“Generali, un cda che vale il 39%. I soci italiani con Caltagirone”: si entusiasma con questo titolo Il Messaggero di Francesco Gaetano Caltagirone, dando conto dell’esito dell’assemblea dei soci di Assicurazioni Generali.
Insomma quasi una disfatta per Mediobanca e una vittoria per Caltagirone, secondo il quotidiano di Caltagirone: “La lista del cda ispirata da Mediobanca è stata votata in modo preponderante da investitori esteri; la lista Caltagirone registra invece una netta affermazione della componente imprenditoriale italiana (…) la lista Caltagirone ha raccolto il sostegno di molti imprenditori, casse di previdenza, fondazioni e famiglie italiane”.
Il familismo caltagironiano, d’altronde, è noto e si riverbera – come ha commentato l’economista Alessandro Penati – anche sull’idea di governance del costruttore e finanziere romano: “Se qualcuno avesse dubbi su cosa significhi per Caltagirone una buona governance, basterebbe leggera la sua intervista al Sole-24 Ore (25 marzo 2022) dove alla domanda, molto opportuna, se riteneva che lui e Del Vecchio avessero ancora l’età per impegnarsi risponde: “I miei tre figli saranno validi successori con una lunga esperienza maturata nella gestione””, ha scritto Penati: “Siamo all’imprenditoria dinastica che forse andrà bene per la piccola manifattura ma non certo per una multinazionale quotata a capitale diffuso”.
Ma come è andata l’assemblea dei soci? Hanno vinto dunque come dice il Messaggero i fondi esteri? Eppure l’accordo di controllo in Mediobanca si compone di soci italiani.
Ieri l’assemblea del Leone che si è espressa a favore della proposta elaborata dal board uscente del Leone con il 55,99% dei voti. Uno stacco di circa il 14% rispetto a quella alternativa presentata dal gruppo Caltagirone per la quale si è espresso a favore il 41,73% del capitale presente in assemblea.
Dunque è stato confermato al vertice del gruppo assicurativo l’amministratore delegato, Philippe Donnet.
Ha sottolineato il Corriere della sera: “Con Donnet e la lista del board si sono schierati i fondi internazionali. Hanno votato con circa il 20%. Realtà che investono in società quotate, spesso vigilate, che seguono procedure stringenti nelle loro scelte di investimento. La loro posizione si è così affiancata a quella di Mediobanca, primo socio del Leone con il 12,8%, che si è presentata con il 17,2% dei diritti di voto, supportata da De Agostini con l’1,4% dei diritti in assemblea”.
Nelle Generali, Mediobanca è primo socio con una quota del 17%, “parte della quale costruita con una operazione di prestito titoli” (ha sottolineato oggi il Sole 24 Ore), e con l’appoggio della famiglia De Agostini (1,4% già venduto a termine) si è ritrovata contrapposta a un nocciolo duro di azionisti che raccoglie il 26,5% del capitale, formato da Caltagirone (al 9,95%), Leonardo Del Vecchio (al 9,82%), la famiglia Benetton (al 4,75%) e Fondazione Crt (1,7%).
«È una testimonianza di fiducia nel management e nel nostro piano – ha detto Donnet – Tutti insieme ora possiamo lavorare con determinazione, anche se non abbiamo mai smesso di farlo, e serenità nella stessa direzione, nell’interesse degli stakeholder».
La lista Caltagirone ha coagulato il 29,4% del capitale sociale, una quota che si confronta con il 39,5% ottenuto dalla lista del cda. Un distacco dunque del 10%, ha rimarcato il Corriere della sera. E ora può nominare tre membri in consiglio su 13, ossia lo stesso Caltagirone, Marina Brogi e Flavio Cattaneo. Gli altri dieci sono invece espressione dalla lista vincente che ha candidato come presidente Andrea Sironi, ex rettore della Bocconi e già presidente di Borsa italiana.
Ha commentato Dagospia: “Tutto ‘sto casino per ritrovarsi 3 consiglieri anziché 4, come nel precedente Cda, dove Caltagirone ricopriva pure la carica di vicepresidente? Oltre ad aver investito quasi 3 miliardi nelle azioni del Leone, la campagna di conquista ha costretto l’editore del Messaggero a scucire una valanga di soldi (10/15 milioni?), necessaria per arruolare quell’indotto zeppo di avvocatoni come Sergio Erede, agenzie di comunicazione internazionali, advisor di tutti i generi, manager del calibro di Costamagna e Cattaneo, Cirinà e Palermo. L’attivismo per portare voti alla lista Calta è risultato sterile: i votanti anti-Nagel (Calta, Del Vecchio, Benetton, Crt) hanno raggiunto il 29,5% del capitale di Generali a cui si aggiunge un misero 3% di altri investitori”.
Tanto rumore per nulla, dunque? No, secondo il Sole 24 Ore: “C’è chi giura che si tratti solo del primo round. E che la vera partita, quella che sancirà vinti e vincitori di questa prova di forza andata in scena nel capitale delle Generali, entrerà nel vivo solo nei prossimi mesi con uno show down atteso in occasione della prossima assemblea di Mediobanca, in agenda a ottobre”, scrive il quotidiano di Confindustria diretto da Fabio Tamburini (autore prima dell’assemblea di Generale di una fluviale intervista di due pagine a Caltagirone): “Il primo socio è Leonardo Del Vecchio con il 19,9% della banca. Poi c’è Caltagirone formalmente al 3% ma secondo alcune voci poco sotto il 5% della banca. Compare infine la famiglia Benetton, con una quota del 2,1%. In tutto dunque fa il 25-27% circa della banca, una quota più o meno analoga al pacchetto di riferimento che la cordata ha schierato nelle Generali. L’impressione, quindi, è che incassata la sconfitta sul rinnovo del board del Leone, il gruppo dei soci privati delle Generali possa ora attrezzarsi in vista dell’assemblea di ottobre di Mediobanca. Con un obiettivo: rimettere in discussione un assetto non più condiviso e una guida, rappresentata da Alberto Nagel, con cui non c’è più sintonia”.