità.

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