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Generali Cattolica

Chi rifiuta in Cattolica la polizza di salvataggio di Assicurazioni Generali

Tutte le ultime novità in Cattolica Assicurazioni alle prese con le sintonie (non apprezzate da tutti a Verona) con Assicurazioni Generali

 

Non si placano le acque a Verona e non a causa del maltempo che ha investito la regione Veneto. Dopo che il Tribunale di Venezia ha respinto il ricorso di alcuni soci contrari all’ingresso, con il 24,4% del capitale, di Generali in Cattolica Assicurazioni, durante il fine settimana — secondo quanto risulta a milanofinanza.it — il patto di sindacato Api avrebbe presentato un esposto alla Consob chiedendo di valutare l’obbligo di richiesta di offerta pubblica di acquisto da parte del Leone. Infatti, sostengono, la partecipazione con 300 milioni di euro all’aumento di capitale — pari a 500 milioni di euro — richiesto a Cattolica dall’Ivass comporterà il trasferimento a Trieste di quasi un terzo del valore dell’aumento di capitale riservato nel giro di due anni.

COSA CHIEDE ALLA CONSOB IL PATTO DI SINDACATO API

Secondo quanto riporta milanofinanza.it tra gli elementi citati nell’esposto alla Consob c’è il fatto che i patrimoni, al momento gestiti dalla struttura di asset management del gruppo veronese, verrebbero trasferiti alla sgr di Generali: prenderebbero il volo per Trieste — sempre per i soci dissenzienti — circa 9-18 milioni l’anno. Novità arriverebbero anche per gli affari legati al settore salute che verrebbe coordinato da Welion, una controllata del Leone, così come per la riassicurazione e per l’information technology, ambiti in cui le due compagnie prevedono di sviluppare sinergie. Insomma, per il patto di sindacato Api Generali prenderebbe in mano il timone di Cattolica e per questo domandano alla Commissione presieduta da Savona di “valutare l’obbligo per non esentare Generali dall’onere di offerta pubblica di acquisto”.

Il sito del giornale economico ricorda come già nei mesi scorsi lo stesso Api aveva tirato in ballo la Consob denunciando irregolarità nelle assemblee e in seguito la Procura di Verona aveva notificato avvisi di garanzia al presidente Paolo Bedoni, all’attuale amministratore delegato Carlo Ferraresi e al segretario del board sull’ipotesi di reato di illecita influenza assembleare.

CHI E PERCHÉ SI È RIVOLTO AL TRIBUNALE DI VENEZIA

Come si diceva, solo pochi giorni fa si è espresso anche il Tribunale di Venezia cui si erano rivolti alcuni soci riottosi ovvero 34 piccoli azionisti — pari allo 0,18% del totale, con un possesso di complessive 54.418 azioni pari allo 0,03% del totale, come ha reso noto Cattolica — tra cui Michele Giangrande, candidato dei dissidenti per la carica di amministratore delegato (andata al direttore generale Carlo Ferraresi), Maurizio Zumerle, presidente dei piccoli azionisti di Cattolica, Enzo Zambelli e monsignor Giorgio Benedetti, presidente dell’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero di Verona, appoggiati da imprenditori e politici locali. Secondo i ricorrenti il problema è che non sarebbe stata adeguata informativa ai soci in sede assembleare e sul voto avrebbe pesato la tardiva e scarsa comunicazione resa. Inoltre il diritto di opzione sarebbe stato limitato senza spiegarne le ragioni. In sostanza — come si legge nella impugnazione della delibera — “informazioni di estremo rilievo (cioè il progetto di partnership con Generali) sono pervenute solo dopo il termine per il voto in assemblea, fissato al 24 giugno”.

COS’HA DECISO IL GIUDICE TOSI

Il giudice del Tribunale di Venezia, Lina Tosi, ha però respinto il ricorso asserendo — secondo quanto riferito dalla stessa Cattolica in una nota — che la convocazione dell’assemblea del 27 giugno è stata fatta a norma di legge e ritenendo sanabili le eventuali violazioni, comunque non oggetto del contendere, quali la sottoscrizione dell’aumento di capitale da parte di Generali prima della trasformazione di Cattolica da cooperativa in società per azioni, approvata dall’assemblea del 31 luglio.

Va ricordato che il consiglio d’amministrazione della compagnia veneta pochi giorni dopo ha deliberato l’esercizio della delega in parte, ossia per 300 milioni di euro, a favore di Generali e in parte, per gli altri 200 milioni, a favore di tutti gli azionisti. Un’operazione su cui non si può perdere tempo, hanno precisato a Verona dopo il respingimento del giudice Tosi, evidenziando come l’Istituto di Vigilanza sulle assicurazioni ha fissato “un termine ravvicinatissimo — il 30 settembre 2020 — come massimo entro il quale l’aumento di capitale debba essere eseguito”.

Il Tribunale di Venezia ha quantificato in 280mila euro l’eventuale danno per i soci ricorrenti fino alla perdita totale del valore delle azioni possedute. “Un danno individuale per alcuni certamente non grave — hanno sottolineato dalla compagnia assicurativa — e comunque per tutti ben ristorabile da Cattolica”.

LA NASCITA DI CASA CATTOLICA

Parlando di soci dissenzienti occorre ricordare che il 4 luglio scorso, a Verona, è stata presentata Casa Cattolica, un’iniziativa mirata al coordinamento dei soggetti che sono contrari allo sbarco di Generali nella città scaligera. “Siamo qui oggi perché Cattolica è stata svenduta a Generali. Ritengo che sia un’opa mascherata perché Generali entra nella gestione della compagnia, al prezzo di 350 milioni” ha detto nell’occasione il presidente del patto di sindacato Api, Paola Boscaini. In Casa Cattolica, che ha pure una sede in cui vengono ricevuti piccoli azionisti scontenti, convergono — oltre al patto di sindacato Api — l’associazione soci Apaca, presieduta da Maurizio Zumerle; l’Associazione Verona Network; Apindustria Verona; Associazione Innoval; Associazione Veneto Sì Tav – Comitato Infrastrutture Veneto. Alla presentazione è intervenuto pure il deputato leghista, veronese, Paolo Paternoster. Peraltro il gruppo assicurativo veronese nelle scorse settimane ha presentato un esposto contro Casa Cattolica accusandola di fare disinformazione a danno della società e degli azionisti.

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