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Assicurazioni Generali, tutti i fronti che sbranano il Leone

Fatti, numeri e scenari sull'assemblea dei soci di Assicurazioni Generali. L'articolo di Emanuela Rossi.

 

Un’assemblea che sarà ricordata a lungo, e per vari motivi: importante la posta in gioco – ma quello, quando si parla di Generali, non stupisce -, forte lo scontro in atto tra le due fazioni che si stanno affrontando, molto alta la partecipazione, che potrebbe sfiorare il 70% del capitale societario.

L’assise che si svolgerà domani sarà il redde rationem atteso da mesi, il culmine delle divisioni esistenti fra gli azionisti maggioritari e che porterebbero a un Leone a trazione Mediobanca, nel solco della continuità, oppure a un Leone a trazione Caltagirone, nel segno della novità e più vicino a una mentalità imprenditoriale. Sullo sfondo, tutti i co-protagonisti della disfida finanziaria più aspra degli ultimi anni: Leonardo Del Vecchio, i Benetton, gli investitori istituzionali ed esteri, i proxy advisor, Assogestioni e la sua terza lista che può raccogliere qualche voto ma che in sostanza ha un ruolo di terzo incomodo (e neppure troppo, in verità).

Il 30 aprile, dunque, il primo gruppo assicurativo italiano, e fra i primi in Europa, si potrà svegliare con Philippe Donnet amministratore delegato (per la terza volta) e Andrea Sironi, ex bocconiano e già nel board, presidente oppure con Luciano Cirinà, ex responsabile Austria ed Est Europa di Generali, amministratore delegato e Claudio Costamagna, ex Goldman Sachs e Cdp, presidente.

Intanto l’ultima notizia sulla disputa non ha destato grande sorpresa fra gli osservatori: in linea con le previsioni il board di Edizione, la holding dei Benetton che detiene il 3,96% del Leone, ha deciso all’unanimità di votare per la lista Caltagirone. Fonti vicine al dossier hanno spiegato alle agenzie di stampa che non si tratterebbe di un voto contro qualcuno ma di un sostegno dovuto all’affinità della famiglia di Ponzano Veneto con il mondo degli imprenditori.

Alle 12 di oggi scade il termine per la consegna delle deleghe di voto che poi in busta chiusa verranno raccolte dal notaio e comunicate per via telematica domani in assemblea.

PARTECIPAZIONE RECORD

Come si diceva, si parte da un dato rilevante: la partecipazione sarà molto più alta rispetto alle ultime assemblee, secondo alcuni si sfiorerà il 70% del capitale (almeno tante sarebbero le prenotazioni di voto), ben oltre il 55,9% raggiunto nell’ultima assise, quella del 2019.

La Stampa evidenzia che si sarebbero prenotati tanti piccoli azionisti, sollecitati al voto dalle società specializzate Morrow Sodali e Georgeson, che potrebbero raggiungere il 2,5-3%. Secondo gli osservatori un’affluenza così elevata potrebbe favorire la lista Mediobanca ma – scrive il quotidiano torinese – pesano l’incognita astensionismo e la quota dei fondi che potrebbero decidere di votare la lista di Assogestioni, disattendendo i consigli dei proxy advisor. Incognite che potrebbero valere il 5% circa.

GLI SCHIERAMENTI IN CAMPO

Andando a contare i voti che faranno la differenza da una parte c’è Mediobanca con il suo 17,3% di capitale, sostenuta da De Agostini – che ha già venduto la sua quota – all’1,4%, probabilmente dalla Cassa forense (1%) e dalla maggior parte degli investitori istituzionali, spinti a sostenere la lista del cda uscente dai proxy advisor Iss, Glass Lewis e Frontis.

Dall’altra parte c’è il fronte capitanato da Francesco Gaetano Caltagirone (che ha in tasca il 9,9%) e affiancato da Leonardo del Vecchio (9,9%), Edizione Holding (3,96%) e Fondazione Crt (1,7%).

COSA POTREBBE ACCADERE CON UNA VITTORIA DI MISURA

La questione di cosa accadrà il giorno dopo l’assemblea è stata sollevata in primis da Costamagna, il quale ha dichiarato che – con uno scarto inferiore al 6%, ovvero minore tra il prestito titoli di Mediobanca e l’1,4% di De Agostini (già venduto a termine) – potrebbe nascere una battaglia legale. Il board ha già risposto sulla questione a stretto giro, sottolineando che il voto resterà valido a prescindere dal distacco fra le due liste concorrenti.

Non è escluso, però, che Caltagirone possa chiedere di convocare una seconda assemblea entro breve. Resta il fatto, dicono gli osservatori, che l’imprenditore romano si guarderà dal danneggiare un gruppo in cui ha investito fior di quattrini (circa 3 miliardi di euro).

Un ruolo importante, in caso di vittoria di misura e non solo, potrebbero svolgerlo proprio i Benetton che – sempre secondo la fonte citata dalle agenzie – “una volta superato il momento del voto assembleare” si impegnerebbe “per far convergere le posizioni di chi uscirà vincitore e di chi perderà in assemblea”. Secondo Il Sole 24 Ore gli imprenditori veneti “si farebbero portatori di un messaggio finalizzato a favorire il dialogo per superare conflitti interni che rischiano di immobilizzare la società anche nei prossimi mesi” e “nella consapevolezza che per loro Generali rappresenta un investimento prettamente finanziario”. Forse anche un avviso a Mediobanca che è advisor di Edizione nell’Opa su Atlantia e nella possibile fusione fra Autogrill e Dufry.

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