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Caltagirone

Cosa celano i pizzini di Caltagirone e Milleri su Generali e Mediobanca?

Parole, opere e omissioni di Caltagirone, Milleri (Delfin) e consulenti di alto rango come Grilli ed Erede. E l'imprenditore romano, editore del Messaggero, sull'Olanda...

 

C’è un che di paradossale nella grancassa mediatica che accompagna le grandi manovre di Delfin e Caltagirone attorno a Mediobanca e Generali.

L’ultimo terreno di scontro è diventata l’aula della commissione Finanze del Senato dove in queste settimane stanno andando di scena le audizioni relative al Disegno di Legge Capitali.

Dopo aver chiesto di intervenire per portare la sua esperienza, in quella sede l’imprenditore e finanziere Francesco Gaetano Caltagirone ha perorato la causa del voto multiplo e della necessità di “disciplinare” “la cd “lista del Consiglio”.

L’argomentazione, è scritto nella memoria depositata, è quella di evitare il ripetersi di altri casi come Brembo che, recentemente, ha preso armi e bagagli ed ha trasferito in Olanda la sede legale per approfittare di una legislazione considerata più favorevole.

Non si sa se la citazione di Brembo sia stata fatta per una forma di understatement, si dà il caso che Caltagirone avrebbe potuto fare un esempio ben più vicino a sé dal momento che da tempo ha trasferito la sua holding Cementir in Olanda.

Ma forse c’è dell’altro cui stare attenti nel citare l’esempio olandese: in Olanda infatti Cementir adotta la lista del consiglio. E perché mai? Semplice, perché le liste del consiglio in Olanda sono addirittura obbligatorie. Detto diversamente: il nostro predica bene, ma razzola male.

Delfin invece, altro attore protagonista della partita Mediobanca-Generali, non si è vista nell’aula del Senato. Questo non significa tuttavia che fosse assente dal momento che alle audizioni hanno preso Vittorio Grilli e l’avvocato Sergio Erede, i due consiglieri che l’hanno aiutata, non senza qualche travaglio, a ottenere l’autorizzazione Bce per salire, a patto di comportarsi da investitore finanziario, fino al 20% di Mediobanca.

Anche in questo caso è stato spiegato ai senatori che “in Italia la lista del cda non è necessaria” (Grilli) e che si suggerisce il ricorso “alle azioni a voto maggiorato” (Erede) per evitare altre fughe di società in Olanda. Anche loro parlavano con cognizione di causa trattandosi la Delfin, loro illustre cliente, di una holding lussemburghese che ha in pancia due attività principali saldamente radicate in Francia con i due colossi Covivio e Essilux.

Ma al presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e a Giambattista Fazzolari, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, i francesi non è che vadano proprio giù, quindi meglio soprassedere.

Il paradosso di tutto questo discutere è che a ben vedere le istanze portate avanti nelle audizioni in Senato dal duo Caltagirone-Milleri (che di Delfin è il plenipotenziario dal momento della scomparsa del Cavalier Del Vecchio) sono legate, Caltagirone non ne ha fatto mistero davanti ai senatori, alla partita di Mediobanca e Generali: le uniche due società di questa vicenda saldamente ancorate all’Italia.

Viene da chiedersi se forse i due azionisti attivisti con tutto questo polverone non stessero cercando di dirci qualcosa proprio in questo senso: in finanza quando gli equilibri sono incerti le sorprese sono sempre dietro l’angolo e in questa vicenda di attori stranieri se ne vedono molti, chissà che non ne possa spuntare qualcun altro, magari invitato da azionisti che non si sentono rappresentati.

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