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Assofermet

Metalli critici, ecco i consigli al governo delle aziende di acciai e rottami

L'Italia dovrà mettersi alla ricerca di risorse come litio, bauxite, terre rare e tutte le trenta materie prime critiche individuate dalla Commissione Europea. Ma dove? E come? Le proposte di Assofermet

Il sottosuolo italiano sarà presto in fermento come lo è in quest’ultimo periodo il dicastero dello Sviluppo economico, spronato dall’Ue a cercare approvvigionamenti interni per ridurre la dipendenza comunitaria dall’estero.  Tutto ruota attorno a quel Critical Raw Materials Act, proposta di legge presentata a marzo dalla Commissione europea finalizzata a «garantire catene di approvvigionamento sicure e sostenibili per il futuro verde e digitale dell’Unione europea».

COSA DICE LA COMMISSIONE UE SULLE TERRE RARE

C’è infatti l’obbligo per i 27 del club comunitario di raggiungere una maggiore autonomia interna nell’approvvigionamento delle materie prime essenziali alla mobilità elettrica del futuro. Quello che l’Europa vuole fare, essenzialmente, è ridurre la propria dipendenza dalla Cina, un fornitore capriccioso ma anche ambiguo, che geopoliticamente si pone sul fronte opposto a quello del Vecchio continente e che dunque anche per questo potrebbe chiudere i rubinetti e alzare i prezzi. Sarebbe un dramma per l’Europa, che attualmente importa circa l’80% delle materie prime critiche e da Pechino acquistiamo il 93% del magnesio e l’86% dei metalli rari.

LA DIPENDENZA ITALIANA

L’industria italiana dipende pesantemente, per il 90 per cento circa, dalle importazioni di materie prime. Una condizione che, a seguito della crisi del coronavirus, ha mostrato tutta la  sua precarietà: le aziende hanno faticato ad accedere ai materiali di base, e quando ci sono riuscite hanno dovuto pagare prezzi molto elevati. Le conseguenze vanno al di là del comparto produttivo, e riguardano l’intera società: la disponibilità di alcuni prodotti potrebbe ridursi, il loro costo aumentare, gli stabilimenti in difficoltà potrebbero dover licenziare personale.

A complicare ulteriormente il quadro, c’è il fatto che l’Italia – come il resto dell’Unione europea – è dipendente dall’estero anche per le materie prime critiche. Ovvero quei materiali strategici per l’economia (perché utilizzati in settori ad alto valore aggiunto, o perché connessi alla manifattura di tecnologie per le energie pulite) e complicati da ottenere (perché i paesi di produzione sono politicamente instabili o poco affidabili).

“La situazione dell’opportuno controllo delle materie prime in generale (sia in termini di sicurezza di approvvigionamento che di prezzi di acquisto), allora, presenta assolutamente carattere di urgenza”. Lo ha scritto il CRIET, il Centro di ricerca interuniversitario in economia del territorio legato all’Università di Milano-Bicocca, in uno studio dedicato proprio al fabbisogno di materie prime critiche in Italia.

QUALI SOLUZIONI?

Insomma, servono idee per capire come attuare il rifornimento di risorse come litio, bauxite, terre rare e tutte le trenta materie prime critiche individuate dalla Commissione Europea. Lo scorso 5 settembre Assofermet, associazione di categoria che rappresenta a livello nazionale 450 imprese del commercio e della distribuzione nei settori acciai, rottami e ferramenta, ha partecipato alle Audizioni della Commissione Industria e Agricoltura del Senato in merito al tema dell’approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche.

IL TESORO DEI RAEE, NON CHIAMATELI RIFIUTI

L’Associazione ha messo in luce l’importanza dei Raee (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche ) nel raggiungimento degli obiettivi strategici e ha espresso il proprio sostegno all’intenzione annunciata dal Ministro Urso di riaprire alcune miniere italiane.

Assofermet ha sottolineato che per sei delle undici materie prime critiche maggiormente presenti nei Raee cosiddetti tecnologici (litio, cobalto, gallio, indio, germanio, tantalio, rutenio, disprosio, neodimio, terbio, rame), la Cina è il principale produttore mondiale, con una quota che arriva fino al 97%. Considerando i dispositivi domestici e aziendali, attualmente in Italia soltanto il 37% dei Raee viene effettivamente raccolto, ampiamente al di sotto dell’obiettivo del 65% fissato dall’Unione Europea.

A questo si aggiunge la carenza strutturale, tipica dell’Italia ma anche del resto dell’Unione Europea, di impianti industriali in grado di estrarre materie prime critiche dai singoli componenti dei rifiuti.

CDP IN MINIERA?

Ma, soprattutto, Assofermet invita il legislatore a prendere in considerazione che potrebbe essere necessario un intervento diretto, forte e prolungato, dello Stato e/o di Cassa Depositi e Prestiti per sostenere un eventuale ricorso alle miniere.

Questo perché l’approvvigionamento diventerà strategico e dunque andrà sostenuto “a ogni costo”. Che è poi un modo diverso per dire che il settore dovrà essere statalizzato o comunque tenuto in piedi grazie a fondi pubblici.

LE PROPOSTE DI ASSOFERMET

Assofermet ritiene che il nostro Paese debba diversificare quanto più possibile le fonti di approvvigionamento di materie prime critiche e, un po’ come col gas durante la guerra d’Ucraina, è necessario diminuire progressivamente la dipendenza da alcuni Paesi da cui si è finora approvvigionata l’Italia e, allo stesso tempo, individuare nuovi Paesi fornitori, oltre a migliorare la capacità di monitoraggio al fine di attenuare i rischi attuali e futuri di nuove perturbazioni sui mercati in fase di approvvigionamento.

Per quanto riguarda, invece, il cosiddetto “Piano Minerario” annunciato dal ministro Adolfo Urso, Assofermet è sostanzialmente d’accordo con l’iniziativa strategica di aprire nuove miniere per il rifornimento di terre rare e materie prime, ma vanno considerati alcuni elementi di rischio. In primo luogo, la riapertura di qualsiasi miniera dovrà tenere conto delle importanti difficoltà attualmente esistenti: non solo i fattori geologici, i costi del capitale e i rischi correlati, ma anche la lunghezza e l’incertezza delle procedure di autorizzazione, la difficile ricerca di manodopera specializzata e molti altri aspetti organizzativi che potrebbero costituire un deterrente.

Secondo l’associazione di categoria, inoltre, andrebbe promossa una mappatura dei siti minerari disponibili per individuare esclusivamente le opportunità concrete di costituire una filiera di imprese che si impegnino nelle attività di estrazione, lavorazione e trasformazione, senza inutili sprechi di energie e risorse. In ogni caso, il tempo che intercorre tra l’avvio di un progetto e la reale disponibilità dei materiali estratti sul mercato può essere molto lungo: per il breve periodo, sarebbe particolarmente rischioso basarsi esclusivamente sulla riapertura delle miniere per affrontare l’emergenza dell’approvvigionamento di materie prime critiche.

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