Il rallentamento dei consumi in Cina, comune a tutti i marchi della moda (e non solo), ma anche scelte strategiche sbagliate stanno per far precipitare la storica casa di moda britannica Burberry dal FTSE 100, il principale indice del mercato londinese, al meno prestigioso FTSE 250.
IL DECLINO DI BURBERRY
Dal quando nel 1856 un apprendista fabbricante di tessuti del sud dell’Inghilterra ha fondato Burberry di cose ne sono successe. Il marchio british per eccellenza, noto in tutto il mondo per il suo tessuto tartan e l’iconico trench indossato da star che non conoscono tempo come Humphrey Bogart e Audrey Hepburn, nel 1955 aveva persino ricevuto dall’allora regina d’Inghilterra Elisabetta II un “mandato reale” che l’ha reso fornitore dei Windsor.
Gli ultimi mesi, tuttavia, sono stati molto complicati a causa del crollo delle vendite, che hanno anche portato alla sostituzione, dopo soli due anni, dell’amministratore delegato Jonathan Akeroyd, in seguito alla pubblicazione di nuove “performance deludenti”. A prendere il suo posto è stato l’americano Joshua Schulman, ex Ceo di Michael Kors e Coach, con esperienze anche in Saint Laurent e Gucci.
PUNTARE TROPPO IN ALTO NON PAGA SEMPRE
Oltre al rallentamento che affligge tutto il settore della moda, causato dalla crisi economica della Cina e dal calo della domanda negli Stati Uniti, è opinione diffusa che Burberry abbia voluto puntare troppo in alto.
“Alcuni interni – riferisce Bloomberg – incolpano l’ex amministratore delegato Jonathan Akeroyd, licenziato a luglio, per l’insuccesso dell’ultimo tentativo di spingere il marchio verso l’alto. Nuovi prodotti sconosciuti sono stati introdotti frettolosamente nei negozi a prezzi gonfiati, confondendo i clienti sul marchio e finendo per alienare il consiglio di amministrazione”.
Akeroyd stava apportando modifiche per riequilibrare l’offerta e i prezzi, ma non è stato abbastanza rapido di fronte al calo delle vendite e durante il suo mandato è stato costretto a emettere tre profit warning, ovvero tre annunci in cui anticipava che i risultati sarebbero stati inferiori rispetto alle attese degli analisti. L’elevazione “non sembra aver funzionato” e l’azienda non può continuare a registrare cali percentuali a due cifre nelle vendite comparabili, ha dichiarato Piral Dadhania, analista di RBC.
LE SFIDE DEL NUOVO CEO
“Una strategia di lusso fallimentare. Vendite e profitti in discesa. Un titolo azionario in calo. E ora, l’estromissione da un indice di mercato chiave. Queste sono solo alcune delle sfide che Joshua Schulman, un americano nominato a luglio per sistemare la più britannica delle case di moda del Regno Unito: il produttore di trench Burberry Group Plc”, scrive Bloomberg.
Il suo titolo, ricorda il quotidiano economico, è sceso di oltre il 76% da quando ha toccato un record nell’aprile dello scorso anno.
IL DECLASSAMENTO E IL FUTURO INCERTO
L’ultimo atto di questa triste storia è andato in scena mercoledì scorso quando il London Stock Exchange Group ha annunciato il declassamento di Burberry dal FTSE 100 al FTSE 250. La notizia è arrivata dopo che la capitalizzazione del gruppo è scesa al di sotto del livello richiesto per mantenere il suo posto. Il titolo ha chiuso al livello più basso degli ultimi 14 anni e la retrocessione avrà effetto dall’apertura dei mercati lunedì 23 settembre.
“Burberry si trova ora in un territorio inesplorato”, ha dichiarato Fabio Becheri, consulente di marketing indipendente che in passato ha lavorato per circa 20 anni presso Gucci e il suo proprietario Kering. “I precedenti amministratori delegati l’hanno spinta nell’arena della moda di lusso, ma non è questo il vero Dna di Burberry. Il compito principale di Joshua sarà quello di riportare il marchio nel territorio a cui appartiene. In fin dei conti, si tratta di capispalla, di capi di base elevati con un tocco di britannicità”.